Paul, Mick e gli altri2001

SCHEDA FILM

Paul, Mick e gli altri

Anno: 2001 Durata: 92 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Ken Loach

Specifiche tecniche:SUPER 16 GONFIATO A 35 MM (1:1.85)

Tratto da:-

Produzione:PARALLAX PICTURES, ROAD MOVIES, TORNASOL/ALTA FILMS, CHANNEL 4 TV, DIAPHANA, BIM, CINEART

Distribuzione:BIM

ATTORI

Joe Duttine nel ruolo di Paul
Tom Craig nel ruolo di Mick
Steve Huison nel ruolo di Jim
Dean Andrews nel ruolo di John
Venn Tracey nel ruolo di Gerry
Sean Glenn nel ruolo di Harpic
Andy Swallow nel ruolo di Len
Charlie Brown nel ruolo di Jack
Juliet Bates nel ruolo di Fiona
John Aston nel ruolo di Bill Walters
Graham Heptinstall nel ruolo di Owen
Angela Saville nel ruolo di Tracy
Clare McSwain nel ruolo di Lisa
Megan Topham nel ruolo di Chloe
Abigail Pearson nel ruolo di Eve
Charles Armstrong nel ruolo di John Wilson
Charlotte Hukin nel ruolo di Rose
Jamie Widowson nel ruolo di Michael
Nigel Harrison nel ruolo di Will Hemmings
 

SOGGETTO

Dawber, Rob
 

SCENEGGIATORE

Dawber, Rob
 

MUSICHE

Fenton, George
 

MONTAGGIO

Morris, Jonathan
 

SCENOGRAFIA

Johnson, Martin
 

COSTUMISTA

Hughes, Theresa

TRAMA

TRAMA BREVE Una squadra di ferrovieri di Sheffield accetta un'indennità speciale per "lavoratori dismessi" quando la British Rail viene privatizzata. Tutti loro tentano la sorte prestando servizio occasionale attraverso un'agenzia. Dopo un primo momento di ottimismo si rendono conto che la realtà è più dura del previsto e costringe a scelte dure. Tutti loro sono convinti che l'amicizia maturata in anni di lavoro comune sopravviverà e cercano di resistere ma poi ognuno farà scelte diverse a seconda della propria situazione familiare. Un incidente lungo i binari farà loro comprendere che la necessità di non perdere il lavoro li può costringere anche a mettere a rischio la vita di un amico. TRAMA LUNGA Inghilterra, 1995: in uno scalo ferroviario nel sud dello Yorkshire. Un giorno Harpic, il capo scalo, comunica a Paul, a Mick e al resto del gruppo che è stato deciso un cambiamento di proprietà: l'attività che loro svolgono esce dalle ferrovie dello Stato e passa sotto un'azienda privata con la formulazione di una nuova 'missione' operativa. Lo sbandamento é forte: si prospetta una situazione con paga a prestazione, ferie non retribuite e cure sanitarie non garantite. L'alternativa è dare le dimissioni, incassare subito l'indennità speciale prevista e diventare lavoratori occasionali al servizio di agenzie private. Dopo molte discussioni, Paul e John firmano per le dimissioni. Gli altri tre restano, ma vengono licenziati quando il reparto chiude. Restando tra loro in contatto, gli operai riescono ad essere ingaggiati per altri lavori: ma sempre si pone il problema dell'orario, del tipo di intervento richiesto, delle condizioni di sicurezza. Così, mentre sono intenti ad una operazione notturna tra la strada e la ferrovia, Jim si infortuna gravemente. L'infortunio però non può essere denunciato, e allora gli amici decidono di dire che é stato investito da una macchina. Qualche tempo dopo Jim muore. I compagni ne danno notizia a Gerry, che si era sistemato presso un'altra compagnia e poi in silenzio si allontanano.

CRITICA

Dalle note di regia: "Il passaggio da un posto fisso a una situazione di prestazione occasionale mette i lavoratori in condizione di competere l'uno con l'altro e in questo modo si distrugge la solidarietà. Ormai, in Europa, sta succedendo in tutti i settori. E' questo che mi interessa in modo particolare." "Anche se non è uno dei migliori Loach degli ultimi anni, conserva, intatta, la sincerità e la ruvida tenerezza dell'ultimo regista disposto a mettere in scena le classi lavoratrici. A paragone 'My name is Joe', le parti che riguardano il privato appaiono accessorie, un po' di maniera. Ma il film intende essere soprattutto un manifesto di denuncia raccontato attraverso alcuni casi emblematici e, in ciò, Loach coglie nel segno senza la minima ombra di ambiguità." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 4 settembre 2001) "Nella sua cronaca, piuttosto asciutta, poco emotiva e con qualche spunto umoristico, Loach illustra la 'deregulation' di un gruppo precedentemente omogeneo, cadute e tradimenti sempre in agguato, con una solidarietà che si fiacca e, a poco a poco, accetta dei compromessi. Anche gravi (...) Loach elenca prove di un disagio, constata le conseguenze della svolta. Ci convince razionalmente. Ma poco ci coinvolge. Come se la materia narrativa altre volte partecipata con tensione si fosse in lui come scolorita". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 4 settembre 2001) "Quale migliore occasione per la Mostra approdata all'ultima spiaggia della gestione di centrosinistra di suggellare con il Leone d'Oro una stagione significativa? Del resto il film è una spanna al di sopra dei migliori visti finora in concorso (...) Però Loach non è soltanto un regista al servizio delle verità sociali, possiede il dono di raccontare con sapienza drammaturgica, umorismo e pietà". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 4 settembre 2001) "La sostanza è amara, ma la struttura da commedia è quella del miglior Loach. Gag e battute a cascata, incredulità divertita degli operai, che sulle prime vedono il lato comico della faccenda, conseguenze drammatico-esilaranti sui precari equilibri domestici dei ferrovieri. Con tale dovizia di dettagli e di umanità che il film sembra scritto dai suoi stessi protagonisti". (Fabio Ferzetti, 'Il messaggero', 4 settembre 2001) "La forza, la sobrietà, il calore di Ken Loach sono ammirevoli, e facendo riflettere, chiarendo il significato di quanto accade, addolora profondamente". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 4 settembre 2001) "Dopo tanto girovagare (il Nicaragua, la Spagna della guerra civile, l'America delle ingiustizie), Loach torna al suo primo amore e ci racconta, con levità e ironia, la vita di un gruppo di addetti alla manutenzione delle ferrovie britanniche al tempo della privatizzazionie. Lotte sindacali e private, compromessi, dilemmi morali. Ken fa da sempre la cosa giusta e siamo felici che non si stanchi di lottare. Ma se provasse a raccontarci un'altra storia"? (Paola Piacenza, Io Donna, 8 settembre 2001).

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