Lo chiamavano Jeeg Robot2015

SCHEDA FILM

Lo chiamavano Jeeg Robot

Anno: 2015 Durata: 112 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:AZIONE, COMMEDIA, FANTASY

Regia:Gabriele Mainetti

Specifiche tecniche:ARRI ALEXA/BLACK MAGIC POCKET CAMERA/BLACKMAGIC MFT 2.5K/CANON 5D/GOPRO HERO 3 BLACK/RED-MYSTERIUM X/RED SCARLET CAMERA, APPLE

Tratto da:-

Produzione:GABRIELE MAINETTI PER GOON FILMS CON RAI CINEMA

Distribuzione:LUCKY RED (2016)

ATTORI

Claudio Santamaria nel ruolo di Enzo Ceccotti
Luca Marinelli nel ruolo di Zingaro
Ilenia Pastorelli nel ruolo di Alessia
Stefano Ambrogi nel ruolo di Sergio
Maurizio Tesei nel ruolo di Biondo
Francesco Formichetti nel ruolo di Sperma
Daniele Trombetti nel ruolo di Tazzina
Antonia Truppo nel ruolo di Nunzia
Salvo Esposito nel ruolo di Vincenzo
Gianluca Di Gennaro nel ruolo di Antonio
 
 
 

COSTUMISTA

Montalto, Mary

TRAMA

Enzo Ceccotti entra in contatto con una sostanza radioattiva. A causa di un incidente scopre di avere un forza sovraumana. Ombroso, introverso e chiuso in se stesso, Enzo accoglie il dono dei nuovi poteri come una benedizione per la sua carriera di delinquente. Tutto cambia quando incontra Alessia, convinta che lui sia l'eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot d'acciaio.

