L'Intrusa2017

SCHEDA FILM

L'Intrusa

Anno: 2017 Durata: 95 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Leonardo Di Costanzo

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:TEMPESTA/CARLO CRESTO-DINA IN COPRODUZIONE CON RAI CINEMA, IN COPRODUZIONE CON AMKA FILMS PRODUCTIONS, CAPRICCI, RSI RADIOTELEVISIONE SVIZZERA, ZDF-DAS KLEINE FERNSEHSPIEL/ARTE

Distribuzione:CINEMA DI VALERIO DE PAOLIS

ATTORI

Raffaella Giordano nel ruolo di Giovanna
Valentina Vannino nel ruolo di Maria
Martina Abbate nel ruolo di Rita
Anna Patierno nel ruolo di Sabina
Marcello Fonte nel ruolo di Mino
Gianni Vastarella nel ruolo di Giulio
Flavio Rizzo nel ruolo di Vittorio, preside
Maddalena Stornaiuolo nel ruolo di Carmela, vedova Crispello
Riccardo Veno nel ruolo di Sessa
Emma Ferulano nel ruolo di Claudia
Giovanni Manna nel ruolo di Tommaso
Vittorio Gargiulo nel ruolo di Ciro
Alessandra Esposito nel ruolo di Ernestina
Flora Faliti nel ruolo di Raffaella, nonna di Ernestina
Francesca Zazzera nel ruolo di Patrizia, mamma
Maria Noioso nel ruolo di Bianca, mamma
Christian Giroso nel ruolo di Amato
Carmine Paternoster nel ruolo di Amitrano
 
 

SCENOGRAFIA

Servino, Luca
 

COSTUMISTA

Buscemi, Loredana

TRAMA

Giovanna, settantenne dinamica e combattiva, è fondatrice del centro associativo e ricreativo "la Masseria" a Napoli, che si occupa d'infanzia a rischio, ma che è anche un luogo a riparo e alternativo alle logiche mafiose del quartiere circostante. Una giovane madre Maria, giovanissima moglie di un killer arrestato per l'omicidio di un innocente, occupa con i suoi due bambini, una casupola abbandonata all'interno del centro. La loro presenza provoca malcontenti e ostilità tra i genitori e insegnanti che mettono a rischio l'esistenza stessa del centro. Ma la scelta di Giovanna è più difficile. Chi ha bisogno di più aiuto?

