RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Stanno tutti bene</i>

11 novembre 2010

Stanno tutti bene

Discreto remake da Tornatore, con un buon De Niro. Ma l'autentica commozione fa i conti con il sentimentalismo d'accatto

Vedovo da 8 mesi, da poco in pensione, Frank Goode si rende conto di aver trascorso troppo poco tempo con i suoi quattro figli. Anziché attendere che siano tutti loro a riunirsi "intorno alla stessa tavola" con lui, e ignorando il divieto del medico, si mette in viaggio per andarli a trovare in quattro diverse città degli States. Non ci metterà molto, Frank, a capire che le notizie e le informazioni che sua moglie gli riferiva sui figli servivano solo a farlo stare tranquillo e a proteggerlo della brutte notizie che li riguardavano.Arriva da noi un anno dopo l'uscita americana Stanno tutti bene, remake dell'omonimo film diretto da Tornatore nel 1989 e interpretato da Marcello Mastroianni.Mediocre quello, discreto questo: intanto perché Kirk Jones, pur mantenendo tutto sommato inalterato l'impianto dell'originale (lì i figli erano cinque), non pretende di allargare il quadro, non utilizza la famiglia quale pars pro toto con cui rappresentare il disfacimento di una nazione e, soprattutto, riesce a sfruttare il miglior De Niro degli ultimi tempi. Al quale affianca i bravi Sam Rockwell, Kate Beckinsale e Drew Barrymore, figli che continuano a tenergli nascoste alcune verità perché abituati per anni a rapportarsi in maniera differente con i due genitori: "La mamma sapeva ascoltare, tu sapevi parlare". Tra queste, la più dolorosa, riguardante la misteriosa assenza a New York del fratello David, in realtà arrestato in Messico per problemi di droga.Non sempre capace di svincolarsi per tempo dalle ragnatele della retorica e del luogo comune, il film arriva bene o male in porto, alternando sentimentalismo d'accatto ad autentica commozione. Alla fine Stanno tutti bene davvero, compreso chi non c'è più, e il primo tacchino natalizio cucinato da Frank potrà essere servito in tavola.

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