Lo spazio bianco2008

SCHEDA FILM

Lo spazio bianco

Anno: 2008 Durata: 98 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Francesca Comencini

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:tratto dall'omonimo romanzo di Valeria Parrella (ed. Einaudi)

Produzione:DOMENICO PROCACCI E LAURA PAOLUCCI PER FANDANGO IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA, CON IL SUPPORTO DELLA FILM COMMISSION CAMPANIA

Distribuzione:01 DISTRIBUTION (2009)

ATTORI

Margherita Buy nel ruolo di Maria
Gaetano Bruno nel ruolo di Giovanni Berti
Giovanni Ludeno nel ruolo di Fabrizio
Antonia Truppo nel ruolo di Mina
Guido Caprino nel ruolo di Pietro
Salvatore Cantalupo nel ruolo di Gaetano
Maria Pajato nel ruolo di Magistrata
 

SOGGETTO

Valeria Parrella
 

MUSICHE

Tescari, Nicola
 

MONTAGGIO

Fiocchi, Massimo
 

SCENOGRAFIA

Comencini, Paola

TRAMA

Maria ha più di quarant'anni ma non li dimostra, insegna in una scuola serale, è una donna libera, dinamica. Ha l'arroganza di chi ha superato la condizione di partenza con la determinazione, china sui libri che le hanno permesso di stabilire le sue certezze tra un padre rigidamente comunista e una madre cattolica. Quando al sesto mese di gravidanza Maria partorisce una figlia che, come le dice il medico, "potrebbe morire subito, o sopravvivere con gravi handicap, oppure stare bene, lei lo sa?" è messa di fronte alla necessità di colmare il vuoto tra il tempo canonico della gravidanza e quello dell'avvenuta nascita della figlia. Maria allora scopre che quello che non sa proprio fare è aspettare. Tenta di farlo, soprattutto leggendo libri, strategia che conosce bene e che le ha sempre permesso di isolarsi dal resto del mondo. Ma questa volta è proprio la lettura che rischia di mettere in crisi le sue certezze, la sua identità. Intanto intorno a lei continua la sua corsa la città, che si percepisce attraverso la scuola serale o gli avvenimenti all'ospedale. Maria arriva a rendersi conto che il suo consueto spazio bianco è ormai svuotato e che la vita vera non è quella che lei finora ha visto da lì. E poi che cosa significa davvero vivere? Non resta che l'attesa, che è tutta sua, a cui forse vale la pena di addestrarsi.