CRITICA

"Questo tentativo di assoluzione sociale d'una colpa non commessa è fulcro del film di Leonardo di Costanzo, che accoglie in corpo documentario gli affluenti di una fiction a trama familiare. Interpretato da Raffaella Giordano, ballerina che assomiglia a Pina Bausch il racconto evita la retorica sentimentale, trovandosi a un certo punto in un imbuto in cui l'autore idealizza il senso esemplare di una dolorosa immigrazione interna e della parola Utopia." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 28 settembre 2017) "Di Napoli non si vede niente, il film si svolge tutto in uno spazio che suggerisce, evoca e risuona della realtà napoletana di periferia ma è quasi metaforico. Un po' come se fosse il cortile di una commedia di Scarpetta o di Eduardo. Dice giustamente l'autore: 'L'intrusa' è un film con la camorra e non 'sulla' camorra. Ne è protagonista un'umanità costretta a conviverci, subirla, resistere: comuni cittadini, operatori sociali, volontari, che nella vita di tutti i giorni si battono per sottrarre consenso sociale alla camorra. Non istituzioni addette alla repressione della criminalità. Ma quelle persone comuni che alimentano la fiducia che non sia una guerra persa per sempre." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 28 settembre 2017) "«L'intrusa» conferma il credito di cui gode Leonardo Di Costanzo, uno dei rinnovatori del documentario italiano, anche grazie alla sceneggiatura co-firmata da Bruno Oliviero e Maurizio Braucci. Il metodo scelto dall' autore per ritornare sulle tematiche della criminalità infiltrata nel corpo di Napoli e del suo hinterland (spesso rigettate in base a qualche riflessione sensata e molti scatti patriottico-oscurantistici) è quello del mettersi «accanto» ai fatti invece che «sopra» o «sotto» gli stessi: scindendo così il proprio lavoro dall'ampia e per forza di cose controversa gamma di giudizi che spettano al pubblico, per non parlare delle analisi e le azioni che spettano alle istituzioni deputate. Già nel convulso prologo la linea drammaturgica viene tracciata senza fronzoli (...) bastano un pugno di dialoghi, la schietta credibilità dei tanti e spesso imberbi attori non professionisti e l'accorto uso del montaggio per scandire il tragico impasse di tolleranza, buonsenso, fermezza e paura che difficilmente troverà alla fine dei vincitori. (...) Non stiamo gridando al capolavoro, ovviamente, ma di film come questo (...) ha bisogno l'idea di un cinema civile non ancorato ai vecchi dogmi della denuncia stentorea e dell'ideologismo a prescindere." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 28 settembre 2017) "Di formazione documentarista, Leonardo Di Costanzo firma un'opera seconda che ne conferma il doppio talento: saper cogliere la realtà con fenomenologica naturalezza; e costruire, senza averne l'aria, una struttura narrativa solida, capace di definire un quadro corale conferendo giusto peso ai singoli; e facendo emergere dalla dialettica stessa dei rapporti in gioco tematiche attinenti all'individuo quanto alla collettività. (...) Di Costanzo non pretende risposte, ma il contrasto fra quelle due ragioni in conflitto - l'appassionata utopia di Giovanna e il legittimo pregiudizio della comunità - ci coinvolge, come non sa fare la cronaca, in tutta la sua lacerante complessità etica." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 28 settembre 2017) "Il film di Leonardo Di Costanzo interroga cosa resta della possibilità di riprendere a condividere lo spazio del sociale. Il senso, in fondo, è quello di una «ricostruzione» che inizi dal basso. Una riappropriazione del territorio. Definirne non tanto i confini quanto la possibilità di questi di continuare ad accogliere coloro che li varcano e, al tempo stesso, non chiuderli ma ampliarli. Leonardo Di Costanzo, procedendo nel percorso di essenzializzazione del suo cinema, asciugando ulteriormente il suo approccio rispetto a 'L'intervallo', crea un autentico dramma morale, un vero e proprio conflitto etico. 'L'intrusa', un film teso e preciso, duro, che sfida le leggi della gravità del pensiero politico dominante affacciandosi sul precipizio lì dove il buon senso della sinistra salottiera cede il passo, osa mettere in scena un conflitto che non ci pare fuorviante definire rosselliniano con un approccio severo, eppure intimo, che sembra aspirare a una rarefazione assoluta. Di Costanzo non cede alla banalità di realizzare un film con un soggetto «sociale», «politico». No. Di Costanzo mette politicamente in scena quel che è soprattutto un conflitto umano, di classe. (...) Mettendo in scena un'aporia nella quale «tutti hanno ragione» come luogo della narrazione che si incarna in un vero e proprio spazio sociale da condividere, Di Costanzo salta tutte le false problematiche del cosiddetto cinema dell'«impegno». (...) Il regista (coadiuvato in fase di scrittura da Bruno Oliviero e da Maurizio Braucci) si conserva in un magistrale equilibrio: il non incontrarsi provoca una lacerazione vera. E nelle immagini si può letteralmente ascoltare il rumore prodotto da questa lacerazione del tessuto sociale: il mancato incontro della parola e delle idee provoca il vuoto. La forza del film sta tutta nel suo organizzare visivamente questa progressiva erosione dello spazio possibile. (...) Di Costanzo osserva il venire meno di una comunità a partire dalle «migliori intenzioni». E in questo senso si rivela essere l'interprete più acuto e preciso dello smarrimento che affligge oggi il Paese. 