The Imitation Game2014

SCHEDA FILM

The Imitation Game

Anno: 2014 Durata: 113 Origine: USA Colore: C

Genere:BIOGRAFICO, DRAMMATICO, THRILLER

Regia:Morten Tyldum

Specifiche tecniche:-

Tratto da:biografia "Alan Turing. Storia di un enigma" di Andrew Hodges (ed. Bollati Boringhieri, coll. I grandi pensatori)

Produzione:BLACK BEAR PICTURES, BRISTOL AUTOMOTIVE

Distribuzione:VIDEA

ATTORI

Benedict Cumberbatch nel ruolo di Alan Turing
Keira Knightley nel ruolo di Joan Clarke
Matthew Goode nel ruolo di Hugh Alexander
Rory Kinnear nel ruolo di Detective Robert Nock
Allen Leech nel ruolo di John Cairncross
Matthew Beard nel ruolo di Peter Hilton
Charles Dance nel ruolo di Comandante Denniston
Mark Strong nel ruolo di Stewart Menzies
Alex Lawther nel ruolo di Alan giovane
Tuppence Middleton nel ruolo di Helen
Tom Goodman-Hill nel ruolo di Sergente Staehl
Steven Waddington nel ruolo di Smith
James Northcote nel ruolo di Jack Good
Jack Bannon nel ruolo di Christopher Morcom
Jack Tarlton nel ruolo di Charles Richards
Ilan Goodman nel ruolo di Keith Furman
 

SOGGETTO

Hodges, Andrew
 

SCENEGGIATORE

Moore, Graham
 
 
 

SCENOGRAFIA

Djurkovic, Maria
 

COSTUMISTA

Sheldon, Sammy

TRAMA

Inverno 1952. Le autorità britanniche entrano nella casa del matematico, criptoanalista ed eroe di guerra Alan Turing per indagare in seguito a una segnalazione di furto con scasso. Ignari di trovarsi di fronte al pioniere della moderna informatica, gli agenti arrestano lo stesso Turing con l'accusa di "atti osceni", incriminazione che lo avrebbe portato alla devastante condanna per il reato di omosessualità. Ritratto intenso e inquietante di un uomo brillante e complesso, noto leader di un gruppo eterogeneo di studiosi, linguisti, campioni di scacchi e agenti dei servizi segreti, che ha avuto il merito di decrittare i codici indecifrabili della macchina tedesca "Enigma" durante la II Guerra Mondiale, contribuendo a ridurre la durata del conflitto e , quindi, a salvare milioni di vite.

