Monster2003

SCHEDA FILM

Monster

Anno: 2003 Durata: 111 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, POLIZIESCO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:CHARLIZE THERON, MARK DAMON, CLARK PETERSON, DONALD KUSHNER E BRAD WYMAN PER ZODIAC PRODUCTIONS INC., MDP WORLDWIDE, VIP 2 MEDIENFONDS

Distribuzione:NEXO (2004)

TRAMA

Aileen Wuornos è una prostituta. Un giorno, poiché un suo cliente tenta di usarle violenza, lei reagisce e per difendersi lo uccide. Il tentato stupro scatena in lei una reazione che la spinge, in seguito, a commettere altri omicidi. Ma il desiderio di Aileen è solo quello di essere amata, e l'unica via per la salvezza potrebbe essere l'amore di Selby, la sola che nella sua vita le ha dimostrato attenzione. Ma Aileen non è una donna fortunata e per trattenere Selby con sé diventa la prima donna serial killer. Condannata per l'omicidio di sette uomini, Aileen è stata poi giustiziata in Florida, dopo 12 anni di reclusione nel braccio della morte.

CRITICA

"A prima vista è il classico ruolo da Oscar. Quindici chili in più, protesi alla dentatura, ore di trucco per deturpare una bellezza sfolgorante con rughe e macchie della pelle. Poi il personaggio: non si contano più i film che iniziano con la scritta 'da una storia vera', ma questa è Aileen Wuornos, la prima serial killer donna, wow! C'era da temere il solito scandalismo che Hollywood oggi ammannisce in due varianti base: patinato-glamour (la peggiore), e sgranato-doloroso in stile finto indipendente. Invece 'Monster', debutto della giovane Patty Jenkins, premio Oscar largamente annunciato per l'irriconoscibile Charlize Theron, è un bel film. Serio, duro, rigoroso, un poco adagiato sulla protagonista, anche produttrice, ma tutt'altro che volgare e spesso notevole. I delitti in particolare, che iniziano per legittima difesa da uno stupro selvaggio, colpiscono per durezza, squallore, sottesa pietas. E se i clienti, chi più meno, sembrano lontani nipoti dei mostri fotografati da Diane Arbus, 'Monster' si schiera apertamente a fianco della Wuornos, vista come una psicolabile ma soprattutto come una vittima. Anche se la Jenkins sceglie uno sguardo fenomenologico molto anni Settanta, e prima di far luce sul retroterra socio-familiare di questa prostituta pluriassassina (giustiziata di recente) pensa bene di farci vedere il mondo attraverso i suoi occhi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 30 aprile 2004) "Sull'interpretazione della protagonista, che è la carta vincente di un film molto rispettabile, ci sarebbe da chiedersi se Charlize ha introiettato l'immagine di Aileen come l'ha vista nel documentario e tenta di restituirla in chiave neorealista; ovvero se si ispira ai vetusti canoni di Ermete Zacconi. E' difficile stabilire se siamo di fronte a una recitazione naturale o naturalista." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 1 maggio 2004) "Con un'audacia che concede poco alle seduzioni dello spettacolo, l'esordiente Patty Jenkins racconta la miseranda vita quotidiana della donna, facendo la cronaca di una discesa all'inferno. Ne presenta le azioni come quelle di un'eroina femminista e lo fa consapevolmente; al punto che il film, malgrado la regia classica (narrazione cronachistica, primi piani serrati sui volti), appare inaspettatamente controcorrente nel promana di un cinema americano più che mai ossessionato dal 'politically correct' (...) Ottimo lavoro di 'composizione' per Charlize: dopo pochi minuti dimentichi la trasformazione e la prendi per la vera Lee." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 30 aprile 2004) "Dalla vicenda terribile d'una emarginazione sociale, d'una vittima divenuta carnefice, la regista Patty Jenkins fa soprattutto una storia d'amore tra la prostituta Charlize Theron e la borghesoccia egocentrica e sfruttatrice in cerca di emozioni forti interpretata da Christina Ricci. (...) Troppo sentimentalismo, troppa ostilità verso gli uomini visti sempre come sopraffattori oppure come esseri ripugnanti. Ma le due attrici sono bravissime. E il film, apparentenente a suo modo a una tradizione realistico-melodrammatica del cinema americano (Aldrich, Ray), offre l'immagine di un'America senza riscatto, senza bellezza, senza uscita." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 1 maggio 2004)

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