CRITICA

"Tratto dal bel romanzo di Valeria Parrella (Einaudi), 'Lo spazio bianco' di Francesca Comencini poteva cadere nel sociologico, invece una regia attentissima e inventiva, il montaggio che accelera e rallenta, sottolinea e nasconde creando continuamente pieni e vuoti, una Margherita Buy indurita e molto efficace, come tutto il cast, ci danno un quadro fedele, palpitante e come in soggettiva della "società liquida" in cui viviamo e di quell'incrinatura nei rapporti fra i sessi che è fra i dati più vistosi di questi nostri anni. Un film da vedere e rivedere." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 09 settembre 2009) "Margherita Buy oltre Margherita Buy: ecco lo scoop del film di Francesca Comencini. Proprio perché la protagonista di 'Lo spazio bianco' sembra di primo acchitto un concentrato delle abusate inclinazioni dell'attrice, colpisce la ricchezza di sfumature che la rendono via via più fascinosa e intensa e soprattutto perfettamente rispondente allo spirito del romanzo originario di Valeria Parrella. Nel complesso il film può dirsi ambivalente: dal punto di vista del cruciale rapporto che si sviluppa tra la quarantenne madre single e la figlia nata prematura e tenuta in vita dall'incubatrice, stile e forma si armonizzano con drammatica pregnanza; da quello, al contrario, del cosiddetto sottotesto ci si ritrova ai soliti italici termini. La coppia Comencini/Buy è efficace, insomma, nel dare colore e movimento a un racconto che sarebbe potuto diventare monotono e deprimente, esplorando con cognizione di causa e sincero trasporto l'oscura suspence che si crea tra l'insopprimibile desiderio di maternità e i dubbi, le scelte, le contraddizioni delle ragazze e delle donne contemporanee di ogni ceto. Peccato che all'esterno della protagonista, attestata in ospedale e immersa come in una dolorosa trance per accudire con lo sguardo la bimba in lotta per la sopravvivenza, agiscano melense o immotivate figurine sparpagliate su una Napoli da cartolina forse incongruamente favolistica, forse clamorosamente travisata." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 09 settembre 2009) "Per portare sullo schermo il libro di Valeria Parrella 'Lo spazio bianco', Francesca Comencini opera un piccolo ma significativo scarto rispetto al romanzo, trasformando l' esperienza sostanzialmente privata di una donna a cui nasce una figlia al sesto mese di gravidanza in una storia più dichiaratamente pubblica dove le angosce e le paure di una madre diventano occasione per riflessioni più generali, sulla condizione della donna, sulla latitanza degli uomini, sull' arretratezza della burocrazia, sul rapporto medici-pazienti. Non che queste cose non ci fossero (più o meno) anche nel libro, ma nel film diventano i momenti che scandiscono il tempo che la donna deve far trascorrere prima che alla piccola venga staccato il respiratore artificiale. Così, coerentemente con l' andamento un po' ondivago degli avvenimenti, la Comencini adotta uno stile di riprese molto spoglio, dove il percorso temporale perde la sua linearità mentre i silenzi prendono il posto delle parole. Una scelta che si regge soprattutto grazie all' ottima prova di Margherita Buy, «primipara attempata» a cui l' attrice sa dare quella carica di rabbia trattenuta e di rassegnata infelicità che identificano il suo personaggio. E che fanno passare in secondo piano qualche momento di esagerata «poesia» (il ballo delle madri tra le incubatrici), qualche facile sottolineatura sociologica e soprattutto un uso delle musiche invasivo e fastidiosamente accattivante." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 09 settembre 2009) "Non era facile riempire gli spazi bianchi che la scrittura può risolvere senza gli impacci del cinema, con la convenzione dei suoi 90 - 100 minuti dentro ai quali deve succedere e deve progredire qualcosa. Malgrado i dubbi la sfida è alta ammirevole." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 09 settembre 2009) "È: un'opera fuori del comune, intensa, tutta interiore, toccante, alla quale Buy non soltanto dà una speciale eloquenza, ma regala con la sua interpretazione un dinamismo nervoso che sostiene tutta la vicenda: è uno dei rari casi in cui il film sopraffà il romanzo (di Valeria- Parrella, Einaudi) da cui deriva". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 09 settembre 2009) "È legittimo leggere 'Lo spazio bianco' come un'allegoria delle donne dell'Italia di oggi: donne in attesa - di rispetto, identità, ruolo sociale - ma capaci di lottare, di tramandare solidarietà e cultura (non è un caso che Maria sia un'insegnante). Ma è soprattutto una toccante storia di amore materno. Margherita Buy è fantastica. Sappiamo da anni che è brava, ma qui si supera. Se il film fosse americano, vincerebbe l'Oscar a mani basse." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 09 settembre 2009) "Mattatrice circondata da un buon cast, Margherita Buy si affida a una sceneggiatura che, nonostante alcune ridondanze, è scritta per emozionare e coinvolgere nel personale passo freddo della Comencini." (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale', 09 settembre 2009) "Fedele in buona sostanza al libro omonimo di Valeria Parrella, Francesca Comencini porta al concorso di Venezia questo suo 'Spazio bianco', interpretato da Margherita Buy nelle vesti di Maria. (...) 'Lo spazio bianco' è un film femminino sulla maternità e sulla sospensione dell'esistenza che questa porta con sé." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 09 settembre 2009) "Tratto dal romanzo omonimo di Valeria Parrella, il film 'tradisce fedelmente', per dirla con le parole della scrittrice, il libro (...) Girato a Napoli, diretto da Francesca Comencini, il film avrà quel successo che le storie di donne hanno sempre presso il pubblico femminile." (Stelio Solinas, 'Il Giornale', 09 settembre 2009) "Il risultato convince fino alla composizione (in termini sempre asciutti, comunque), ma forse non si sarebbe totalmente raggiunto se nel personaggio di Maria con ci fosse Margherita Buy. Forte, segnata, mobilissima nella mimica, spesso impetuosa nei gesti, non poteva darci di più. Superando se stessa." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 09 settembre 2009) "È un duetto vertiginoso e napoletano tra lei e l'incubatrice dalla quale sua figlia, nata troppo prematuramente, potrebbe non uscire mai viva. Maria, colta, single, frequentatrice di cineclub alla Viganò, dopo la fine di una intensa storia con un jazzista blasé, insegnante sballottata di qua e di là perché impegnata nel sociale, che scolarizza immigrati e anziani, utilizza infine un amore che già sa effimero, tra un dancing e un film uzbeko, per avere, con non poche sofferenze, la sua, solo la sua bambina Irene. Sarà, quella sofferenza, iniziata per la verità con incosciente indifferenza, la punizione che, secondo una burocrazia ancora medievale merita una maternità autarchica, leggera, irregolare, illegittima, quasi «clandestina», come scoprirà all'anagrafe?" (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 09 settembre 2009)

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