Sicilian Ghost Story2017

SCHEDA FILM

Sicilian Ghost Story

Anno: 2017 Durata: 120 Origine: SVIZZERA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Antonio Piazza|Fabio Grassadonia

Specifiche tecniche:DCP

Tratto da:liberamente ispirato al racconto "Un cavaliere bianco" di Marco Mancassola pubblicato nel volume "Non saremo confusi per sempre" (ed. Einaudi)

Produzione:NICOLA GIULIANO, FRANCESCA CIMA, CARLOTTA CALORI, MASSIMO CRISTALDI PER INDIGO FILM, CRISTALDI PICS, CON RAI CINEMA, IN COPRODUZIONE CON MACT PRODUCTIONS, JPG FILMS, VENTURA FILM, RSI-RADIOTELEVISIONE SVIZZERA/SRG SSR

Distribuzione:BIM DISTRIBUZIONE

ATTORI

Julia Jedlikowska nel ruolo di Luna
Gaetano Fernandez nel ruolo di Giuseppe
Corinne Musallari nel ruolo di Loredana
Andrea Falzone nel ruolo di Nino
Federico Finocchiaro nel ruolo di Calogero
Lorenzo Curcio nel ruolo di Mariano
Vincenzo Amato nel ruolo di Padre di Luna
Sabine Timoteo nel ruolo di Madre di Luna
Filippo Luna nel ruolo di U' Nanu
Baldassarre Tre Re nel ruolo di Venatura
Rosario Terranova nel ruolo di Scannacristiani
Gabriele Falsetta nel ruolo di Giufà
Vincenzo Crivello nel ruolo di Il Tedesco
Corrado Santoro nel ruolo di Chiodo
Nino Prester nel ruolo di Nonno di Giuseppe
 
 
 

SCENOGRAFIA

Dentici, Marco
 
 

EFFETTI

Chromatica

TRAMA

In un piccolo paese siciliano ai margini di un bosco, Giuseppe, un ragazzino di tredici anni, scompare. Luna, una compagna di classe innamorata di lui, non si rassegna alla sua misteriosa sparizione. Si ribella al clima di omertà e complicità che la circondano e pur di ritrovarlo, discende nel mondo oscuro che lo ha inghiottito e che ha in un lago una misteriosa via d'accesso. Solo il loro indistruttibile amore le permetterà di tornare indietro.

