SCHEDA FILM

MAMMA, HO PRESO IL MORBILLO

Anno: 1997 Durata: 106 Origine: USA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:JOHN HUGHES, HILTON GREEN.

Distribuzione:FOX - 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT

TRAMA

Un microchip di un computer contenente piani segreti è stato portato via dal Dipartimento americano della Difesa. La banda di criminali internazionali che ha portato a termine il colpo cerca di rivendere l'oggetto sul mercato nero per molti milioni di dollari. Intanto il prezioso bottino è stato nascosto all'interno di un'automobile giocattolo e da lì finisce nelle mani di Alex Pruitt, un bambino di otto anni. Alex vive in un tranquillo sobborgo di Chicago con i genitori e i fratelli più grandi. La mamma lavora, rimane spesso fuori casa, e così fa il padre. La mamma però avverte la necessità di stare più vicino al piccolo e, quando il suo capo le offre un 'occasione importante di lavoro che non può assolutamente perdere, dice al figlioletto che starà fuori per poco tempo. Intanto quattro spie arrivano nel quartiere alberato e mettono in atto sofisticati sistemi per recuperare il microchip. Alex è solo in casa ma non si perde d'animo. Progetta una strategia di difesa attenta e minuziosa che a poco a poco scoraggia le spie. Alla fine arriva l'FBI, i malviventi sono catturati e la preziosa refurtiva recuperata. Torna a casa la mamma e, dall'aeroporto, anche il padre. Per loro, come ricompensa, c'è un assegno con cifra a sei zeri. In carcere, i banditi si fanno le foto rituali, e sono un po' stralunati dalla inattesa esperienza.

CRITICA

"Mamma, ho perso Macaulay. L'attore-marmocchio che interpretò i primi due episodi è ormai adolescente e dunque inservibile come fanciullo prodigio. (...) Ma all'appello di questo tardivo e superfluo sequel prodotto, come gli altri, da John Hughes mancano altre essenziali componenti: il mestiere hollywoodiano del regista Chris Columbus, la presenza disturbata di Joe Pesci e, soprattutto, quel minimo di implicazioni sociologiche che caratterizzava i capitoli precedenti. Qui tutto è più edulcorato, più malleabile, più meccanico anche se a tratti divertente e, come sempre mutuato dall'estetica e dall'etica dei cartoni animati". (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 18 febbraio 1998) "Si può ridere, ci si può anche divertire, specie se al cinema ci si va con figli e nipoti. Il testo, come d'uso, alterna con tutte le furbizie necessarie le piccole tensioni alle piccole beffe, i caratteri delle spie anche se tagliati un po' con l'accetta, si inseriscono abbastanza bene nella struttura narrativa sotto tanti aspetti già nota, e la regia dell'esordiente Raja Gosnell, che ha comunque il merito di esser stato il montatore dei film precedenti, è sempre svelta e sciolta quel tanto che serve per rendere dinamica ed agile un'avventura che, secondo il cliché, si dipana quasi soltanto nell'interno di una casa. Quanto al nuovo, piccolo protagonista, non direi che possa far rimpiangere Macaulay Culkin: ha l'aria furbetta che ci voleva, sa sorridere con grinta, sa muoversi con tutte le infantili crudeltà tipiche del suo personaggio e non perde mai un colpo: evitando le sdolcinature. Gli altri, attorno, stanno tutti al gioco, specie quel quartetto di spie che sembra uscito da un cartoon (o da una comica muta)". (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 3 febbraio 1998)

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