CRITICA

"Il film di Tyldum, norvegese ('Bunny'), come tutti i bipioc si prende alcune libertà narrative, e nella vicenda di Turing (...) intreccia diversi spunti. Per esempio la condizione femminile dell'epoca attraverso la figura dell'amica e collega di Turing, Joan Clarke (Knightiey) che vince la gara per entrare nel gruppo - anche se le donne ovviamente non sono previste - e per andare via di casa e partecipare alle ricerche deve inventare continui sotterfugi. La guerra non sembra avere scalfito la posizione delle ragazze in Inghilterra a differenza di quanto stava accadendo in America, e Turing per «liberarla» dai genitori a i quali dell'intelligenza della figliola non interessa nulla rispetto al matrimonio, le chiederà di fidanzarsi con lui «ufficialmente». La relazione tra i due è complice e profonda, e sarà anche grazie a lei se Turing riuscirà a sciogliere i rapporti con i colleghi trasformando il rancore nei suoi confronti in entusiasmo di gruppo. In fondo l'uomo e la donna sono speculari rispetto alla loro posizione nel «gender», entrambi devono nascondersi a causa di esso, e per entrambi la società ha stabilito regole e spazi e ruoli che non si possono cambiare. Ma pubblico e privato scivolano uno nell'altro per tutti: perché se Turing deve nascondersi, l'intero gruppo agli occhi del mondo è segreto, e il lavoro che svolge pone continuamente questioni etiche e morali altrettanto complesse. A cominciare dal confronto di equilibrio difficilissimo tra scienza e politica, ricerca e ragion di stato: cosa significa vincere la scommessa e scoprire finalmente il codice dei nazisti? Salvare le vite umane visto che i bersagli saranno individuati per tempo, o piuttosto sacrificarle al disegno più ampio che è quello di vincere la guerra? Tyldum si affida a una costruzione che procede per flashback, oscillando tra il presente, il momento in cui Turing viene scoperto, e quello degli anni bellici, in un Paese devastato dalle bombe e dalla fame, dalle lunghe notti passate a interrogare il «cervellone», e dalle paure striscianti di una guerra interiore forse persino più pericolosa. Però questa materia potenzialmente incandescente si stempera in scelte narrative convenzionali (che il doppiaggio italiano non aiuta), così come la regia non accetta la sfida delle invenzioni che le ambiguità e le contraddizioni del personaggio Turing portano con sé. Di buono appunto rimane una cosa: che forse ora seppure in versione un po' feuillletton in più conosceranno Alan Turing e la sua esperienza, che per molti aspetti, non solo quello legato all'omosessualità, appare ancora molto attuale." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 30 dicembre 2014) "La parte più interessante riguarda Enigma: per trovare il codice tra 159 miliardi di miliardi di combinazioni possibili, Alan inventò una macchina cui diede nome Christopher e che sarebbe stata alla base della concezione del computer. Però non è questo il solo motivo del fascino di Turing, geek geniale e infelice, asociale e sempre emarginato, che Benedict Cumberbatch interpreta con identificazione dolorosa." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 31 dicembre 2014) "(...) la bellezza del film di Morten Tyldum è tutta nel fatto che non è una brillante orazione funebre, ma una celebrazione del genio e della vita, di un uomo affascinante e complesso, sensibile e caparbio, di un uomo che ha saputo credere in qualcosa di grande per poi realizzarlo. Nonostante l'ingiustizia ignobile sia lì ad un passo, il regista non la usa come scorciatoia, né come ricatto allo spettatore. Non la ignora neanche, ma capisce che può e deve rendere omaggio alla grandezza di chi ha salvato e cambiato il nostro mondo. Lo fa, peraltro, grazie a un attore in crescita costante e vertiginosa, quel Benedict Cumberbatch che un eroe digitale l'ha già interpretato (Julian Assange) e che in quel viso espressivo e ambiguo porta mille personaggi e ancor più contraddizioni. E' così bravo il cineasta e perfetto il protagonista che si sopporta persino la solita Keira Knightley, tanto adorabile e bellina con le sue mossette (e fossette) quanto pleonastica per tutta la durata dell'opera. 