RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
27 aprile 2011
Thor
La più shakespeariana delle storie Marvel per il più ?Bardo? dei registi (Branagh). Risultato? Un fumettone in tre atti
Delle due l'una: o Thor diventava Amleto, o Kenneth Branagh Stan Lee. Metamorfosi che nemmeno ad Ovidio sarebbe venuta in mente, ma che Marvel e Paramount credevano evidentemente possibile. L'equivoco nasceva sulla carta, il peccato era dietro la macchina da presa. Poteva il regista innamorato di Shakesperare salvare l'eroe rozzo avvezzo alla rissa? Lui giurava e spergiurava ("The Mighty Thor era tra i comic Marvel quello che mi piaceva di più"), e a noi la scelta: fidarci ingenuamente o, maliziosamente, non fidarci affatto.Vero però che tra i supereroi a fumetti Thor era quello a vantare maggiori affinità col Bardo. La sua storia attingeva dalla mitologia norrena ricca di intrighi e archetipici conflitti, ma poi il fumetto se ne discostava, virava verso l'action. Il film invece non gira, dura trenta minuti, giusto il tempo della tragedia tra i reali palazzi di un pianeta sconosciuto – Asgard – dove si consuma la classica faida familiare, con due fratelli in conflitto per il trono di re Odino (interpretato da Anthony Hopkins: vi sorprende?). Shakesperare certo, ma anche la Bibbia, perché Loki (Tom Hiddleston) e Thor (l'energumeno Chris Hemsworth) somigliano a Caino e Abele, con surplus di steroidi e occhialini 3D (a proposito: cui prodest?).Fin qui le cose migliori, a conferma di come Branagh non solo prediliga muoversi tra le corti e gli inganni, ma sia un'abile fabbricatore di "altri mondi". E un pessimo illustratore del suo: così, posta la premessa, è nello svolgimento che Thor si affloscia, cioè dal momento in cui il vanaglorioso principe viene bandito dal regno e cacciato sulla terra a rieducarsi. Allora il regista irlandese s'incarta, perde il filo tra parabole del buon selvaggio (Thor alle prese con gli esseri umani), riedizioni da La Bella e la Bestia (l'amore che sboccia tra l'intelligente astrofisica Natalie Portman e il troglodita palestrato venuto dallo spazio) e Macbeth ultragalattici. Tre atti, pochi applausi, una sola tragedia: la metamorfosi (questa sì riuscita) del martello del re nella bottiglia di Tafazzi.
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