Rosencrantz e Guilderstern sono morti1990

SCHEDA FILM

Rosencrantz e Guilderstern sono morti

Anno: 1990 Durata: 117 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:GROTTESCO

Regia:-

Specifiche tecniche:NORMALE A COLORI

Tratto da:da un'opera teatrale di Tom Stoppard basata sull'"Amleto" di Shakespeare

Produzione:MICHAEL BRANDMAN, EMANUEL AZENBERG PER CINECOM ENTERTAINMENT

Distribuzione:PENTA DISTRIBUZIONE (1991) - PENTAVIDEO, MEDUSA VIDEO (PEPITE)

TRAMA

Rosencrantz e Guildenstern, due giovani amici del principe di Danimarca Amleto, viaggiano a cavallo verso il castello di Elsinore, dove il nuovo re Claudio, zio e patrigno del principe, li ha fatti chiamare d'urgenza. I due giovani ignorano il motivo della convocazione, ma i loro animi sono turbati ed essi parlano di morte mentre attraversano un bosco dagli alberi scheletriti, dove incontrano una compagnia di attori girovaghi, il cui capocomico, uomo colto e beffardo, offre loro un saggio delle varie capacità dei suoi compagni. Al castello Rosencrantz e Guildenstern sono accolti affabilmente dal re, che ordina loro di interrogare Amleto per scoprire qual'è l'affanno segreto che lo tormenta. Ingenui e assai sprovveduti, ascoltando per caso, non visti, un colloquio fra il vecchio ministro Polonio e la coppia regale, apprendono che Polonio crede la propria figlia Ofelia causa dell'infelicità del principe, perchè respinge il suo amore, ma la regina Gertrude afferma invece che i motivi sono la morte del padre e le nozze troppo affrettate fra lei e il cognato. I due giovani comprendono così che Claudio si è impossessato del trono del fratello, nonostante questi avesse un erede legittimo, Amleto, il quale è stato spodestato dallo zio. Poi incontrano finalmente il Principe, che li accoglie affettuosamente, ma riesce a far loro confessare d'essere stati chiamati dal re. Successivamente giungono i comici, e Amleto ordina loro di recitare davanti alla corte e ai sovrani "L'assassinio di Gonzago", e il re mostra un grande turbamento durante lo spettacolo, che fa interrompere bruscamente. Ormai Amleto è sicuro che suo padre sia stato assassinato dal fratello: solo i due giovani ospiti non hanno compreso ciò che hanno visto accadere. Poi Amleto, durante un colloquio con la madre, uccide per errore Polonio, nascosto fra i tendaggi, scambiandolo per il patrigno. Deciso a sbarazzarsi del nipote, il re Claudio incarica Rosencrantz e Guildenstern di accompagnare Amleto in Inghilterra, latori di una lettera per il sovrano del paese nella quale si richiede di uccidere il principe. Questi, che ha udito la lettura da parte di Rosencrantz, sostituisce la lettera con un'altra che decreta invece la morte dei due giovani. Costoro vengono impiccati mentre il principe torna in Danimarca per compiere la propria vendetta.

CRITICA

Sotto una ramificazione rigogliosa di episodi di buon impasto comico o drammatico, lo scheletro del film è robusto. (Francesco Bolzoni, L'Avvenire) Il film sta vicino al testo originale e questo forse è il suo problema centrale. Perchè il risultato è una sceneggiatura troppo verbosa per originare del buon cinema. (Tullio Kezich, Il Corriere della Sera) Un film che sotto certi aspetti è indubbiamente suggestivo. Un film compiuto solo in parte, ma un'operazione di certo intelligente. (Gian Luigi Rondi, Il Tempo) Di alta resa spettacolare è la recitazione di Gary Oldman, di Tim Roth, di Richard Dreyfuss, spiritosa è la musica elettronica di Stanley Meyers cui si accompagna quella dei Pink Floyd, e spesso suggestiva è la fotografia di Peter Biziou. Un film colto ed estroso che non assomiglia a nessun altro. (Giovanni Grazzini, Il Messaggero) L'operazione di Stoppard, originale e stimolante, tenta intelligentemente d'amalgamare le differenze tra il testo teatrale e il copione cinematografico. Richard Dreyfuss è l'ottimo, ambiguo e onnipresente capocomico. (Alfio Cantelli. Il Giornale) Il film girato in Yugoslavia non ha gran qualità specificamente cinematografiche, non offre un'interpretazione non accademica dell'"Amleto" di cui prende in prestito tanta parte, delude un poco e ogni tanto annoia. (Lietta Tornabuoni, La Stampa)

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