RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
26 febbraio 2010
Genitori & figli...
Manuale (inter)generazionale per Veronesi: risa e pianto, enfasi e realismo, per un cocktail micidiale...
Dopo la co-sceneggiatura dell'introverso Io & Marilyn per l'amico Pieraccioni, Giovanni Veronesi torna alla regia con il manuale (inter)generazionale Genitori & figli agitare bene prima dell'uso: il confronto tra adulti e giovani filtra dallo sguardo non allineato della 14enne Nina (Chiara Passarelli), di cui conosciamo i genitori separati - il padre "senza spina dorsale" (Silvio Orlando) e la madre nevrotica (Luciana Littizzetto) - il fratellino razzista (Matteo Amata) e la nonna maudit (Piera Degli Esposti), il suo primo amore (Emanuele Propizio) e il suo professore d'italiano (Michele Placido), con la moglie (Margherita Buy) e un figlio (Andrea Fachinetti) che vorrebbe partecipare al Grande Fratello. Nel cast anche Max Tortora ed Elena Sofia Ricci, scritto a sei mani dal regista con Ugo Chiti e Andrea Agnello, il film si scaglia con qualche incertezza e plurime incongruenze contro la famiglia allargata e in favore del branco: Veronesi tifa per il legame di sangue, istintuale, "meccanico" che tra genitori e figli non si sfilaccia mai del tutto, succeda quel che succeda.E va pure contro il politically correct, ma anche qui l'affondo pare estemporaneo: se un cinese è eletto a "sverginatore! della scuola di Nina, un rom sfila un centone alla piccolo borghese Littizzetto, che chiede scusa per le botte date dal figlio xenofobo e violento.Dal cocktail di Veronesi, a uscire è una sola certezza: gli anni passano per tutti, e pure le risate cadono in prescrizione, come attesta un non inedito Manuale che non sa decidersi tra lacrime e riso, analisi sociale e le solite corna, recitazione enfatica – Littizzetto e Orlando oltre il limite, così da far sembrare il buon Placido quasi in sottrazione – e volontà "realistica", soprattutto nei confronti dei giovani, viceversa incompresi da preservativi sulle carote, schermaglie amorose di cent'anni fa, orche poco assassine e filmati su Youtube. Allora forza, Veronesi, il drammatico non è un dramma e il rischio è calcolato: respirare in Italia un cinema europeo, almeno nelle intenzioni. Se non sappiamo più ridere, proviamo a (far) piangere.
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