RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Uomini di Dio</i>

21 ottobre 2010

Uomini di Dio

Per non dimenticare i frati trappisti di Tibhirine, mirando all'Oscar. Beauvois antepone il messaggio alla forma

Un monastero sperduto sull'altopiano di Tibhirine, in Algeria. Sette trappisti francesi conducono da tempo un'esistenza in completa armonia con la collettività musulmana che vive nel villaggio adiacente. Partecipano ai loro riti, portano il miele prodotto nel loro mercato, offrono sostegno medico grazie a frate Luc (Michael Lonsdale), che arriva a visitare anche 150 persone al giorno, distribuendo all'occorrenza medicinali e vestiti dismessi, soprattutto a donne e bambini. Ma la situazione politica del paese - dilaniato dal conflitto tra le forze governative e i gruppi estremisti di matrice fondamelista - costringerà i monaci a riflettere sulla loro posizione: restare, e rischiare la vita, in nome di una missione da portare a termine, o fuggire in cerca di un luogo più sicuro?Partendo dal reale fatto di cronaca del rapimento e la conseguente uccisione di sette monaci trappisti avvenuta nel 1996 a Tibhirine (ufficialmente attribuito al GIA - Gruppo islamico armato, ma che potrebbe essere opera dell'esercito algerino, stando ai documenti recentemente declassificati dai servizi segreti francesi), Xavier Beavouis si concentra sul triennio precedente la tragedia. Inquadrando l'umanità, le abitudini e - soprattutto - la completa integrazione di questi frati (interpretati tra gli altri, oltre al già citato Lonsdale, da Lambert Wilson e Olivier Rabourdin) con il contesto circostante, e dimostrando in questo modo che la pacifica coesistenza di diverse fedi è non solo possibile, ma socialmente auspicabile, Beauvois costruisce un film in cui il messaggio - totalmente condivisibile - finisce però per sovrastare la forma. Che poco si discosta da quella di un buon prodotto per la televisione, peccando d'enfasi lungo il cammino e provando la strada della suspence verso il finale, quando forse sarebbe stato meglio rendere le cose in maniera più sfumata. Resta di sicuro il fatto che portare storie di questo tipo al cinema è un merito: Cannes l'ha premiato con il Gran Prix, la Francia - dove è stato visto da due milioni e mezzo di spettatori - lo candida alla corsa per la cinquina Oscar del miglior film straniero.

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