RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
27 agosto 2012
Monsieur Lazhar
C'è del triste in Canada: il regista Philippe Falardeau tra i banchi di scuola, ma senza classe
Da Rotterdam a Toronto, fino a Locarno e la candidatura all'Oscar: piovono premi e riconoscimenti su Monsieur Lazhar, quarto lungometraggio del canadese Philippe Falardeau. E si può capire: strappalacrime e accorato, dolente e simpatetico, le carte ci sono davvero tutte, anzi, basterebbero per quattro film. Protagonista è il 55enne Monsieur Bachir Lazhar (Fellag, fin troppo bravo), algerino richiedente asilo, con una famiglia bruciata – letterale – alle spalle: una maestra di una scuola elementare di Montreal si suicida, e lui ne prende il posto, tra elaborazione del lutto collettiva – su tutti, gli alunni svegli e problematici Alice e Simon – e sfighe private. Siamo dalle parti del sopravvalutato La classe di Laurent Cantet e, più distanti, dal toccante Essere e avere di Nicolas Philibert, ma la misura è colma: tragedie geopolitiche, immigrazione e i suoi fratelli, i mille pericoli del rapporto maestro-alunni, il terremoto verità-finzione, la genitorialità delegata, e chi ne ha più ne metta, tutti stipati in un piccolo film, dalla regia – sarà il contesto – elementare. Buone intenzioni, esiti a mezz'asta, Monsieur Lazhar non è buonista, ma l'apologo morale ha fatto scuola. Da secoli.
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