RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
11 settembre 2014
Le due vie del destino
Melodramma bellico dal cast sontuoso, ma inesorabilmente fuori tempo
Thailandia, 1942: Eric è un soldato britannico fatto prigioniero dall'esercito giapponese e messo a costruire la ferrovia che porterà gli approvvigionamenti alle truppe del Sol Levante. Durante la prigionia il giovane subirà torture di ogni genere che si porterà dietro anche da civile, minando l'unione con la moglie Patti. Potrà essere la vendetta l'unica cura?Ci sono film che, nonostante le buone intenzioni, l'impianto classico che è sempre una sicurezza e un cast di prim'ordine, nascono inesorabilmente vecchi. Le due vie del destino è uno di questi. A metà strada tra Il ponte sul fiume Kwai e Furyo, il film manca del tocco che avrebbero dato David Lean e Nagisa Oshima e che certamente l'australiano Jonathan Teplitzky non riesce a infondere.Tratto dalla vera storia di Eric Lomax, il cui romanzo omonimo è disponibile anche in libreria edito da Vallauri, The Railway Man, questo il titolo originale, soffre soprattutto di una certa indecisione narrativa, sospeso tra doloroso dramma esistenziale e cupa sadica vendetta. Poco possono Colin Firth, decisamente poco convinto nonostante la sempre impeccabile professionalità, e la Kidman, la cui involuzione è ormai completa. Nicole (Full of) Grace.
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