RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
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07 aprile 2011
Goodbye Mama
Michelle nel paese di Papi: senza se e senza ma, un film orribile. Ma per la Bonev l'importante è apparire
"La disciplina rafforza il carattere e di questo un giorno mi ringrazierai". Ianeva Dragomira Boneva, in arte Michelle Bonev, così si rivolge alla figlia, cioè a se stessa, in Goodbye Mama, il film scandalo che domani arriva su 80 schermi con 01. L'ha prodotto lei sola per il 40% bulgaro, mentre del 60% italiano se n'è fatta carico con i soci di Romantica srl Licia Nunez (anche interprete, è l'avvocato Virginia Kirova che assiste le figlie di cotanta Mama) e Giuseppe Maria Corasaniti: 3 milioni e 300mila euro di budget, meno i 150mila offerti dal Centro Nazionale Bulgaro di Cinematografia più 330mila sganciati da Romantica srl per coprire le spese della delegazione bulgara che il 3 settembre 2010 assistette al premio patacca attribuitogli alla Mostra di Venezia.Fin qui, si fa per dire, le magagne nel fuoricampo, poi c'è il film, ed è tutto tranne che una bella notizia. Dal '68 al 2005, dalla Bulgaria stalinista (Stalin è segnalibro ancora buono nel 2005…) all'Italia di Papi, dove Elena (Marta Yaneva, ovvero la Bonev della realtà ) arriva - diremmo, complice un'ellissi fantasmagorica - per teletrasporto. L'alter ego di Michelle ma belle la ritroviamo a Roma nei pressi di Piazza Adriana (sede di Rai Cinema), dopo il tentato suicidio in patria. Vai a sapere, ma di fronte alla tragedia quotidiana dei migranti di Lampedusa questa ellissi pesa come un macigno. Bando al moralismo, torniamo al film, che già in Bulgaria predilige il tricolore: nell'ospizio-gulag dove Jana reclude la mamma si servono maccheroni con uova avariate, sebbene il suocero rivendicasse "la famiglia, le nostre radici sono qui". Così non sarà , la figlia più grande migra in Italia, mentre Mama Bonev, Jana per fiction, si prende i suoi begli insulti: "sgualdrina", "melodrammatica", su un basso continuo che rinnega la fede - "Dio non esiste, Gagarin non l'ha visto", e le croci volano... – e ammazza la fiducia del pubblico. A farla da padrone è l'irrealismo socialista, che pompa sangue nelle vene cattive e comuniste di Mama Jana: 7 x 8?, e la tabellina mancata vale alla figlia più piccola (Teodora alias Nadia Konakcheva) una tortura da Arcipelago Gulag. Insomma, i tempi sono buoni per guadagnare (popolo della) libertà e (il partito dell') amore nel Bel Paese, ovvero l'Italia di Papi. Berlusconi compare in cammeo fotografico – product placement? – su scrivania ministeriale bulgara, a spartirsi con Wojtyla quell'"odore di santità " già annusato da Bruno Vespa. Papi e Papa, e in mezzo Mama, che strepita "Io vinco sempre", ma finirà sconfitta dalle figlie in un insolito processo breve. Se le analogie tra Mama e Papi non sono peregrine, basti vedere quanto la Bonev non invecchi nei 40 anni passati sullo schermo, viceversa, la disponibilità finanziaria ne fa acqua e olio: "Non mi serve un avvocato, non ho soldi da buttare", tuona Jana in aula e dicunt a Ghedini siano tremate le tasche. Ma tutto è bene quel che finisce bene: se Mama si ritroverà signora in rosso a rimorchiare beoni prezzolati in stazione, la figlia Elena troverà in Italia il suo posto al sole, ovvero l'agognata copertina. Mama o non m'ama, l'importante è apparire, a ogni costo: quello inconsulto di un film orribile.
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