RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>I ragazzi stanno bene</i>

10 marzo 2011

I ragazzi stanno bene

Julianne Moore e Annette Bening sposano la causa della diversità: ma nozze e film sono convenzionali

Quattro nomination che erano francamente incomprensibili. Fortuna che l'Academy non si sia lasciata infinocchiare dai furbi propositi alla base de I ragazzi stanno bene: normalizzare il cinema camp già a partire dalla confezione. Ipso facto, il senso dell'operazione è racchiuso più nella cornice che nel quadro. La Cholodenko non vuole solo regalare la scena a coppie omo-sposate, figli della banca del seme e inseminatori artificiali, ma ripulirla da eccessi, camuffamenti e ricami gay-pride.Fuori Almodovar, dentro una poetica indifferente alla differenza, condotta secondo schemi convenzionali, nel travestimento del queer in soap per famiglie. Scelta che frutta solo uno spot radical-chic nascosto sotto cumuli di ovvietà, bric-à-brac psicologici, tempeste ormonali e crisi di coppia.Anche il cast non giova alla causa: Julianne Moore e Annette Bening sono troppo etero-connotate, i ragazzi - Wasikowska e Hutcherson - fanno presenza, Mark Ruffalo è un personaggio irrisolto e un attore continuamente a disagio. Soffre come gli altri di una terrificante afasia di linguaggio, come se la famiglia dove si può dire tutto e dirlo apertamente, finisse per non avere più nulla da dire. E' in fondo la stessa sindrome di cui è affetto il film.

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