RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>L'apprendista stregone</i>

04 agosto 2010

L'apprendista stregone

Parte male, poi recupera l'omaggio disneyano a Fantasia, che sembra più un Harry Potter cialtrone e senza pretese. Privo di originalità, ma onesto

L'apprendista stregone è un film che parte male, si risolleva, finisce in modo ridicolo. E' frutto del sodalizio ritrovato tra il producer Jerry Bruckheimer, il regista Jon Turteltaub e Nicolas Cage, che si erano inventati qualche anno fa Il mistero dei templari, operazione molto simile a questa per la miscela di commedia, magia e avventura, e il risultato ibrido, un po' omaggio divertito e un po' balordo riciclo.L'omonimia con il celebre episodio di Fantasia - il capolavoro Disney festeggia quest'anno 70 anni - non è puramente casuale: non bastasse la somiglianza col plot, ecco riproposta filologicamente la celebre "marcia dei manici di scopa", a segnare il pregio e il limite del progetto, che ricorda le delizie della creme brulè servendosi della panna cotta. Meglio comunque dei tanti fondi di magazzino che riparano in sala nella torrida estate italiana.E dire che il prologo non promette niente di buono, con quell'accavallarsi di immagini arredate con gusto discutibile, e nomi leggendari - non manca proprio nessuno: Re Artù, il Mago Merlino, Morgana, Balthazar - trucchi da baraccone e parrucconi trucidi, che Nicolas Cage si premura di non togliere mai per tutto il film. Fuor di magia, il film racconta dell'eterno scontro tra bene e male: il primo nelle mani di Balthazar Blake (Cage), l'aiutante retto di Merlino che attraversa i secoli alla ricerca di un eletto (il Sommo Merliniano, ovvero l'erede del grande mago) che spazzi via i nemici dell'umanità. L'eletto è ovviamente un insospettabile sfigato (Jay Baruchel), nè atletico nè bello, che vive nella Manhattan dei giorni nostri, coltiva una passione smisurata per Tesla e l'altra per una biondina lavata a candeggina, di cui è innamorato fin dalle elementari. Suo malgrado, diventerà l'apprendista di Nicolas Cage e l'ultimo barlume di speranza per quelli della nostra specie che nemmeno immaginano quale terribile minaccia rappresenti quel signore elegante - Alfred Molina con bastone e bombetta - che da un po' di tempo si aggira sornione in città. Si chiama Maxim Horvath, come Balthazar è stato un fido servitore di Merlino, ma poi ha tradito come Giuda, quando cioè la fatona Veronica (Monica Bellucci) gli preferisce quel parruccone di Cage. Da allora si è venduto alla strega cattiva Morgana, imprigionata nel frattempo in una matrioska che Balthazar custodisce gelosamente e che Horvath dovrà recuperare.La trama è questa. Sembra complicata ma non lo è, è poco originale ma ha il pregio di scivolare via lieve, e non disdegna l'ironia. La cosa migliore del film è che non si prende mai sul serio, le scaramucce tra Cage e Molina funzionano, Burachel e la Palmer assicurano credibilità alla parte "commedia sentimentale" mentre gli effetti speciali, se pur poveri, hanno un non disprezzabile gusto retrò, da modernariato del fantasy. Riusciti anche i personaggi di contorno, come il morganiano Drake Stone (Tobey Kabell) che sfoggia un look alla Bowie ma fa il verso a una qualunque delle pop star vanesie di oggi.Ci piacerebbe dire lo stesso della Bellucci - che gli autori hanno il buon gusto di utilizzare solo nei cinque minuti finali del film - ma sospettiamo che nella sua fugace apparizione non ci sia nulla di consapevole e autoironico. Non dell'Apprendista stregone avrebbe avuto bisogno la bella Monica, ma di un vero e proprio apprendistato attoriale.

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