I miei giorni pi? belli2014

SCHEDA FILM

I miei giorni più belli

Anno: 2014 Durata: 120 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Arnaud Desplechin

Specifiche tecniche:SCOPE (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:WHY NOT PRODUCTIONS, FRANCE 2 CINÉMA

Distribuzione:BIM (2016)

ATTORI

Quentin Dolmaire nel ruolo di Paul Dédalus
Lou Roy-Lecollinet nel ruolo di Esther
Mathieu Amalric nel ruolo di Paul adulto
Dinara Droukarova nel ruolo di Irina
Cecile Garcia-Fogel nel ruolo di Jeanne Dédalus, la madre
Françoise Lebrun nel ruolo di Rose
Irina Vavilova nel ruolo di Sig.ra Sidorov
Olivier Rabourdin nel ruolo di Abel Dédalus, il padre
Elyot Milshtein nel ruolo di Marc Zylberberg
Pierre Andrau nel ruolo di Kovalki
Lily Taieb nel ruolo di Delphine Dédalus
Raphaël Cohen nel ruolo di Ivan Dédalus
Clémence Le Gall nel ruolo di Pénélope
Théo Fernandez nel ruolo di Bob
Anne Benoît nel ruolo di Louise, madre di Bob
Yassine Douighi nel ruolo di Medhi
Eve Doé-Bruce nel ruolo di Professor Béhanzin
Mélodie Richard nel ruolo di Gilberte
Éric Ruf nel ruolo di Kovalki adulto
Antoine Bui nel ruolo di Paul bambino
Ivy Dodds nel ruolo di Delphine bambina
Timon Michel nel ruolo di Ivan bambino
 
 
 

MONTAGGIO

Briaud, Laurence
 

SCENOGRAFIA

Baqueni, Toma
 

COSTUMISTA

Raoul, Nathalie

TRAMA

Paul Daedalus lascia la sua terra, il Tagikistan. Con sé porterà i ricordi legati alla sua infanzia a Roubaix, alla follia della madre, al fratello Ivan, ai suoi sedici anni, a suo padre - vedovo inconsolabile -, al viaggio in URSS dove è stato costretto a vivere clandestinamente, ai suoi studi a Parigi e all'incontro con il Dottor Behanzin, da cui è nata la passione per l'antropologia e la filosofia. Ma soprattutto, Paul ricorda Esther, l'amore della sua vita...

CRITICA

"Estate, stagione di capolavori. A volte è quando i cinema si svuotano che gli schermi accolgono le immagini più originali, le storie più folli, i registi più inclassificabili. Quest'anno (...) tocca a Desplechin (...), autore di una decina di film che mescolano gioiosamente invenzione e autobiografia, dramma e commedia, splendore e bizzarria (...). Incorniciati da un prologo e da un epilogo in cui Dedalus adulto ha i tratti sardonici di Amalric, questi tre ricordi corrispondono a un'infanzia ribelle (...); a un'adolescenza errabonda (...); infine a una giovinezza avventurosa, in senso sentimentale, che occupa la maggior parte del film. E coincide col grande amore per Esther (...), magnifica figura di ingenua sfrontata, vulnerabile quanto pericolosa, deliziosa anche se lontana dagli odiosi canoni della bellezza codificata, con cui Dedalus intreccia una delle più intense, imprevedibili storie d'amore viste al cinema da anni. (...) non c'è dialogo, scena o immagine che non sorprenda per originalità e insieme verità. Come in quei grandi romanzi capaci di inventare quella vita tumultuosa che tutti avremmo voluto, e insieme di renderla così vicina alle nostre da farci ritrovare qualcosa di familiare in ogni passaggio. Il tutto anche grazie a un cast di giovanissimi sconosciuti e folgoranti. (...) Questa vita spesa tra Parigi e Roubaix, i deserti del Tagikistan e i caffè del Quartiere latino, è una meraviglia di inventiva e di libertà, personale e narrativa. Testimonianza di una cultura sempre più minoritaria, dunque preziosa." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 giugno 2016) "'I miei giorni più belli' è al tempo stesso un prequel e un sequel di 'Comment je me suis disputé ... (ma vie sexuelle)' (1996). Ritroviamo Matthieu Amalric nel ruolo di Paul. Con vent'anni di più sul viso. Perfetto per il sequel. Scopriamo due bravissimi nuovi attori: Quentin Dolmaire e Lou Roy-Lecollinet, nelle parti rispettivamente del giovane Paul e della giovane Esther. È la loro fragilità e bellezza a dare corpo e sensualità al viso segnato del vecchio Paul. Questa logica, per cui quello che viene dopo sembra più originale rispetto a quello che lo precede, è l'architettura di tutto il cinema di Desplechin; che non si basa mai sull'azione (nel senso del dramma) ma sempre sulla riflessione, autoanalisi, memoria. E' la memoria che dà la forma al suo cinema e che spinge la storia a risalire la corrente della vita in cerca della foce di tutte angosce. Ne esce fuori una materia singolare, privata e cinematografica al tempo stesso." (Eugenio Renzi, 'Il Manifesto', 23 giugno 2016) "II regista francese 'specialista' in ritratti intimi e familiari torna a raccontare l'esistenza dell'anti eroe Dédalus che già lo aveva appassionato nel 1996 in 'Comment je me suis disputé... (ma vie sexuelle)' e, naturalmente, torna a rielaborare con personalità le fondative intuizioni sulla Memoria tracciate da Proust e da Joyce." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 23 giugno 2016)

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