SCHEDA FILM

MARTA ED IO

Anno: 1990 Durata: 104 Origine: AUSTRIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:NORMALE, 35 MM

Tratto da:-

Produzione:IDUNA FILM PRODUKTIONGESELLSCHAFT, LE STUDIO CANAL+, PROGEFI, RAI DUE RADIOTELEVISIONE ITALIANA, TF1 FILMS PRODUCTIONS, ZWEITES DEUTSCHES FERNSEHEN (ZDF), OSTERREICHISCHER RUNDFUNK (ORF)

Distribuzione:ARTISTI ASSOCIATI INTERNATIONAL (1991) - 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT

TRAMA

Tornando nell'immediato dopoguerra e in divisa militare nel paese cecoslovacco dove abitò con lo zio Ernst Fuchs, il giovane Emil racconta del suo parente cui era molto legato, un ebreo céco, ginecologo ricco e stimato, molto affettuoso con lui, un ragazzo irrequieto, che la madre - una delle quattro sorelle del dottore - gli aveva inviato per raddrizzarlo un po'. Zio Ernst, sposato con una giovane ungherese, aveva divorziato per il tradimento della donna e poi aveva eletto al ruolo di moglie la domestica Marta, una grassona dal cuore d'oro, timida e proveniente da una modesta famiglia rurale tedesca. Malgrado tante differenze di condizione e cultura a cui lo zio non dava alcuna importanza, l'unione tra il medico e Marta, era stata più che felice. Emil ricorda le attenzioni in quel periodo così piacevole che a lui (detto "il signorino") riservava Marta. C'erano, tuttavia, sia la palese ostilità di sua madre e delle zie contro "l'intrusa", sia il disprezzo altrettanto chiaro di Werner, uno dei due fratelli di Marta, fiero delle proprie radici germaniche e fervente filonazista. Quando l'esercito di Hitler invade il Paese, la professione e l'esistenza di Ernst, cèco e soprattutto ebreo, sono minacciate. Dal momento che le sorelle ostacolano il suo desiderio di partire per un altro Paese, sgomente alla sola idea di lasciare la casa paterna per l'ignoto, Ernst voleva divorziare per salvare dalle prevedibili persecuzioni Marta e permetterle un altro destino, ma la moglie devota ed affezionata rifiutava di abbandonarlo. Separata a forza per mano dei fratelli Werner (ora ufficiale nazista) e Bertil, la donna resta isolata e disperata, per lanciarsi infine sotto un treno. Emil, ormai giovanotto, rivive sul posto ricordi, momenti e presenze di persone scomparse, delle quali l'invecchiato Bertil gli dà vaghe notizie.

CRITICA

"'Martha e io' è un film nobile e trepido, che sarebbe commoventissimo anche se il regista non si concedesse in sottofinale il ripasso inutile dei giorni felici. Tutto ha il sapore della cosa vista, i dialoghi sono intonati, non c'è traccia del senno di poi. Ma la vera magia nasce dalla combinazione chimica tra i due protagonisti, Michel Piccoli e Marianne Sagebrecht. Lui è sempre un attore di miracolosa semplicità e lei approdata a una vera storia di vita dopo le commedie ironiche di Percy Adlon, rende l'intera gamma del personaggio dall'imbranamento all'eroismo in quella che 'Variety' ha definito 'a winning performance'. E benché sia passato un anno, ai giurati e alle giurate, che non l'hanno fatto vincere all'ultima Mostra di Venezia, viene ancora voglia di tirare le orecchie." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 7 Agosto 1991) "Forse, rappresentandoci tutto questo, Weiss si tiene a modi un po' tradizionali con immagini accurate ma senza voli, scenografie, costumi, colori certamente attenti ma di tipo un po' convenzionale e con dei ritmi che, pur riflettendo le tensioni dei drammi quando esplodono, si adagiano un po' troppo, dando spazi dilatati ad ogni situazione, con un dono scarso di sintesi. Ma il sapore d'epoca c'è, le emozioni che suscitano tutti quei personaggi, specie là dove l'azione si stringe attorno a Marta, svelano non di rado una certa intensità e nonostante, dal punto di vista cinematografico, non si ritrovino più i fervori di altri film di Weiss come 'La tana del lupo', 'Giulietta, Romeo e le tenebre', 'La felce d'oro', questo ritorno a casa e al cinema di una vecchia gloria, pur un po' sottotono, riesce a convincere. Grazie anche a due interpreti di qualità sicure, non solo Michel Piccoli, che disegna il carattere dello zio con le sue finezze abituali, sempre in equilibrio fra bonarietà e dolore, ma soprattutto, come Marta, l'ormai notissima Marianne Sagerbrecht, senza più le malizie dei film di Percy Adlon, ma con una autenticità costante di espressioni e di modi: specie quando, da domestica rozza e contadina, si trasforma, sempre un po' goffa ma degna, in una borghese rispettabile. Con un gran cuore che sa mettere bene tutto in mostra." (Gian Ligi Rondi, 'Il Tempo', 9 Agosto 1991) " 'Marta ed io' ha almeno due carichi da briscola in mano. Il primo è il duetto Sagebrecht-Piccoli. Reduce dalle commedie di Percy Adlon, la cicciona schermica più simpatica di questa a 'fin de siècle' ha qui un personaggio che le permette di sfoderare tutta la gamma della sua arte recitativa, dal leggero al tragico. Il fatto che le impedisca di rubargli tutte le scene in comune è la prova della sorniona bravura di Piccoli. Il film è, infine, anche un catalogo delle diverse forme che può assumere il razzismo, inteso come paura e disprezzo del diverso, come costrizione a rinchiudere l'individuo nella sua appartenenza biologica o storica." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 3 Agosto 1991)

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