'L'intrusa', da questo punto di vista, è davvero un ritratto di una donna in lotta con il suo tempo e con il suo Paese, come forse solo Rossellini ha saputo comporre con altrettanta precisione. A Di Costanzo basta pochissimo per dare corpo a un cinema asciutto e lucidissimo, in grado di osservare il conflitto permettendogli di respirare, senza imporgli soluzioni preconfezionate. 'L'intrusa': cinema del nostro tempo." (Giona A. Nazzaro, 'Il Manifesto', 28 settembre 2017) "Passabile dramma sull'emarginazione e sull'intolleranza. (...) Una storia di degrado con le interpretazioni sofferte delle due protagoniste. Ma ancora più brava è la piccola, magnifica Martina Abbate." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 28 settembre 2017) "Venuto dal documentario e attento alle ragioni dei più deboli e indifesi - a cominciare dai bambini -, Leonardo Di Costanzo sembra farsi un punto d'onore nell'usare il suo cinema per illustrare quello che altrimenti rischierebbe di essere dimenticato, raccontando la fatica quotidiana dell'impegno, la volontà di non cedere all'abuso, la pratica del rispetto. Che a volte prendono la forma di una impossibile fiaba (come in 'L'intervallo'), altre quella di un viaggio dentro faticose pratiche quotidiane di resistenza come 'L'intrusa' (...) Giovanna voleva solo aiutare una persona che aveva bisogno, ma dopo l'arresto la donna diventa l'«intrusa» che tutti vogliono allontanare. A questo punto il film abbandona la sua cadenza documentaria (insieme alla gentilezza e alla grazia del suo sguardo empatico) per accompagnare lo spettatore dentro le contraddizioni che l'entusiasmo aveva - prima - aiutato a superare: il moralismo di chi si sente migliore, le logiche di autodifesa del gruppo, la ruvidezza dell'«intrusa»: tutti ostacoli che Giovanna tenta di affrontare ma contro cui si trova sempre più in minoranza. E che Di Costanzo mostra con ammirevole onestà ma forse con qualche eccesso didascalico." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 23 maggio 2017) "Nel Paese delle fiction su mafia e camorra, della banalizzazione e della retorica, il film di Leonardo Di Costanzo è un'operazione ammirevole. Il regista di 'L'intervallo' continua a raccontare la camorra in maniera mediata, con i toni dell'apologo e i metodi del documentario. (...) La difficoltà del tema e delle scelte estetiche spiega alcune incertezze, ad esempio le scene tra adulti (le visite a una vedova, la scena a scuola) meno felici del resto. Ma 'L'intrusa' è un film bello e importante, di grande lucidità politica." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 23 maggio 2017) "Come il precedente 'L'intervallo' anche 'L'intrusa' fa accadere la sua narrazione in un unico luogo, il centro ricreativo (che poi è la sede dell'Arci Movie a Ponticelli) a cui rimanda l'interrogativo su cui si fonda il film: permettere a Maria - è il nome della moglie del camorrista - di rimanere insieme ai figli, e assumere l'ambiguità della sua posizione offrendole uno spiraglio verso qualcos'altro - a lei, alla ragazzina rabbiosa che è la maggiore. O cacciarla perché «contamina», porta dentro a un posto quella stessa realtà che vuole contrastare condannandola così alla solitudine. Un dilemma morale che esprime la nostra contemporaneità a partire dalla dimensione dell'accoglienza (...). Di Costanzo però non cerca un giudizio così come non impone una spiegazione. È a quel confronto, e al suo dilemma, che dà corpo, e qui è la sua scommessa. Sono le contraddizioni la sua lente sul mondo e non la linea di un racconto che risponde alle aspettative. (...) La scelta di Di Costanzo, fortemente politica e teorica, è invece affidare il proprio racconto a una messinscena lucida, tesa, che alla «spiegazione» predilige l'interrogativo, e nella fotografia di Hélene Louvart trova una complicità perfetta, capace di illuminare l'improvvisazione del gioco, gli impercettibili passaggi di espressione, il movimento dei corpi nello spazio (orchestrato dal montaggio di Carlotta Cristiani): bimbi, adulti, i sottili e invisibili confini che ne sanciscono la posizione emozionale. L'invenzione di un racconto dentro al nostro tempo." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 23 maggio 2017) "Meno folgorante del precedente 'L'intervallo', ma ha il merito di concentrarsi con passione e onestà su un tema come quello del volontariato e dell'accoglienza, troppo spesso assenti dal grande schermo." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 23 maggio 2017) "Dopo 'Gomorra', film e serie, e svariati epigoni, il regista Leonardo Di Costanzo sposta la macchina da presa, cambia occhio e posizione morale: la camorra non è in primo piano, non è sullo sfondo, è con la società civile in campo medio. Non è differenza da poco, è tutto (...) 'L'intrusa' ribadisce la misura di Di Costanzo: personaggi che sono persone, realtà per scrittura, primato della scena sull'effetto. (...) 'L'intrusa' non è statico ma riflessivo, non è elusivo ma comprensivo: potrà non far spellare le mani, ma la sua irresolutezza non è del cinema bensì della realtà che inquadra. Ed è fatto antropologico, occorrenza sociale non differibile." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 23 maggio 2017) "Leonardo Di Costanzo firma un film di grande verità che si interroga sulla sottile linea che divide integrazione e emarginazione. Protagoniste Raffaella Giordano (storica danzatrice della compagnia Sosta Palmizi) e l'esordiente Valentina Vannino." (Giulia Bianconi, 'Il Tempo', 23 maggio 2017)

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