CRITICA

"Quasi spaventato della propria originalità, il film si adagia sui binari prevedibili (del genere) e cerca un cammino più facile e scontato. Dispiace ma si tratta di un peccato veniale, in parte spiegabile col «giovenil furore» di un esordiente che deve ancora metabolizzare come meno, al cinema, spesso vuol dire meglio." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 23 febbraio 2016) "(...) è il primo supereroe riuscito, cioè socialmente, e psicologicamente credibile, del cinema italiano dopo 'Il ragazzo invisibile' di Salvatores. Opaco e così infarcito di buone intenzioni da risultare costruito come l'eroe di un 'Cuore' postmoderno. Tutt'altra musica in 'Lo chiamavano Jeeg Robot', che dichiara fin dal titolo il debito ironico con le mitologie pop, più o meno degradate e riadattate per uso locale, come tutte le vere mitologie (...). Se il regista milanese infatti tentava il racconto di formazione d'ambiente borghese, il romanissimo Gabriele Mainetti, classe 1976, gioca invece la carta del film d'azione in ambiente sottoproletario, da sempre il più creativo in materia (i soprannomi che circolano in qualsiasi bar capitolino provano che Roma digerisce e rielabora a modo suo qualsiasi cultura o sottocultura). Con un gusto per la parodia che non esclude l'adesione sentimentale ai suoi antieroi di periferia e alla loro visione del mondo. Niente tutine lucenti però, né voli sulla metropoli o altre pacchianate. (...) Quella è roba buona per la Marvel. A Mainetti, al primo film dopo molti e premiati corti, bastano i 'mostri' di casa nostra. (...) mentre il Ceccotti si scopre dotato di forza erculea (...), ecco il mucchio selvaggio dei comprimari. Un bandito mitomane truccato stile Rocky Horror Picture Show, che adora Anna Oxa e Loredana Bertè (Luca Marinelli, sempre fantastico ma fin troppo divertente per fare davvero paura). Una coattella mezza matta (...) l'inedita e bravissima Ilenia Pastorelli, vera carta vincente del film con lo strepitoso e inquartato Santamaria (...). Il tutto con gag gaglioffe e spesso irresistibili (tipo la ricerca del dito mozzato), perdonabili lungaggini (90 minuti erano meglio di 112), molte facce vere e ben scelte perché c'è pure un sottotesto politico. Applauditissimo alla Festa di Roma, ha tutti i numeri per vincere anche fuori casa." (Fabio Ferzetti, "Il Messaggero", 25 febbraio 2016) "Classe 1976 e dunque 'nativo' della generazione che si è nutrita di fumetti e cartoni giapponesi, e soprattutto attraverso il filtro delle edizioni italiane con le loro sigle divenute oggetto di piccoli culti pop, l'autore Gabriele Mainetti ha fatto quasi tutto per il suo primo lungometraggio, anche la musica. Realizzando con originalità di sguardo una fantasia di confine tra generi e stili." (Paolo D'Agostini, "la Repubblica", 25 febbraio 2016) "Considerato la piaga di corruzione che infetta Roma (...) un supereroe dei Sette Colli non viene male. E pazienza se a rivestirne i panni è il ladruncolo di periferia Enzo Ceccotti (...). Un Accattone con i superpoteri? Perché no, la sfida vinta dell'esordiente Gabriele Mainetti (e dagli sceneggiatori Nicola Guaglianone e Menotti) è quella di un film artigianale, cucito a mano come la bizzarra maschera di Jeeg, che coniuga l'immaginario delle animazioni giapponesi tv viste nell'infanzia al mondo poetico di Pasolini, il cantore delle borgate. Facendo buon uso di un budget modesto; e scegliendo interpreti indovinatissimi fra cui l'inedita Diana Pastorelli. Ingrassato di venti chili per conferire al personaggio non tanto l'idea di forza fisica, quanto un non so che di sonnacchioso, immobile, rassegnato, Claudio Santamaria si produce nella sua migliore interpretazione dimostrando di aver ben capito che di questa storia in buona sostanza intimista, il cuore di Enzo è il cuore." (Alessandra Levantesi Kezich, "La Stampa", 25 febbraio 2016) "Da Bim Bum Bam a Tor Bella Monaca. Con tanto di superpoteri. C'è un percorso a ostacoli da attraversare prima di concepire un'operazione stracult come 'Lo chiamavano Jeeg Robot', il folgorante esordio del romano Gabriele Mainetti, che solo in pochi ricordano recitare ventenne con Elio Germano ne 'Il cielo in una stanza' di Carlo Vanzina. Anzitutto, serve crescere coi cartoni dei supereroi giapponesi, immergersi nel coattume delle periferie romane e mescolarvi immaginari criminali e western all'italiana. Ma soprattutto serve una buona dose di talento cinematografico per mettere in piedi un film già fenomeno alla Festa di Roma lo scorso ottobre (...). Ritmo, comicità, mélange di generi e tanto gusto 'di borgata' in questa commedia-fantasy metropolitano fresca e innovativa. Al punto che a visione ultimata sarà lecita solo una domanda: a quando il sequel?" (Anna Maria Pasetti, "Il Fatto Quotidiano", 25 febbraio 2016) "Piacerà anche se non è quella meraviglia che hanno favoleggiato al Festival di Roma. Mainetti ha comunque capacità e inventiva. Capacità di far sembrare ricco un film oppresso da uno scarso budget. E di dare costante zenzero al film con tante trovate non dozzinali."(Giorgio Carbone, 'Libero', 25 febbraio 2016) "L'Italia sta attraversando un ottimo momento ispirativo. Dopo il ciclone Zalone e il meritato successo di 'Perfetti Sconosciuti', arriva questa opera prima di Gabriele Mainetti (segniamoci il suo nome), sorprendente per intuizioni, freschezza di idee, bravura del cast (stunt compresi). Oltretutto, su un tema del tutto «americano» come quello dei supereroi, genere nel quale, dopo il positivo 'Il ragazzo invisibile' di Salvatores, dimostriamo di avere molto da dire, magari coniugandolo ad un modo un po' coatto di raccontare le cose, ma senza sacrificarlo all'intrattenimento puro che è poi la vera forza di questa bella pellicola. (...) un meraviglioso Claudio Santamaria (...) un perfetto Luca Mannelli, villain da incorniciare (...) bravissima Ilenia Pastorelli (...). Dell'uomo qualunque investito da superpoteri è piena la storia dei fumetti, ma questa versione tutta italiana, grottesca e disincantata, girata con budget ridotto (ma non si vede) sembra la più vera di tutte. Anche qui, colpa e redenzione fanno parte del percorso del protagonista, ma senza quei tratti un po' snob, da occhio schiacciato alla critica, che li rendono indigesti al grande pubblico. Il meccanismo, nella sua semplicità, funziona alla meraviglia. Una lezione di cinema che dimostra come non servano grandi mezzi per realizzare ottimi film. Occorrono coraggio, idee e persone capaci di realizzarle." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 25 febbraio 2016) "L'opera prima di Gabriele Mainetti è un interessante tentativo di affrontare con sguardo diverso il genere superoistico affidando a Claudio Santamaria il ruolo di un uomo invulnerabile alle prese soprattutto con la propria miseria umana. Meno riuscito nella seconda parte che scivola nel cliché dello scontro tra due supereroi, uno buona l'altro cattivo, il film tuttavia indica una strada diversa da quella a cui ci hanno abituato tante pigre commedie italiane." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 26 febbraio 2016) "Non è il primo superhero italiano, ci ha già pensato Salvatores con 'Il ragazzo invisibile', e come superman il coatto di Tor Bellamonica Enzo Ceccotti (un formidabile Santamaria) è sveglio quanto un bradipo, ma è un personaggio sorprendente, convincente, tra le varie ciofeche del cinema italiano. (...) Tra falansteri di cemento, iper-duelli da Hollywood a misura di emarginati reali e un fiume onirico che ricorda le acque di Jean Vigo, l'esordiente Mainetti (...) lambisce un curioso limite tra modelli blockbuster e neorealismo d'attualità. Un preciso sfondo di amarezza dei destini si legge nelle scenografie, punto forte di omogeneità. Convenzionale, ma forse inevitabile nel genere, il finale (...)." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 26 febbraio 2016)

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