Sangue vivo2000

SCHEDA FILM

Sangue vivo

Anno: 2000 Durata: 95 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Edoardo Winspeare

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:MAURIZIO TINI PER SIDECAR FILMS & TV

Distribuzione:MIKADO - PABLO

ATTORI

Pino Zimba nel ruolo di Se stesso
Lamberto Probo nel ruolo di Donato
Claudio Giangreco nel ruolo di Giovanni
Alessandro Valenti nel ruolo di Luigi
Ivan Verardo nel ruolo di Ivan
Lucia Chiuri nel ruolo di Ada
Addolorata Turco nel ruolo di Madre di Pino
Morena Mighali nel ruolo di Morena
Edoardo D'Ambrosio nel ruolo di Edoardo
Anna Dimitri nel ruolo di Maria
Cinzia Marzo nel ruolo di Teresa
Antonio Carluccio nel ruolo di Uccio
 

MUSICHE

Officina Zoé
 

MONTAGGIO

Benedetti, Luca
 

SCENOGRAFIA

Balestra, Sabrina
 

TRAMA

Il film racconta il lacerante conflitto tra due fratelli che finisce in tragedia. Sangue vivo è quello che scorre al ritmo ossessivo con cui, da sempre si percuotono i tamburelli nel Salento, in Puglia. I salentini esprimono ancora oggi i loro sentimenti battendo il tamburello e danzando la "pizzica" fino a cadere in "trance". Con la musica ci si esprime, si comunica, si rende mansueta la forza oscura che alcuni sentono salire dolorosa e incontrollabile dentro di sè. Con la danza si corteggia. TRAMA LUNGA Nella provincia di Lecce vivono due fratelli: Pino, cinquant'anni, contrabbandiere, e Donato, trenta, musicista senza lavoro. La morte del padre è l'oscuro dolore che li tormenta: un incidente del tutto casuale ma del quale Pino si sente responsabile e a causa del quale Donato rifiuta di parlare con il fratello. Pino si arrangia con le sigarette, l'immigrazione clandestina di albanesi e altri lavoretti e mantiene tutti: la moglie, i figli, la vecchia madre, un'altra donna e Donato. Il suo sogno è quello di riuscire a mettere a frutto il talento musicale suo e del fratello per fare spettacoli e allontanare la presenza di malviventi e spacciatori. Ma Donato è debole e si rifiuta di suonare. Né la madre, né Teresa, la sua ragazza, riescono a motivarlo. Non ci riesce nemmeno Maria, la sorella, che è riuscita ad ottenere l'attenzione di un manager musicale per la band di Pino. Mentre Pino si esibisce con successo, Donato ricade nell'eroina e si fa coinvolgere in una rapina che lo trasforma in bersaglio della mafia locale. A questo punto Pino capisce che è necessaria una reazione estrema. Da un ulteriore viaggio a Valona porta una ragazza minorenne, si rifiuta di consegnarla e la fa tornare indietro. La mafia deve punirlo: un ragazzo gli spara e lo uccide. Anche Giovanni, il malavitoso, è colpito a morte. Ora Donato sa che deve cambiare vita e reagire.

CRITICA

"Con incastri ben dosati si seguono i vari episodi che insieme con la cornice, concorrono a disegnarci i singoli personaggi, quelli come Zimba che ancora sperano e si affannano, in casa, sul lavoro, fra la gente, quelli come l'altro fratello che invece stanno scivolando sempre di più su una china pericolosa sia per la droga sia a causa di pessime frequentazioni. Non potrà, dati i presupposti, mancare la tragedia finale. Forse troppo "detta" e con un sospetto di patetico, ma è il solo difetto di una costruzione narrativa in tutto il resto asciutta e abilmente distaccata, sostenuta da modi di rappresentazione egualmente votati al realismo dai sapori sempre immediati ma dimessi, privi di forzature e di compiacimenti. Li infiamma, trasformandosi quasi in uno stimolo per tutto il resto, quella "pizzica" cantata, ballata ed evocata dai tamburelli che sa ad ogni momento diventare il respiro dell'azione e la fisionomia stessa di quei personaggi di cui, con il racconto, si intendono privilegiare invece solo i gesti e non le psicologie." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 8 giugno 2000) "Buone notizie: tra gli scampoli di stagione arrivano alcuni dei film italiani più interessanti dell'anno, quelli che, nell'affollamento caotico delle sale, nei mesi 'caldi' di solito non trovano posto. E a dispetto di un finale che, per retorica, non è a tono 'Sangue vivo' di Edoardo Winspeare risalta per la forza del linguaggio cinematografico, la autenticità degli interpreti, la bella, robusta fotografia, il senso di realtà che ne emana eloquente come un'inchiesta giornalistica, preciso come un'indagine etnografica sul nuovo Sud". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 4 giugno 2000)

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