RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Sanctum 3D</i>

10 febbraio 2011

Sanctum 3D

Cameron ci mette la faccia, Grierson nemmeno l'occhio. E nella grotta infame s'inabissa anche la stereoscopia...

Chiamare Sanctum un film che inneggia al darwinismo dei muscoli, non disprezza l'eutanasia e offre il destro a derive eugenetiche, la dice lunga sulla lungimiranza dell'operazione. Ma c'è altro, sfortunatamente. La conferma, ad esempio, che una roccia non può recitare - pure se in questo caso è in buona compagnia - equivoco nel quale sono già franate altre illustri spedizioni cinematografiche del passato, da Alive a Everest. Che il 3D può essere sì una sfida ai limiti del possibile - lo ha dimostrato Cameron, qui produttore esecutivo - ma anche una sciagurata impresa - lo dimostra viceversa Grierson, che usa la stereoscopia come un dito nell'occhio, mentre si trastulla tra stretti primi piani (alla faccia della profondità di campo) e cunicoli impossibili (piuttosto banale, no?). Che il più archetipico dei racconti - la maturazione dell'eroe attraverso le prove che dovrà superare col supporto di vari aiutanti - è anche il più prevedibile se mantenuto allo stato brado, privo di personaggi a tutto tondo e una drammaturgia adeguata. In sintesi, anche il più allettante degli spunti (la discesa nelle profondità della terra come metafora dello sguardo stereoscopico; la dialettica tra buio e luce; la lotta per la sopravvivenza) non genera frutti se manca il seme della creatività.Impresa fallimentare dunque al pari di quella intrapresa da un gruppo di fanatici speleologi che deve esplorare la caverna sottomarina più infame del mondo, prima di rimanervi intrappolata e fare la conta dei sommersi e dei salvati. Cadranno tutti come birilli, ma la precedenza va a un indigeno, un ciccione e una ragazza petulante, in base all'utilità drammaturgica e a una selezione quantomeno sospetta. In mezzo assisteremo al riavvicinamento tra un padre invasato di spelonche e poesie (Coleridge, sic!) e il figlio ariano che più che scalatore sembra un surfista. Quest'ultimo rimprovera il primo di avere trascurato la famiglia per le caverne ("Di questo buco non frega niente a nessuno", gli dirà e, per una volta, siamo d'accordo con lui), salvo poi rimangiarsi tutto. Alla fine si salverà uno solo. Ma non è il film.

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