SCHEDA FILM

LO SCAMBISTA

Anno: 1986 Durata: 96 Origine: OLANDA Colore: C

Genere:GROTTESCO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA

Tratto da:DAL ROMANZO OMONIMO DI JEAN PAUL FRAUSSENS

Produzione:STANLEY HILLEBRANDT PER JOS STELLING FILM PRODUKTIES

Distribuzione:MIKADO FILM (1988) - GALA FILM INTERNATIONAL VIDEO, GENERAL VIDEO, SAN PAOLO AUDIOVISIVI

TRAMA

In una sera nevosa, una bellissima donna scende da un treno che appare vuoto e che si ferma per pochi secondi. Deve essere caduta in errore, poiché presso ai binari c'è solo una bicocca - sperduta in una plaga senza vita - e là non vi abita che lo scambista. Lei parla francese, lui solo un misto fra tedesco e fiammingo ed ogni spiegazione è - e resterà - impossibile. L'uomo è tetro, chiuso e rude; per dormire alla meglio lei non ha, dapprima, che una poltrona, dove pensa di adattarsi per attendere il prossimo treno. Tutto le appare squallido e miserabile. Sul posto giungeranno nei giorni successivi solo il postino - per portare la paga allo scambista - e due ferrovieri a bordo di un minuscolo convoglio-navetta. L'apparizione della sconosciuta trasforma l'esistenza dello scambista: dapprima irritata e impaurita, la donna è obbligata dalle circostanze a sopravvivere in maniera sia pure elementare, mentre lui si ingentilisce un poco, sempre chiuso, tuttavia, nel suo cupo mutismo. Quando il postino - un giovanottone che ha fiutato la facile avventura - tenta un approccio, l'altro armato di fucile lo uccide, seppellendone poi alla meglio il cadavere. Passano giorni e settimane, nel silenzio e in una sorta di abulia che, poco a poco, si è impossessata della viaggiatrice. Poi il treno arriva per l'ultima volta ed è allora che lei cede allo sguardo dell'uomo ed alla richiesta che palesemente vi si legge, concedendosi a lui, per una felicità che egli mai ha provato. Con le sue valigie e avvolta nel mantello rosso, la sconosciuta sale sul vagone e sparisce per sempre. Allo scambista non rimane che ululare nella sua solitudine, ormai diventata intollerabile, sdraiarsi nel suo tugurio su di un giaciglio di muschio odoroso e lasciarsi morire. Di quella straordinaria e irreale avventura restano a lei, nel palmo della mano, un piccolo verme, un animaletto dei tanti della brughiera e, nel ventre, il germe di una nuova vita.

CRITICA

"Tarkowskij e Buster Keaton, un para-horror condensato nella fissità e reso astratto e atemporale dal voluto difettare dei dialoghi, lo scambista mima le forme del cinema muto commentato da una colonna sonora di suoni, di voci, di melodie, di rumori esenti dal verbale armonioso, grottesco talvolta pittorico, ecologico, apologo non proprio femminista sull'empietà dell'erotismo, il film si consuma nell'estenuante formalismo delle immagini, nelle geometrie calcolate della rappresentazione, nella recitazione teatrale risolta tra avanguardia e mimo. L'olandese Jos Stelling costruisce un cinema artefatto, singolare eppure non folgorante, un cinema tardo-bergmaniano che prima di stupire produce indifferenza, che si adagia sull'intelligenza dello spettatore stimolando una curiosità distante come quella che si prova di fronte ad un congegno perfetto e minuzioso." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 31 marzo 1988) "'Lo scambista' fu presentato, con notevole successo, al festival di Venezia del 1986. Arriva solo adesso ed è persino più fortunato dei precedenti film dell'olandese Jos Stelling, praticamente sconosciuto al cinema italiano. Il tema ricorrente di Stelling è l'incomunicabilità. Tutto divide la gente: il linguaggio, le differenze sociali, l'età, persino il sesso. 'Lo scambista' ammassa tutte le divisioni possibili nell'incontro (??) Il film è da tre stellette abbondanti. Come tutto il cinema che conta, è fruibile su almeno due piani. Come metafora sull'impossibilità dei rapporti. E come cupo dramma della claustrofobia (e che c'è di più claustrofobico di una barriera che nemmeno il sesso riesce a superare?)." (Giorgio Carbone, 'La Notte', 11 agosto 1988) "Soprannominato 'il Fellini di Utrecht' per il suo cinema grottesco e dolente, Jos Stelling (di lui in Italia abbiamo già visto, fugacemente, 'Marika degli inferni' e 'Il giardino delle illusioni') con 'Lo scambista' suggerisce (utilizzando stilemi che vanno dal cinema muto a Tarkowskij, a Keaton) una disincantata e allucinata metafora sul rapporto uomo-donna, che trova la piena espressività nel contrappunto fra le psicologie dei personaggi e i colori (il continuo evocare il sangue attraverso i liquori); fra la quiete esasperata fino all'astrazione, e la sublimazione del dolore: una specie di mélo che trova nel grottesco, nell'horror, nell'estenuante formalismo, nel realismo degradato, la condanna dell'erotismo come annullamento esistenziale." (Vittorio Spiga, 'Il Resto del Carlino', 20 aprile 1988)

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