RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Pirates of the Caribbean: On Strange Tides</i>

14 maggio 2011

Pirates of the Caribbean 4

Non tradiscono le attese i nuovi Pirati, e non è una buona notizia. Fuori concorso il kolossal si ripete senza invenzioni

Ci sono coreografie e passi a due, il Bolshoi e il circo. Spadaccini e pistole antiquate, parrucche e carnevalate. E ancora: teatri di posa e isole in mare aperto, navi fantasma e tesori, sirene e carrozze reali. E ci sono - superstiti - Johnny Depp e Geoffry Rush, il pirata buono e quello cattivo, per quanto buono e cattivo possa essere un pirata. Spariti invece Gore Verbinski, sostituito in regia da Rob Marshall, e Keira Knightely, rimpiazzata da Penelope Cruz. C'è soprattutto il 3D che non c'era mai stato prima e di cui a stento ci si ricorderà che stavolta c'era. Tanto è accessorio.E comunque non basta per fare di Pirates of the Caribbean: On Strange Tides - Fuori Concorso sulla Croisette - il "nuovo" capitolo del fortunato franchise della Disney. E' solo il quarto, l'ennesimo. Qui non vale neppure il vecchio adagio gattopardesco perché non ci si prende nemmeno la briga "di cambiare perché tutto rimanga com'è". I pirati sono i corsari di un tempo che per loro non passa. Non a caso l'espediente narrativo di questo episodio è la ricerca della fontana dell'eterna giovinezza. Un'ammissione di colpa. Non è solo un repetita di temi e figure narrative, perché anche il ritmo interno alla saga ha la regolarità di un metronomo. Veloce all'inizio, statico in mezzo, ancora più veloce nel finale. Secondo una scansione precisa pure nel minutaggio. Le moine senza costrutto tra l'eccentrico protagonista e la controparte del caso - dopo la Knightely, la Cruz - rispecchiano la medesima coazione a ripetere. Una specie di arpeggio basic in un tema musicale nato noto. Monotono: nonostante la ricchezza strumentale, gli effetti scenici, l'abbondanza coreografica.Unica nota stonata, perciò lieta, è il canto delle sirene, che mai erano state portate sul grande schermo con tanta efficacia e archetipica bellezza. Per il resto tutto scorre e confonde, in un pasticcio visivo che è la cifra e la gabbia del neo-kolossal hollywoodiano: cappa e spada e zombie, romance e avventura, fantastico e mitologico, persino sacro e profano. Ci hanno messo tutto. A parte la novità. Perché lo chiamano ancora fantasy?

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