Anno: 2005 Durata: 113 Origine: USA Colore: C
Genere:BIOGRAFICO, DRAMMATICO
Regia:Bennett Miller
Specifiche tecniche:35 MM (1:2.35), CINEMASCOPE
Tratto da:libro di Gerald Clarke
Produzione:UNITED ARTISTS, INFINITY MEDIA, A-LINE PICTURES, COOPER'S TOWN PRODUCTIONS, EAGLE VISION INC.
Distribuzione:SONY PICTURES RELEASING ITALIA (2006)
Philip Seymour Hoffman | nel ruolo di | Truman Capote |
Catherine Keener | nel ruolo di | Nelle Harper Lee |
Clifton Collins Jr. | nel ruolo di | Perry Smith |
Chris Cooper | nel ruolo di | Alvin Dewey |
Bruce Greenwood | nel ruolo di | Jack Dunphy |
Bob Balaban | nel ruolo di | William Shawn |
Amy Ryan | nel ruolo di | Marie Dewey |
Mark Pellegrino | nel ruolo di | Dick Hickock |
Allie Mickelson | nel ruolo di | Laura Kinney |
Marshall Bell | nel ruolo di | Marshall Krutch |
Araby Lockhart | nel ruolo di | Dorothy Sanderson |
Robert Huculak | nel ruolo di | Reporter a New York |
R.D. Reid | nel ruolo di | Roy Church |
Rob McLaughlin | nel ruolo di | Harold Nye |
Harry Nelken | nel ruolo di | Sceriffo Walter Sanderson |
Kerr Hewitt | nel ruolo di | Danny Burke |
Adam Kimmel | nel ruolo di | Richard Avedon |
Ainsley Balcewich | nel ruolo di | Ragazza |
Anne Baragar | nel ruolo di | Madre di Laura Kinney |
Avery Tiplady | nel ruolo di | Alvin Dewey Jr. |
Bess Meyer | nel ruolo di | Linda Murchak |
Boyd Johnson | nel ruolo di | Guardia carceraria |
Bronwen Coleman | nel ruolo di | Barbara |
C. Ernst Harth | nel ruolo di | Lowell Lee Andrews |
Christopher Read | nel ruolo di | Giornalista |
Craig Archibald | nel ruolo di | Christopher Isherwood |
David Rakoff | nel ruolo di | Ben Baron |
Don Malboeuf | nel ruolo di | Guardia |
Edward Sutton | nel ruolo di | Anziano |
Ernesto Griffith | nel ruolo di | Facchino |
Frank Filbert | nel ruolo di | Guardia carceraria |
James Durham | nel ruolo di | Giovane guardia carceraria |
Jason Love | nel ruolo di | Guardia |
Jason Mitchell | nel ruolo di | Kenyon Clutter |
Jeremy Dangerfield | nel ruolo di | Capo dei giurati |
Jerome Greencorn | nel ruolo di | Giornalista |
Jim Shepard | nel ruolo di | Cappellano |
John B. Destry | nel ruolo di | Pete Holt |
John Maclaren | nel ruolo di | Giudice Roland Tate |
John Warkentin | nel ruolo di | Addetto alla reception hotel Warren |
Jon Ted Wynne | nel ruolo di | Giornalista |
Jonathan Barrett | nel ruolo di | Giornalista |
Kate Shindle | nel ruolo di | Rose |
Kelci Stephenson | nel ruolo di | Nancy Clutter |
Ken Krotowich | nel ruolo di | Guardia palazzo di giustizia |
Kwesi Ameyaw | nel ruolo di | Facchino |
Manfred Maretzki | nel ruolo di | Herbert Clutter |
Marina Stephenson | nel ruolo di | Operatrice |
Mia Faircloth | nel ruolo di | Ragazza |
Michael J. Burg | nel ruolo di | Williams |
Michal Grajewski | nel ruolo di | Giovane assistente |
Michelle Harrison | nel ruolo di | Babe Paley |
Miriam Smith | nel ruolo di | Bonnie Clutter |
Nazariy Demkowicz | nel ruolo di | Paul Dewey |
Norman Armour | nel ruolo di | Appassionato di letteratura |
Olie Alto | nel ruolo di | Franklin Weeks |
Tiffany Lyndall-Knight | nel ruolo di | Gloria Guiness |
Wayne Nicklas | nel ruolo di | Guardia |
Will Woytowich |
Nel novembre 1959, il celebre scrittore Truman Capote legge un articolo sul 'New York Times' che parla dell'omicidio dei quattro componenti della famiglia Clutters a Holcomb, in Kansas. Nonostante legga tutti i giorni vicende simili sui giornali, questa suscita in lui particolare interesse: attraverso questa storia Capote sente di poter finalmente mettere in pratica la sua teoria che una vicenda reale, se messa nelle mani dello scrittore giusto, può essere avvincente come la fiction. "Che influenza hanno avuto gli omicidi sulla cittadina di Holcomb?" Partendo da questa domanda e senza dare importanza al fatto che i colpevoli fossero stati arrestati o meno, Capote riesce a convincere l'editore del quotidiano 'The New Yorker' a farsi assegnare l'inchiesta e parte per il Kansas, accompagnato dalla sua amica d'infanzia Harper Lee (vincitrice del Premio Pulitzer con il romanzo "Il buio oltre la siepe"). Nonostante la voce infantile, le maniere stravaganti e gli abiti anticonvenzionali gli procurino l'iniziale ostilità da parte degli abitanti di quella che ama definirsi ancora parte del Vecchio West, Capote riesce a conquistarsi la fiducia dei cittadini di Holcomb, soprattutto di Alvin Dewey, un poliziotto locale che sta dando la caccia agli assassini. Questi ultimi, identificati come Perry Smith e Dick Hickock, vengono catturati a Las Vegas e ricondotti in Kansas dove, una volta processati, sono condannati a morte. Truman Capote inizia ad andarli a trovare in carcere, e ben presto si rende conto che quello che doveva essere un semplice articolo potrebbe svilupparsi come romanzo sperimentale in cui mescolare gli elementi della letteratura a quelli del reportage giornalistico dando risalto al contrasto tra l'America sicura e protetta in cui credevano di vivere i Clutters e quella amorale e violenta in cui invece vivevano Smith e Hickock. Il risultato è il romanzo scandalo "A sangue freddo", che contribuì ad accrescere la fama di Truman Capote, ma che all'epoca della sua pubblicazione suscitò una serie di polemiche di carattere letterario ed etico-sociale.
