Anno: 1984 Durata: 924 Origine: GERMANIA OCCIDENTALE Colore: B/N
Genere:DRAMMATICO, STORICO
Regia:Edgar Reitz
Specifiche tecniche:35 MM (1:1.33)
Tratto da:-
Produzione:EDGAR REITZ FILMPRODUKTIONS MUNCHEN, IN CO-PRODUZIONE CON WDR, SFB/BERLIN
Distribuzione:ISTITUTO LUCE ITALNOLEGGIO CINEMATOGRAFICO (1986) - MONDADORI VIDEO, L'UNITA' VIDEO
Marita Breuer | nel ruolo di | Maria Simon, nata Wiegand |
Michael Lesch | nel ruolo di | Paul Simon giovane |
Dieter Schaad | nel ruolo di | Paul Simon |
Karin Kienzler | nel ruolo di | Pauline Kröber giovane |
Eva Maria Bayerwaltes | nel ruolo di | Pauline Kröber |
Rüdiger Weigang | nel ruolo di | Eduard Simon |
Gertrud Bredel | nel ruolo di | Katharina Simon, nata Schirmer |
Willi Burger | nel ruolo di | Mathias Simon |
Johannes Lobewein | nel ruolo di | Alois Wiegand |
Kurt Wagner | nel ruolo di | Glasisch-Karl |
Marliese Assmann | nel ruolo di | Apollonia |
Eva Maria Schneider | nel ruolo di | Marie-Goot |
Wolfram Wagner | nel ruolo di | Mäthes-Pat |
Alexander Scholz | nel ruolo di | Hänschen Betz |
Arno Lang | nel ruolo di | Robert Kröber |
Otto Henn | nel ruolo di | Glockzieh |
Manfred Kühn | nel ruolo di | Wirt |
Karring Rasenack | nel ruolo di | Lucie Simon |
Helga Bender | nel ruolo di | Martina |
Rolf Roth | nel ruolo di | Anton Simon giovane |
Markus Reiter | nel ruolo di | Anton Simon |
Mathias Kniesbeck | nel ruolo di | Anton Simon anziano |
Ingo Hoffmann | nel ruolo di | Ernst Simon giovane |
Roland Bongard | nel ruolo di | Ernst Simon |
Michael Kausch | nel ruolo di | Ernst Simon anziano |
Andrea Koloschinski | nel ruolo di | Lotti Schirmer giovane |
Anke Jendrychowski | nel ruolo di | Lotti Schirmer |
Gabriel Blum | nel ruolo di | Lotti Schirmer anziana |
Virginie Moréno | nel ruolo di | Cavallerizza francese |
Rudolph Wessely | nel ruolo di | Emigrante |
Gertrud Sherer | nel ruolo di | Martha Wiegand |
Hans-Jürgen Schatz | nel ruolo di | Wilfried Wiegand |
Kurt Wolfinger | nel ruolo di | Gauleiter Simon |
Jörg Hube | nel ruolo di | Otto Wohlleben |
Johannes Metzdori | nel ruolo di | Fritz Pieritz |
Joachim Bernard | nel ruolo di | Pollak |
Sabine Wagner | nel ruolo di | Martha Simon |
Gerd Riegauer | nel ruolo di | Gschrey |
Roswitha Werkheiser | nel ruolo di | Erika 1 |
Heike Macht | nel ruolo di | Erika 2 |
Hans-Günter Kylau | nel ruolo di | Capitano Zielke |
Alexander Katins | nel ruolo di | Ursel |
Ralph Maria Beils | nel ruolo di | Specht |
Gudrun Landgrebe | nel ruolo di | Klärchen |
Andreas Mertens | nel ruolo di | Horstchen |
Frank Kleid | nel ruolo di | Hermannchen |
Jörg Richter | nel ruolo di | Hermann Simon giovane |
Peter Harting | nel ruolo di | Hermann Simon |
Ann Ruth | ||
Joseph E. Jones | ||
Konrad Lindenkreuz | ||
Ulrich Lindenkreuz |
La storia si sviluppa in un lunghissimo lasso di tempo (dal 1919 al 1982) e si svolge nell'Hunsruck, una regione rurale di media montagna tra il Reno e la Mosella, terra natale del regista, dove è situato l'immaginario paese di Schabbach. Ed è una storia di destini personali e di piccole vicende locali, che trova il suo perno nella famiglia Simon. Tornato dalla prima guerra mondiale, Paul Simon si sposa qualche anno dopo con la bella Maria, ne ha due figli (Ernst ed Anton), ma poi (siamo nel 1926) pianta tutto e tutti e se ne va a lavorare a Detroit, senza mai più dare notizia di sé. I ragazzi crescono vicino ai nonni Mathias (che fa il maniscalco) e Catharina, allo zio Eduard ed alla zia Pauline. Poi Eduard, iscrittosi all'emergente partito nazionalsocialista, diventa borgomastro e sposa Lucie, una ex-tenutaria conosciuta a Berlino, dove egli è andato per curarsi i polmoni malati. Pauline sposa invece un ricco orologiaio, che sparirà durante la guerra. Intanto il nazismo va al potere, la gente comincia a godere di un certo benessere, Eduard e Lucie si fanno una magnifica villa e in paese primeggia, in divisa di SS, il giovane Wiegand, fratello di Maria, la quale si innamora di Otto, un geometra della Organizzazione Todt (una grande strada è in costruzione nei paraggi), che morirà in seguito nel disinnesco di una bomba inesplosa, lasciando alla donna un figlio (Hermann). Nel 1938 Paul tenta di tornare a casa: ormai egli è un facoltoso industriale nordamericano, ma non riesce neppure a sbarcare in Europa, poichè il regime lo respinge, essendo insorti dubbi sulla arianità della famiglia. La guerra condiziona tutto e tutti con i suoi lutti e le inevitabili restrizioni. Dopo l'occupazione degli