CRITICA

"(...) la Sicilia di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza non concede molte speranze. 'Sicilian Ghost Story', invitato a inaugurare fuori concorso la Sémaine de la Critique, prende spunto dal sequestro del tredicenne Giuseppe Di Matteo, rapito dalla mafia e sciolto nell'acido dopo due anni di prigionia, riletto attraverso le forme del fantasy e le proprie ambizioni registiche. Così il film racconta, con i toni della favola nera, l'amore tra Giuseppe e la compagna di scuola Luna, il cui legame, malvisto dai genitori, sembra a volte aiutare il ragazzo durante la prigionia mentre a volte diventa pulsione di morte per lei. Una specie di sogno immaginato e anti realistico che però finisce per snaturare i ricordi dei fatti reali, soffocati sotto troppi compiacimenti autoriali." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 19 maggio 2017) "I due registi siciliani partono da un agghiacciante fatto di cronaca - il rapimento e l'uccisione del figlio di un pentito, Giuseppe Di Matteo, il cui corpo verrà dissolto nell'acido - per raccontarlo in forma di favola nera dove l'amore ha però un ruolo importante. (...) Ma se la scelta di raccontare la cronaca attraverso il genere - fantasy, horror, love story - in una Sicilia inedita, quella montuosa dei Nebrodi, è senza dubbio coraggiosa e interessante, manca nel film la capacità di governare la materia, di metterla al servizio della storia così che l'uso ridondante di visioni e sogni finisce per sottrarre rigore alla messa in scena." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 19 maggio 2017) "(...) il secondo film di Piazza e Grassadonia dopo 'Salvo' (...) lascia perplessi. Alcuni difetti del lavoro precedente esplodono alle prese con il progetto ambiziosissimo di raccontare come una fiaba nera una delle imprese più agghiaccianti di Cosa Nostra: il rapimento del tredicenne Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, tenuto prigioniero per oltre due anni prima di essere strangolato e sciolto nell'acido. (...) Il talento visivo degli autori si scatena sul versante gotico, con citazioni dalla 'Morte corre sul fiume' e dal nostro horror anni 70; ma la confezione visiva assicurata dalla virtuosistica fotografia di Luca Bigazzi si alterna a cadute di gusto, e la parte che racconta la ribellione della ragazza è piatta, con un'imbarazzante direzione degli attori. Tra fantasmi, visioni, sogni il film si perde: cerca in buona fede di sfuggire agli stereotipi del mafiamovie, ma per superficialità e compiacimento del bello stile risulta un prodotto kitsch, suggellato da un finale incoerente e dalla morale sconcertante." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 19 maggio 2017) "È dunque di nuovo la questione della consapevolezza e della responsabilità contro l'abitudine a non vedere - quell'essere cieco che era nel primo film - che Grassadonia e Piazza mettono al centro della narrazione, rivendicando tra gli incubi più orrendi una possibile libertà. Ma cosa significa in termini di cinema? Di fatto un piacere di guardarsi filmare, il compiacimento del virtuosismo che se in 'Salvo' era già fastidioso - sgonfiando dopo poco ogni tensione - qui diviene esasperato: fughe, movimenti sinuosi, i primissimi piani di un cardo, l'acqua che cola cola cola, dimensione liquida (ma assai poco baumaniana) in cui svaniscono i personaggi e le loro sfide. Una danza sul vuoto che sfiora l'abiezione: è davvero «necessario» soffermarsi sui brandelli di grasso disciolto del ragazzino che fluttuano? Ci dice qualcosa in più dopo avere incatenato i protagonisti in un supplizio insostenibile - non sostenuto dalla recitazione di nessuno degli attori? E non si tratta di moralismo, no, perché il cinema della crudeltà, artaudiana magari, può avere una sua coerenza che non significa però semplicemente «compiacimento di sé». Non è politico, non rompe alcuno stereotipo: la metafora è qualcosa di più che una «bella immagine»." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 19 maggio 2017) "Il tentativo è ambizioso, coraggioso e a tratti fascinoso: trasfigurare in chiave fantasy il caso Di Matteo, che frequentando le scuole dell'isola per il casting i due registi hanno appurato essere ignoto a chi oggi ha tra i 13 e i 20 anni. E, siamo onesti, a molti più cresciuti. Dunque, scordarsi 'i commissari che nuotano e mangiano pasta alle sarde' (Montalbano, ndr), non lasciare alle fiction 'l'abuso delle vittime di mafia' e fare di genere virtù taumaturgica, di Giuseppe un nuovo ragazzo invisibile, tragicamente tale, con i superpoteri delegati all'immaginazione artistica dietro la macchina da presa e alla re-immaginazione sociale davanti allo schermo. (...) Insomma, le intenzioni non si discutono, anzi, si lodano, ma troppo in 'Sicilian Ghost Story' è sospeso, intorcinato, irresoluto: se l'impiego del genere è prezioso, l'utilizzo autorale che i due registi fanno del genere stesso è problematico. La drammaturgia per iterazioni, ellissi e evocazioni darebbe filo da torcere a Vladimir Propp, il celebre antropologo della 'Morfologia della fiaba' (1928), nonché lo darà ai giovani cui si destina bene 'Sicilian', bene 'Ghost', meno bene 'Story'. Anche qui non possiamo stupircene troppo: il cinema italiano oggi ha soggetti persino folgoranti, ma non le sceneggiature." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 19 maggio 2017) "Una favola nera per sanare una ferita, un atroce fatto di cronaca sublimato in chiave fantasy con tanto di fantasmi, orchi, foreste misteriose (...)" (Gloria Satta, 'Il Messaggero', 19 maggio 2017)

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