"Il film realizzato da Bennett Miller, scritto da Dan Futterman con l'ausilio del biografo di Capote Gerald Clarke, il cui titolo è 'Truman Capote a sangue freddo', fa letteralmente rivivere, attraverso la splendida interpretazione, il drammatico contrasto interno alla personalità dello scrittore, tra la sua apparenza da dandy modaiolo, stravagante e superficiale e un'interiorità piena di conflitti e turbe laceranti. Contrasto che si riflette sugli altri, rapiti da lui anche quando inizialmente ne diffidano, e sul suo comportamento nei confronti dei due colpevoli del delitto, condannati a morte: in particolare uno dei due, Perry Smith, con il quale intrattiene un rapporto strettissimo lungo tutto il calvario che porterà all'esecuzione solo nel 1965." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 17 febbraio 2006) "Riprendendo il titolo del film di Brooks del ' 67 il neo regista Bennett Miller lo racconta guardando negli occhi Truman Capote che, intervistando due killer, raggiunse il top della carriera con un inedito romanzo-verità costato un'appassionata amicizia sul filo di un'ambiguità caratteriale, riconoscendo una zona buia comune dell'inconscio. Lo scrittore snob di 'Colazione da Tiffany', amato dai vip finché non diffuse i loro gossip, va con l'amica Harper Lee a indagare su quel fattaccio in cui rimase irretito emotivamente. Il film è bello e serrato, come una maxi indagine psicologica su un personaggio controverso e geniale che Philip Seymour Hoffman, occhialini, cappotto di cammello, parlata moscia, recita con un'adesione psicosomatica straordinaria e ironia: se c' è giustizia, l'Oscar è suo." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 18 febbraio 2006) "La prima cosa che si nota nel film molto bello e misurato di Bennett Miller è il suo protagonista debordante, la sua vocetta assurda, i suoi modi affettati resi da Philip Seymour Hoffman con un'adesione così totale da metter quasi a disagio. Ma è un attimo, un'impressione subito fugata dal soggetto vero del film. Che non è lo scrittore o il suo mondo 'Capote' non ha nulla degli inflazionati e spesso detestabili biopic quanto l'incontro di quello scrittore con storie, personaggi, sentimenti così lontani dai suoi, e insieme così vicini. Tanto vicini da riconoscerli e decidere di scriverne di slancio, leggendo un trafiletto su un sanguinoso delitto avvenuto a migliaia di chilometri dalla sua New York. (?) Il film entra in questo impossibile gioco di specchi con il respiro pacato del classico, senza cercare scorciatoie stilistiche, strappando una performance ammirevole anche al meno noto Clifton Collins Jr. (?) Magari il film si prende qualche licenza se Capote nella realtà si diceva "deluso" dai continui rimandi dell'esecuzione, che bloccavano la fine della storia e l'uscita del libro, mentre qui è straziato dal confronto improvviso con una morte che fino all'ultimo era rimasta astratta, remota... A ben vedere questo racconta davvero 'Capote': il patto col diavolo, il mito (la tragedia) della creazione, il segreto che in fondo ogni vita e ogni opera nasconde." (Fabio Ferzetti', 'Il Messaggero', 18 febbraio 2006) "Il regista Bennett Miller ha innanzitutto il pregio - sottolineato dalle cinque candidature all'Oscar - di rievocare la figura dell'autore di 'Colazione da Tiffany' e del saggista del 'New Yorker', la cui colta e capricciosa figura sembra oggi assai démodé: raccontando la genesi del libro che gli regalò un clamoroso successo, il regista americano esordiente non si limita a dettagliarne le tappe, ma cerca nello stesso tempo di cogliere le incrostazioni geniali e istrioniche del suo atteggiamento. (?) Il film si regge sul mimetismo di Philip Seymour Hoffman che dialoga e motteggia (nella versione originale), si muove, piange, scrive e, forse, addirittura pensa come Capote. Un risultato di mirabile professionismo, che però non fa luce sui morbosi rapporti istituiti con gli assassini e, soprattutto, sull'ossessione creativa che evidenzia molti sospetti di cinico parassitismo: 'A sangue freddo' resta, così, l'algido referto di un testo che neppure l'aderenza di Miller riesce a decodificare a livello di fiction." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 febbraio 2006)
Incasso in euro