RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
01 dicembre 2010
Les hommes debout
Le fabbriche e i lavoratori algerini di Lione nel bel documentario di Gravayat. In competizione a Torino 28
Jérémy Gravayat è un autore di grande sensibilità , che ha lavorato per anni accanto a Dominique Dubosc (Palestine Palestine, 2002). Questo documentario, così distante da quanto visto sino ad ora al festival, è incentrato sul lavoro, sulle fabbriche, sulle speranze di diverse generazioni d'immigrati algerini a Lione, sulla speranza di poter migliorare le proprie condizioni di vita. Interessante è la riflessione di Gravayat sulle fabbriche: inizialmente ambienti lavorativi, poi rifugi per senza tetto, infine carcasse di ferro e cemento da demolire per costruire su quelle ceneri qualcosa di nuovo. L'avvio è toccante: in un silenzio irreale, rotto solo da una voce fuori campo, ci viene raccontata per capitoli la vita di un uomo, paradigma di tante altre. I sogni e le proibizioni dell'infanzia, l'acquisizione del diritto di decidere per se stessi, il lavoro che nobilita e dà il pane, il primo innamoramento e il matrimonio, la consapevolezza di aver mutato, in meglio, la propria esistenza. Il bianco e nero confonde e mescola volutamente il passato e il presente e da subito si ha chiaro che il protagonista di questa storia non ha una sola faccia. Seguiamo dei personaggi e le loro vicissitudini, ma sono solo delle comparse nella ruota della vita, costrette a iniziare da capo ad ogni nuovo giro. Perché come dice a chiusura di film il ragazzo scelto a rappresentare con la sua tristezza un'intera popolazione, "è sempre la stessa storia. Noi sogniamo per voi".L'unica colpa che riusciamo a trovare al film di Gravayat è la mancanza di tempismo: aver partecipato al TFF dopo la vittoria dell'anno scorso de La bocca del lupo rende difficile una menzione quest'anno. Troppi infatti i punti di contatto tra le due opere (la forma del finto documentario, il bianco e nero sporco, la voce narrante del protagonista, la tendenza a realizzare una poesia in immagini). Ma Les hommes debout merita senza alcun dubbio un riconoscimento.
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