RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Animal Kingdom</i>

29 ottobre 2010

Animal Kingdom

Convince l'esordio dell'australiano David Michôd: gangster-movie crepuscolare con un cast in stato di grazia, Fuori Concorso

La madre è appena morta di overdose, sul divano, accanto a lui. Joshua ("J" per tutti), ragazzone neanche diciottenne (Frecheville), è costretto a trasferirsi dalla nonna che non vede da tempo, a causa di un antico screzio tra lei e la figlia. A casa di Janine (Weaver), soprannominata "Smurf" (puffo), troverà anche gli zii: tutti criminali, dal latitante Pope (Mendelsohn) all'esplosivo Craig (Sullivan Stapleton), fino al più giovane, Darren (Luke Ford) e all'habitué Baz (Joel Edgerton), socio d'affari e migliore amico del primo. Sarà proprio l'uccisione di quest'ultimo, a sangue freddo, da parte di alcuni poliziotti, a scatenare una vorticosa discesa negli inferi: Josh ne sarà testimone, e come tale - avvicinato anche dal detective interpretato da Guy Pearce - dovrà gioco forza decidere da quale parte stare...Trionfatore all'ultimo Sundance Film Festival e accolto con lode negli States, Animal Kingdom dell'esordiente David Michôd (a Roma Fuori Concorso) riporta il cinema australiano ai fasti del suo periodo migliore (fine anni '70, inizio '80), non a caso traendo linfa vitale dal sottobosco reale della Melbourne di quel periodo, quando le gang di rapinatori professionisti stavano terminando i loro giorni migliori: la carta vincente del film, insieme ad una direzione degli attori superba (a partire dal giovanissimo protagonista, passando per i notevoli Pearce, Antony Partos e ), è proprio quella di lasciare totalmente in fuoricampo gli aspetti caratteristici del gangster-movie (rapine, sparatorie, azioni criminali) per concentrarsi invece sul progressivo "soffocamento" di un gruppo, una famiglia, ormai con l'acqua alla gola. Mantenendo alta la tensione per tutto il corso del racconto e nascondendo progressivamente il pericolo dietro la superficie rassicurante del volto (quasi) sempre sorridente della matriarca Janine, il giovane Michôd riesce a costruire un film sulla criminalità sì minaccioso, ma al tempo stesso austero e classico, supportato in questo anche da alcune scelte musicali audaci, mix di elementi acustici ed elettronici ideati dal compositore . Qualche ralenti in meno, tolti un paio di evidenti ammiccamenti estetizzanti e alcuni momenti non troppo verosimili (l'omicidio in pieno giorno in un parcheggio di un supermercato, la fuga del ragazzo poco prima dell'arrivo dei poliziotti corrotti), saremmo di fronte ad un grande capolavoro.

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