RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
02 dicembre 2010
Henry
Fatti, strafatti e strafalcioni: Alessandro Piva in Concorso, con un film-tv tutt'altro che "stupefacente"
"La roba non è uno sfizio. E' un modo di vivere", scriveva William Burroughs con La scimmia sulla schiena. E lo conferma Alessandro Piva, ma a metà : se lo è per i personaggi, il suo Henry pare più uno sfizio. Produttivamente tormentato, con il regista che ci ha messo di tasca propria, ma - spiace ammetterlo - non è un'opera riuscita, piuttosto la versione "ladri" de L'ispettore Coliandro, ossia un film-tv, modesto più che sgangherato. Siamo a Roma, giorni nostri: la bella Carolina Crescentini rimane invischiata, col naso fumante, nella lotta per il controllo dello spaccio di Henry (eroina, nel linguaggio dei pusher afro), con il fidanzato Michele Riondino in galera con l'accusa di duplice omicidio e il poliziotto buono Claudio Gioè e quello cattivo (altro problema alle narici…) Paolo Sassanelli a indagare, sul duplice fronte italo-africano. There will be blood, ma il sangue che cola non è né ferocemente iperrealistico né grottescamente ridente: viceversa, le suture (e i bendaggi, vedere per credere) sono da cinemino nostro, nonostante la bravura degli attori (Riondino e Crescentini sotto tutti) e qualche battuta indovinata, al netto dell'enfasi caciarona. Girato in digitale appena discreto, inframmezzato dai (re)flussi di coscienza in macchina dei protagonisti, Henry si ferma nella terra di nessuno: non sa prendersi sul serio (sociologico, antropologico, cinematografico) né battere le piste della lisergica boutade o dell'apologo strafatto. No, la droga c'è, ma non "stupisce" nessuno, e tocca scontare iperboli (vedi l'iper-dialetto) e inverosimiglianze (l'appartamento aristofreak della Crescentini, semplice trainer in palestra: ne vogliamo parlare?) fastidiose. Insomma, onore alla armi (Piva lo merita), ma qui a girare non è più LaCapa.
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