RECENSIONE FILM

19 maggio 2006

The Unforgiven

a cura di Cinematografo.it

A Cannes l'esordio senza enfasi del coreano Jong-Bin Yoon. Che inquadra la disperazione della vita militare

Dai bouquet di titoli coreani che varcano la frontiera del mercato occidentale ogni anno, appaiono prima di tutto quelle opere che possono attivare un contatto con un background di segni e simboli immediatamente traducibili. In questo caso l'opera prima di Jong-Bin Yoon va semplificata nel filone preguerresco delle scene di vita militare in pochi interni. Scordiamoci, giustamente, qualsiasi riferimento truce a Full Metal Jacket, semmai c'è qualcosa che si avvicina di più alla malinconia di Ufficiale e gentiluomo perché la poetica del regista coreano si addolcisce e si impasta di un suadente sussurrio colto nel rapporto bizzarro tra Tae-Jung e Seung-Young, il primo ufficiale di leva, il secondo soldato semplice. Non c'è satira da caserma e nemmeno uno stile grottesco tutto teso a ridicolizzare il contesto ospitante. La vita tra commilitoni, l'addestramento e l'allenamento sono sempre situazioni ovvie, quotidiane, possibili. Le punizioni corporali, gli scherzi da caserma, l'imposizione delle gerarchie sono il semplice risultato della tradizione degli eventi che si ripete. Insomma nessuna forzatura, nessuna enfatizzazione del dato generale. Poi proprio grazie alla scelta di una strada tecnicamente molto sobria e in qualche modo distanziante (macchina da presa statica, lunghi dialoghi e assenza di stacchi evidenti di montaggio) The Unforgiven cresce, si costituisce e si costruisce per accumulo, inanellando sequenza dopo sequenza, la deriva che prende il rapporto tra i due ragazzi. Seung-Young va alla ricerca di Tae-Jung, che si era dimesso dai gradi di ufficiale per cominciare una nuova vita, ma il complesso sentimento (attrazione fisica? amore ?) che il primo prova per il secondo è soltanto ricerca di comprensione e rispetto per la propria debole personalità, se non che premessa di una straziante morte suicida. The Unforgiven non per questo sa di esotico come Kim Ki-Duk e nemmeno sazia e dispera alla Park Chan-Wook, ma sa stimolare la visione di alcuni lontani e disperati esseri umani che nella loro dimensione terrena non trovano facilmente pace.

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