RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>The Next Three Days</i>

06 aprile 2011

The Next Three Days

Film della svolta per Haggis, che gioca col thriller per riannodare i fili con la Storia (americana): ottimista, ma poco credibile

L'identità americana, che altro? Il cinema di Paul Haggis se n'é sempre fatto carico, interrogandone presupposti e derive, intercettandone i mutamenti, ridiscutendone capisaldi e retorica. Crash affondava il bisturi nel ventre molle del melting pot, radiografando sospetti e veleni di una convivenza nella diversità basilare in teoria, impossibile di fatto. Nella valle di Elah era il film sul reduce di un paese che non si riconosce più, sprofondato in una guerra dove non l'innocenza ha perso - sepolta già in Vietnam - ma la rotta, la carta d'identità. Un percorso problematico, fecondo, mai disfattista, che alla bandiera stelle e strisce guarda non per ammainarla, ma per capovolgerla. Un cinema in cui la questione dello stile è semplicemente fuori questione, aggirata dalla sintassi della realtà. Che dopo l'11 settembre è stata riscritta ex novo. Per immagini, e non solo. Haggis s'inserisce in questo filone, lo cavalca con le certezze del cinema classico (la forma) e le indecisioni di una narrazione spezzata (la sostanza). La sua e (anzi: é) quella del popolo. Nella più classica pastorale americana il personale tracima nel collettivo, il biografico nello storico.Fedele alla linea è anche questo The Next Three Days, terza prova in regia dello sceneggiatore maggiormente quotato ad Hollywood, probabilmente la meno ruscita. Al netto di una bella colonna sonora (di Danny Elfman, con due brani originali di Moby) e di una buona interpretazione del protagonista (Russell Crowe), Haggis non riesce a trovare un equilibrio e - quindi - una ritmica convincente tra il passo serrato dell'action e la curva dei moti dell'anima. Alcuni personaggi non si capisce che funzione abbiano (vedi quello di Olivia Wilde), mentre nessuna delle tre relazioni principali del film viene risolta a dovere: non quella tra Crowe e la moglie, non quella tra Crowe e il figlio né tantomeno quella tra Crowe e il padre. Delude insomma la scrittura - orrore per uno sceneggiatore come Haggis! - in cui troppe incongruenze vengono accettate nel nome dell'idea. Quale? Nel "riscrivere" il plot di un onesto thriller francese - Pour elle di Fred Cavayé (2008) - Haggis tenta il remake d'autore, adattando il genere a una poetica (la sua), la trama al (meta)racconto sull'America. Solo lo camuffa un po', lavora di metafora. Se la domanda del film originale era "cosa faresti se la persona che ami venisse arrestata improvvisamente e portata via?", quella sottesa al rifacimento USA diventa: "Come reagire di fronte alle falle di un sistema che si credeva a prova di errore?". Poco importa che le crepe si aprano sul fronte giudiziario - è un equivoco a condannare al carcere a vita la moglie di un imbolsito professore universitario: Russell Crowe - o nelle torri gemelle. La sostanza è la stessa: l'irruzione dell'inaudito nel razionale.Lo shock identitario, sembra dirci Haggis, scaturisce dalla messa in crisi dei modelli logici e previsionali su cui la superpotenza ha costruito profilo e progressive sorti. Modelli che hanno sposato l'ottimismo della volontà radicato in una terra costruita da pionieri e cercatori di fortuna. Il calcolo e la scommessa, la tecnica e l'istinto. Al piano di evasione architettato da Crowe - unica opzione per liberare l'amata - concorrono entrambe le spinte. E riesce nonostante il vizio di forma: l'illegalità. Del resto la mitologia americana ha sempre barattato volentieri la giustizia con la legge (La legge sono io titolava un film hollywoodiano di parecchi anni fa), il giustiziere con il giudice. Solo così si comprendono gli strappi "al diritto" della politica estera stelle e strisce dopo l'11 settembre. E non è affare di destra o sinistra, Bush o Obama. Lo stesso Haggis è un liberal, ma questo film - crediamo - non dispiacerebbe ai conservatori. E se qualcuno avesse ancora dubbi sulle intenzioni alla base del progetto, il finale li scioglie in montaggio parallelo: da una parte Crowe e famiglia felicemente latitanti in Venezuela, dall'altra un poliziotto ostinato che a distanza di anni ritorna sulla scena incriminata e ribalta la sentenza fallacemente scritta nei tribunali: la donna era veramente innocente. Così Haggis può tranquillizzare la coscienza della nazione e saldare di nuovo ragione del singolo e diritto, illecito e legittimo, individuo e comunità. The Next Three Days è il film della svolta, la prima pietra sulle macerie delle torri. La ferita può essere assorbita, l'eccezione affrontata se, e solo se, ciascun cittadino - esemplare che a indicare la strada sia un professore, il "maestro"- sarà in grado di rimboccarsi le maniche e lavorare alla riparazione dell'ordine scalfito.Per riannodare i fili del destino e della logica, serve insomma un'impresa folle ma ragionevole. Paradossale per il senso comune, poco plausibile persino per il cinema.

Trova Cinema

Box Office

dal 21 al 24 maggio

Incasso in €

1 Gli anni più belli   1.196.456
2 Bad Boys for Life   882.185
3 Il richiamo della foresta   680.273
4 Parasite   605.719
5 Sonic. Il film   499.216
6 Odio l'estate   264.761
7 Cattive acque   263.009
8 La mia banda suona il pop   240.521
9 Dolittle   123.234
10 Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn)   121.947