'The Imitation Game', peraltro, denuncia la sua forza già nel titolo. Nell'enigmistica di vite e scoperte nascoste, nell'inganno di chi deve inventare e di chi deve indagare. Tutto nasce con un gioco da prestigiatore: mostrare, per nascondere. Come fare, infatti, a evitare la scomoda morte a 41 anni di Turing? Citandone subito, spudoratamente, il motivo. Il film è un flashback di fronte al poliziotto che ha arrestato Alan. E così la vita prende subito possesso del film, contro la morte e l'ottusità. Tyldum sa portarci in un thriller brillante, un po' come Il falsario, alla ricerca dell'arma definitiva, in questo caso di difesa. E ci racconta un mondo affascinante, ancora capace di stupirci e stupirsi (per decrittare il Codice Enigma si prende uno scienziato esperto nel ramo, un campione di scacchi e una fenomenale enigmista), ma anche una società puerile e squallida, incapace di capire e accogliere quegli eccentrici che vuole, di cui necessita ma che poi ritiene di dover emarginare. Li mette sotto copertura mentre inventano, li accantona quando hanno dato quello che il Paese, vampiro, voleva da loro. E così 'The Imitation Game', con la sua struttura semplice e immediata, con quel ritmo che lo rende una sorta di cubo di Rubik da risolvere il più in fretta possibile, perché sai come finirà ma non sai in che modo ci si arriverà, capisce la vera tragedia di Alan Turing." (Boris Sollazzo, 'Cronache del Garantista', 31 dicembre 2014) "Piacerà a chi ama le biografie di tragici eroi, specie quando sono raccontate 'all'inglese' senza grosse scene madri, con cure certosine nell'ambientazione e un'interpretazione da Dio. Qui a puntellare la prova del mattatore Benedict Cumberbatch hanno chiamato nientemeno che Keira Knightley, Charles Dance (il terribile patriarca del 'Trono di spade'), Matthew Goode ('Match Point'), Mark Strong. Tutti, è chiaro, col compito principale di tirare la volata verso l'Oscar a Cumberbatch. Il che non impedisce alla Keira di rilasciare una delle più belle performances della sua carriera (anzi è più credibile come dolce Joan che quando ha cercato di volare troppo alto con 'Anna Karenina'). Domanda: se lo merita l'Oscar il 39enne Benedict? Certo che sì, anche nelle prime scene sembra la fotocopia del suo Sherlock Holmes televisivo capitato in un posto di polizia. Ma solo nelle prime scene. Assistito da uno splendido scenario di Graham Moore (incredibilmente rimasto a prender polvere nei cassetti della produzione per circa un lustro) Cumberbatch rovescia completamente il cliché di Sherlock (l'uomo di Baker era un manipolatore senza sesso, Turing un 'diverso' che venne manipolato per tutta la vita). Per merito di Moore e di Benedict il pubblico esce dal cinema colla giusta idea di Turing. L'idea che la sua tragedia non fu il sesso, ma l'impossibilità di decifrare, lui il crittografo dell'impossibile, quel che passava nella mente sua e di chiunque gli stava accanto." (Giorgio Carbone, 'Libero', 31 dicembre 2014) "A Turing dà volto e incredibile sostanza artistica l'eccellente Benedict Cumberbatch, uno degli attori più bravi ed espressivi del momento. Da Oscar." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 31 dicembre 2014) "Senza addentrarsi negli arcani della meccanica quantistica, il copione di Graham Moore romanza con discrezione la storia raccontando gli alti e bassi di due anni di frustranti tentativi a vuoto prima di conseguire un risultato, con relativo gioco di pressioni e tensioni; e dando particolare rilievo all'unico elemento femminile della squadra di Bletchley Park, l'analista Joan Clarke con la quale Turing intrecciò un rapporto di complicità tale da fargli balenare per un attimo l'idea di sposarla. Il fatto che Joan sia impersonata con deliziosa freschezza da Keira Knightly conferisce ulteriore enfasi a un personaggio che nella monumentale biografia di Andrew Hodges (Bollati Boringhieri) ha un peso relativo. Ma resta che il centro carismatico di questo prodotto di confezione diligentemente diretto dal norvegese Morten Tyldum è Benedict Cumberbatch (...). Alle prese con un personaggio nevrotico e impossibile (simile per molti versi allo Sherlock Holmes incarnato con successo in tv), la cui arrogante consapevolezza di sé si mescola a un candore disarmante e a una sensibilità scorticata, Cumberbatch disegna uno straordinario, vivido ritratto in un quadro di maniera." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 2 gennaio 2015) "Nei panni del padre della moderna informatica, genio eccentrico e febbrile incapace però di decifrare emozioni, sentimenti e regole sociali, c'è la star del momento, Benedict Cumberbatch, la cui performance è il vero asso nella manica di un film (...) senza particolari invenzioni registiche, ma basato su una sceneggiatura solida, che racconta una storia irresistibile." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 2 gennaio 2015) "Milioni di persone in questo momento stanno cercando qualcosa su un motore di ricerca, ma pochi forse sanno che gli algoritmi grazie a cui possono ricevere una pizza calda a casa o consultare gli ultimi studi su Sant'Agostino non esisterebbero senza un genio a lungo misconosciuto, l'inglese Alan Turing. Che prima di addentare una mela al cianuro (da cui, secondo la leggenda, il simbolo della Apple) fece due o tre cose di qualche importanza. Come decifrare l'inviolabile codice segreto dei nazisti, salvando milioni di vite umane, grazie a una macchina rivoluzionaria progenitrice dei moderni computer. La storia di Turing è così dolorosa, la sua personalità così singolare e complessa, che c'è voluto tempo perché uscisse dalla cerchia degli specialisti diventando ben presto una sorta di icona: della libertà, del genio scientifico e dell'ingratitudine politica. O peggio: perché se nessuno, malgrado i servigi resi in guerra, fece nulla per difenderlo dalla castrazione chimica per omosessualità (allora un reato), qualcuno vede l'ombra dei servizi segreti dietro l'oscura fine di questo «uomo che sapeva troppo». A far entrare definitivamente Turing nella mitologia popolare penserà comunque questo film molto convenzionale, ma non meno accurato e efficace, che romanzando la monumentale biografia di Andrew Hodges (Bollati Boringhieri) rievoca l'uomo e lo scienziato cercando nell'uno la chiave dell'altro e viceversa. Per farne anche - come dubitarne - un antesignano dell'era digitale, con relativi slogan e luoghi comuni al seguito, mimetizzati nella storia romantica del gruppo di scapestrati e del genio quasi autistico, ma carismatico e appassionato, che in barba a regole e gerarchie salvarono il mondo se non se stessi. Non sottilizziamo troppo però. Apple o non Apple, la parabola di Turing è avvincente e il bel volto dell'ottimo Cumberbatch perfetto per il ruolo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 gennaio 2015) "Difficile rimanere indifferenti a una delle storie più affascinanti portate sugli schermi negli ultimi anni: benché il film non goda di estremo valore cinematografico, se non nella vibrante interpretazione di Benedict Cumberbatch (sicuro candidato all'Oscar), la sua qualità informativa ed evocativa merita attenzione, specie nella considerazione che Turing fu perseguitato per omosessualità dal Governo britannico fino alla recente 'riabilitazione' con scuse ufficiali di Sua Maestà." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 8 gennaio 2015) "Quando mancano le idee, ecco il soccorso delle biografie. (...) La sorpresa è il protagonista, Benedict Cumberbatch: pareva un signor nessuno e invece è un super." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 8 gennaio 2015) "(...) il film di Morten Tyldum, vincitore a Toronto, è tradizionale ma le sorprese vere della vita durante la guerra e il sorriso di Keira Knightley gli danno un aspetto da fiction e ci mettono di fronte all'eterno paradosso del genio a contatto con il genere (omofobo) umano. Turing ha il viso geometrico, infrangibile impassibile di Benedict Cumberbatch che certo si candida all'Oscar pur con molte sfumature di grigio melodrammatico." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 15 gennaio 2015) "«The Imitation Game» è uno di quei film da tramandare in ogni caso con rispetto, perché è uno di quelli (ormai rari) che conquistano in positivo l'unanimità o quasi del pubblico. Un effetto trascinante che non fa bene solo al botteghino sia perché tiene viva la fiammella del cinema nella caligine indistinta dei nuovi media audiovisivi, sia perché si basa sull'efficacia della basica formula cinematografica. Ricostruzione storica ad alto budget, spunto narrativo originale, suspense giudiziosamente calibrata, un protagonista in surf sulle onde tempestose di pubblico e privato: tutto bene se ai nostri occhi il mix non fosse cucinato con i sapori tipici del menu d'autore internazionale con prelazione sugli Oscar e messaggio progressista à la page incorporato. La storia di Alan Turing, nota più che altro agli specialisti ma già ripresa al cinema in funzione collaterale, diventa, infatti, per mano di un regista ultraconvenzionale, il fulcro di un omaggio alla libertà del genio scientifico e agli eroi di retrovia delle «approvate» guerre passate nonché di uno sberleffo all'eterno cinismo del potere politico-istituzionale. (...) Il mattatore Cumberbatch è lodato a dismisura anche in veste di protomartire della causa gay, ma a noi appare solo correttamente mimetico, così come la Knightley, forse a causa del doppiaggio italiano molto appiattito e poco vibrante." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 gennaio 2015)

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