SCHEDA FILM

Qualcuno da amare

Anno: 1987 Durata: 112 Origine: USA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:-

Specifiche tecniche:NORMALE, DELUXE

Tratto da:-

Produzione:INTERNATIONAL RAIMBOW PICTURES, JAGFILM

Distribuzione:BIM DISTRIBUZIONE (1988) - DOMOVIDEO, MGM HOME ENTERTAINMENT (GLI SCUDI)

TRAMA

A Santa Monica, un magnifico cinema costruito nel 1911 deve essere demolito. Ne sono proprietari due fratelli, il minore dei quali lavora come regista e ha pensato di dare una festa nel locale sia in onore del fratello maggiore, arrivato sul posto, sia per filmare una serie di interviste. I rapporti tra i due fratelli non sono mai stati eccellenti: più intellettuale il regista, più pragmatico il secondo, Miky. Scapoli tutti e due, il regista intrattiene una relazione un po' pigra (e non per colpa sua) con una attrice, Ellen, l'altro ondeggia tra scetticismo e timidezza e, a parte qualche fugacissima avventura occasionale, è rimasto sempre solo e indeciso. Gli invitati all'incontro sono quasi tutti attori o comunque gente di spettacolo, in parte divorziati (le donne) e accettano di parlare di sé e delle proprie scelte di vita sul tema "perché si è soli". Vi sono Edith (una attrice di successo, ma infelice); Ellen, una bruna jugoslava immigrata negli Stati Uniti; un cantante; un compositore-pianista e molti altri: tutti soli, qualcuno almeno in apparenza rassegnato e coraggioso nel tirare avanti, le donne, in grandissima maggioranza, desiderose di avere un marito ed un figlio. Il regista pone domande stimolanti, riprende le singole confessioni e così, nel quadro della festa, forse anche il materiale per un film sulla solitudine è raccolto. Esso sarà dedicato ad Ellen per celebrare la festa di San Valentino, alla quale la donna tiene moltissimo fin dalla propria adolescenza. E un abbraccio tra i due, più tenero del solito, suggella la data, mentre Miky, che praticamente una volta di più non è riuscito a legare con nessuno, vede gentilmente, ma inequivocabilmente respinta la propria offerta di amore da parte di Edith, ormai decisa a rimettersi con il marito che ama tuttora. Alla fine, Orson Welles, che ha seguito ogni episodio dall'ultima fila di poltrone del fastoso teatro, riassume, tra frammenti di verità e boutades, il suo pensiero sulla tematica che il regista si era proposto di affrontare e trattare.

CRITICA

"Film insolito, memorabile soltanto per l'ultima apparizione di Orson Welles" (Tv Radiocorriere) "Jaglom è stato sempre un regista alternativo, fuori dagli schemi commerciali consueti e, troppo spesso, provocatorio a vuoto. In questo caso è riuscito a "catturare" Orson Welles nella sua ultima apparizione cinematografica. Il suo film sarà ricordato per questo."Francesco Mininni, Magazine italiano tv) "Il guaio - cinematograficamente parlando - sta nella maniera grezza con cui il materiale dell'indagine viene raccolto e impaginato (tra l'altro con visibili sviste e banalità di una regia e di un montaggio a dir poco disattenti) e nella impressione di un funesto raffazzonamento, per una costruzione tanto fragile, quanto fastoso è il teatro di posa. L'idea di un palcoscenico, sulle cui tavole gli attori vivano davvero la loro personale vicenda umana, non è poi certamente nuova: l'utilizzazione di uno stampo 'ad hoc' (il prestigioso teatro destinato ad essere abbattuto esso pure, anche come simbolo probabile) può contribuire a dare prospettive di successo sul piano filmico al tentativo del regista impegnato nella faticosa inchiesta. La lunga chiacchierata di Orson Welles, testimone del tutto e che manifesta bei pensieri (alcuni ovvii, altri magari validi e interessanti) funziona da sigla di chiusura di un film indubbiamente prolisso, un po' ambizioso ma - fatto raro - privo delle ambiguità e volgarità consuete, un film che fra tanti esseri solitari per natura, vocazione, paura o sfortuna, esclude curiosamente i rappresentanti del terzo sesso. Nel ruolo degli intervistati, il lavoro di Jaglom si avvale di interpreti più che notevoli per scioltezza di modi, sincerità espressiva e credibilità". (Segnalazioni Cinematografiche, Vol. 110, 1991). "Ambientato in un teatro della California il film è un cocktail di "cinemaveritè" e di finzione, un finto psicodramma con dialoghi spesso improvvisati. Ingegnoso e divertente con un Welles in forma." (Laura e Morando Morandini, Telesette)

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