RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

L'innocenza di Clara

14 dicembre 2012

L'innocenza di Clara

E' freddo come il marmo il noir di Toni D'Angelo: un triangolo amoroso tra cave e Alpi Apuane, ma senza suspense

Prendete una donna ammaliante e mettetela in una comunità patriarcale di cavatori delle Alpi Apuane, per di più cacciatori. La pietra e la caccia, due simboli arcaici forti del potere dominante: mentre l'uomo spacca le pietre e spara ai fagiani, le donne stanno al focolare. E' L'innocenza di Clara, seconda prova di Toni D'Angelo, figlio di Nino, ispirato ad un fatto di cronaca: una donna accusata di aver fatto uccidere il marito durante una battuta di caccia dall'amante, poi morto suicida. D'Angelo sceglie di ambientare la sua storia in un piccolo borgo tra i boschi della Lunigiana,. Qui vive Maurizio (Alberto Gimignani), un imprenditore che ha investito tutti i suoi risparmi in una cava e ha sposato l'affascinante Clara (Chiara Conti), che ha portato a vivere nel paesello. Lei diventa una casalinga disperata che alle dieci di mattina, dopo aver fatto le pulizie, non sa più cosa fare e si attacca alla bottiglia. Lui passa troppo tempo coi sassi per accorgersi che la moglie ha un amante e guarda con interesse il suo migliore amico Giovanni (Luca Lionello). Quest'ultimo fa il marmista, scolpisce Santi e Madonne ed è assopito dalla routine familiare - ha una moglie sottomessa e una figlia adolescente -  ma non è indifferente alle sensuali mosse della femme fatale, che porta così scompiglio nella motona esistenza dei due amici e nel tranquillo microcosmo provinciale. Il triangolo amoroso non si compie mai, nessuna passione impetuosa o gelosia morbosa, nonostante il tragico epilogo, che però è d'obbligo, trattandosi di un noir. La suspence rimane sospesa, tutto implode nelle emozioni congelate degli attori, mentre i personaggi sono privi di ambiguità, se non per l'accento, in alcuni marcatamente toscano, in altri indefinito, ma tanto hanno ben poco da dirsi. Clara è donna letale sulla carta, ma sullo schermo non ha appeal, è di un'innocenza disarmante e sembra del tutto inconsapevole delle conseguenze delle sue azioni. D'Angelo ritrae una vita di provincia scarna, aspra e alla lunga noiosa, come il film. Non giudica, vuole spiare e stare fuori dalla scena, (anche se tenta qualche inquadratura autoriale, vedi il dialogo tra gli specchi) e il risultato è freddo come il marmo.

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