SOGGETTO

La Rosa, Enzo

SCENEGGIATORE

Campanile, Achille
Doletti, Mino
Ojetti, Paola
Petroni, Guglielmo
Rivelli, Cesare
Veltroni, Vittorio

MUSICHE

Fillippini, Gino

MONTAGGIO

Rosada, Maria

SCENOGRAFIA

Mammì, Maurizio

TRAMA

Per effetto di stupidi pettegolezzi, Martino Lazzari, portiere di un albergo sulla Riviera Ligure, viene dalla voce pubblica designato come iettatore. Questa taccia ne fa in breve un perseguitato: non soltanto egli perde il posto, ma anche la sua figliola, ch'era impiegata, viene licenziata. Sulle prime, Martino si sente smarrito; ma poi decide di trar partito dalla situazione, vendicandosi dei suoi persecutori. Della iettatura egli fa addirittura una professione: apre uno studio e accetta le commissioni di clienti, che vogliono valersi del suo potere malefico a danno di nemici e concorrenti. Egli fa così buoni guadagni, mentre il terrore destato dalla sua presenza gli procura cospicui doni da chi, temendone il malefico influsso, vuole indurlo a star lontano. Quando l'intervento di Martino manda all'aria un colossale imbroglio, ordito dal suo antico padrone, i danneggiati trascinano Martino in tribunale, accusandolo di truffa. Ma il buon Martino può provare che i doni, ch'egli tiene ancora a disposizione dei donatori, gli sono stati offerti spontaneamente e che molti dei suoi avversari hanno tentato di servirsi di lui per danneggiare il prossimo. D'altra parte una buona e intelligente signora testimonia che, grazie ai suggerimenti di Martino, ha fatto una colossale vincita al gioco. Così Martino si trasforma automaticamente in un portafortuna.

CRITICA

"La trasposizione sullo schermo di una delle più note creazioni di Govi (...) è stata curata da De Mitri con la consueta diligenza e con quel senso dello spettacolo che egli ha sempre dimostrato nelle sue precedenti fatiche. Il film è divertente e nel suo complesso può essere catalogato nel novero della dignitosa produzione corrente". (Umberto Tani, "Intermezzo", 14/15, del 15 agosto 1953)