Alleati, Anton, a suo tempo chiamato alle armi, farà 5000 chilometri a piedi per tornare dalla Russia a casa: si sposa con Martha e mette su una bene attrezzata fabbrica di articoli ottici. Ernst, congedato da pilota, si dà da fare anche lui, prima con una impresa di trasporti per elicottero, poi quale installatore di case prefabbricate. Un giorno ritorna Paul: i suoi rapporti con Maria sono ormai freddi e formali, le sue simpatie, più che ai figli legittimi e ormai adulti, vanno a Hermann, il quale è scottato da una folle passione per Clara (che ha dieci anni più di lui e che, rimasta incinta, decide di abortire e sarà comunque perseguitata dalla famiglia Simon). Troncato il rapporto, Hermann si dedicherà ai problemi tecnici e stilistici della musica elettronica, sulla quale strada si farà largo come compositore e direttore di orchestra, aiutato da Paul. Ancora gente che invecchia e che nasce, nel paese che fiorisce per la ripresa economica e nel generale benessere finchè - scomparsi da tempo i due nonni - muore anche Maria Simon, ormai ottantenne, nel rispetto e nella stima di tutti. Hermann, in giro per i suoi concerti, giungerà troppo tardi sotto un furioso temporale al suo paese natio, a cui ognuno si sente legato da ricordi dolci o amari, con legami profondi e tenacissimi. (Nel personaggio di Herman è incarnato un alter ego dell'autore)
"E' un film sterminato (...) e che in quanto tale mette alla prova l'attenzione e la resistenza dello spettatore. Ma 'Heimat' è anche film che non può certo essere valutato solo a metraggio. Heimat significa Patria, luogo natale, e, ad un tempo, luogo vitale e della memoria, 'habitat' naturale e prezioso delle radici, della carne e del vivere. (...) Tutto vi è quotidiano, eppure vicende anche modeste sono esposte e raccontate con la scelta e lo stile dell'astrattezza, così che l'Hunsurck diventa luogo deputato e 'stagione' con significati e dimensioni universali. Il regista (...) dipana con pazienza ed affetto vicende singole, inseguendo e collegando destini e proponendoci immagini di vita e di morte con intelligenza di tocco e, soprattutto, con allusioni pertinenti. In un certo senso apparirà straordinario che eventi sommamente tragici (...) siano visti da lontano, nei loro echi, come filtrati dalla luce chiarissima e quieta che bagna Schabbach e i suoi dintorni, appena per accenni lontani dalla retorica insita in ogni impresa rievocatrice. Il film lascia come un senso di pacatezza e di staticità e induce a pensieri sull'eterno del tempo e sul permanere di certi valori morali ed umani, di certe virtù di pazienza e di innata bontà che, malgrado eventi tragici e avversità quotidiane, molte creature riescono a salvaguardare fino alla morte (...). 'Heimat' non difetta però anche di spunti garbatamente ironici , accostando a sequenze più vigorose o toccanti (...) altre delineanti situazioni più spiccatamente da commedia (...), mescolando gente tutta di un pezzo (magari anche ottusa o taccagna), ad altra più cedevole al compromesso (personale o politico), in un paese dove tutti sono, in fondo, parenti o amici, lavoratori indefessi, ma anche pronti alla birra e al cantare in coro, da bravi tedeschi. Il nerbo dei personaggi principali o le 'silhouettes' dei minori sono sempre assicurati dallo spessore o dalle sfumature indispensabili. Sotto tale profilo, il film interessa e non stanca, anche per la innegabile bravura degli interpreti, professionisti o nativi della splendida regione che siano, in genere adatti ai singoli ruoli (...). Meno felice la mano del regista nel raccontarci la pruriginosa storia dell'amore adolescenziale di Hermann, una storia tirata per le lunghe, fino ad una conclusione lacrimogena ed uggiosa, che con l'Hunsruck e l'Heimat ha da spartire molto poco. (...) Ad esser sinceri, nelle ultime cinque ore (diciamo cinque ore, almeno) del film, lo spettatore viene gratificato di episodi ed avvenimenti di cui gli preme poco o nulla (...). I punti di forza di 'Heimat' sono altri, meno plateali e caricati: là dove l'ottima fotografia (...) assiste e corrobora l'immagine, sempre splendida e piena di respiro negli esterni e meticolosamente esatta negli interni accuratissimi e, comunque, nella validità dell'impianto narrativo, malgrado qualche ingenuità o lungaggine, tipicamente teutonica. Ricorderemo 'Heimat' per le tante sue bellezze e finezze, per la cifra di taluni dettagli narrativi e stilistici." ('Segnalazioni cinematografiche', vol.101, 1986)
Incasso in euro