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Recensione

08 Ott 2009

Motel Woodstock

a cura di Cinematografo.it

Altro che rock-movie: il celebre concerto formato famiglia di Ang Lee. Divertente e innocuo


Stati Uniti, 1969. Il giovane Elliot Teichberg (il comico Demetri Martin), che con gli stravaganti genitori (Imelda Staunton e Henry Goodman) gestisce un motel ai piedi dei monti Catskills, scova una brillante idea per coprire i debiti di famiglia: dare in affitto il proprio terreno a un festival musicale. Si accorderà con il promotore Michael Lang (Jonathan Groff) per organizzare il più grande evento nella storia del rock: il concerto di Woodstock. Tratto dal memoriale Taking Woodstock: A True Story of a Riot, a Concert, and a Life di Elliot Tiber, ecco il rock-movie di Ang Lee, premio Oscar per Brokeback Mountain, presentato in anteprima al festival di Cannes. Rock-movie secondo le previsioni della vigilia, ma in realtà, anche per gli esosi diritti musicali, nella colonna sonora curata da Danny Elfman le hit si contano sulle dita di una mano: Maggie M'Gill dei Doors, Wooden Ships di Crosby, Stills & Nash, China Cat Sunflower dei Grateful Dead e Sweet Sir Galahad di Joan Baez. Lontano, come il titolo presagiva, pure il celebre palco, oltretutto manipolato digitalmente nella visione lisergica di Tiber, Motel Woodstock è viceversa una commedia formato famiglia, quella border line dei Teichberg, con la dispotica madre ebrea russa, il padre rassegnato e acciaccato e il figlio, che trascinato dall'ondata hippie troverà forse la forza per andarsene di casa. Sono loro il nucleo - simpatico e affiatato, buone le interpretazioni - della famiglia allargata di capelloni, performer e travestiti (lo strepitoso Liev Schreiber) che cambierà per sempre il territorio rurale e antropologico del paesino nello stato di New York. Dal grande (Woodstock) al piccolo (la famiglia Teichberg) è anche la traiettoria poetica del film, che sceglie di volare basso, mettendo nel fuoricampo il palco e scegliendo il backstage temporale di un evento capitale, non solo musicalmente. Il risultato? Un divertente, innocuo e "sterilizzato" Bildungsroman, ma il rock - e Woodstock - è un'altra cosa... Suonala ancora, Lee!

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