SCHEDA FILM

Nozze in Galilea

Anno: 1988 Durata: 112 Origine: BELGIO Colore: C

Genere:DOCUMENTARIO, DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA

Tratto da:-

Produzione:MARISA FILMS,BRUXELLES- LES PRODUCTIONS AUDIOVISUELLES-PARIS

Distribuzione:ACADEMY PICTURES (1989) - DOMOVIDEO

TRAMA

In seguito a manifestazioni di forte protesta contro gli occupanti israeliani sorte in un villaggio arabo della Galilea, il governatore militare ha proclamato la legge marziale. Sono prossime le nozze del figlio del Mutkar Abou Adel, il capo-villaggio, che si fa un punto d'onore celebrarle con memorabile solennità, secondo la tradizione. Il Mutkar si reca quindi dal governatore e lo prega di sospendere temporaneamente il coprifuoco perché tutto il villaggio possa confluire liberamente alle nozze del figlio. La sospensione viene concessa, a patto che tutto si svolga entro 24 ore e che - ospiti d'onore alle nozze - vengano invitati con lui, tre suoi ufficiali, due uomini e una donna, e questo col segreto intento di spiare da vicino gli arabi per scoprire i piani di rivolta. Il Mutkar accetta perché nelle tradizioni arabe a una festa di nascita o di nozze sono ammessi anche i nemici. Ma quando rientra al villaggio e annuncia l'ottenuta concessione, con le condizioni poste dal governatore, non trova tutti concordi. Alcuni estremisti anzi congiurano - sia pure da maldestri - per eliminare il governatore e la sua scorta. Ha inizio la festa di nozze, con tutti i complicati rituali che la precedono e l'accompagnano, fino all'assurda attesa del "Ienzuolo-verità", attestante che la sposa è giunta vergine al matrimonio. Psicologicamente bloccato dall'atmosfera di crescente tensione che avverte intorno a sé e dall'anacronistico cerimoniale cui viene costretto, il giovane non riesce a unirsi all'amata, la quale salva in extremis la situazione macchiando da sé il lenzuolo e ponendo fine così alla festa e al rischio incombente di ben altro bagno di sangue.

CRITICA

"Un modo di raccontare, quello di Khleifi, attento a equilibrare tempi e ritmi in nome di una suspense proteiforme. L'astuzia del narratore sta nell'impedire a ognuno di questi fili di arrivare fino in fondo: essi infatti troveranno tutti la soluzione in una sola volta al termine, quando la tensione fra israeliani e palestinesi raggiunge l'apice. Il film però non si chiude con lo spegnimento dei fuochi della festa, in mezzo alle urla e alle minacce; la lunga fuga notturna di un bambino nella campagna investita di luce lunare ci porta ancora una volta - e sarà l'ultima - fuori da tutto il rumore del mondo. I suoi occhi guardano in alto ed egli, protetto dall'ombra di un ampio ulivo, invita tutti a guardare, per un attimo, il mondo con gli occhi del sogno, lontano dalle grida furenti di un popolo cui un giorno anche lui apparterrà a pieno titolo, ma che per ora può guardare con più innocente disposizione." (Gianmarco Pinciroli, 'Attualità Cinematografiche')

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