Anno: 2015 Durata: 144 Origine: FRANCIA Colore: C
Genere:COMMEDIA
Regia:Léa Fehner
Specifiche tecniche:SCOPE, DCP (1:2.35 LETTERBOX IN 1.85)
Tratto da:-
Produzione:BUS FILMS, IN CO-PRODUZIONE CON FRANCE 3 CINÉMA, IN ASSOCIAZIONE CON PYRAMIDE, INDÉFILMS 3
Distribuzione:CINECLUB INTERNAZIONALE (2017)
Adèle Haenel | nel ruolo di | Mona |
Marc Barbé | nel ruolo di | Mr Déloyal |
François Fehner | nel ruolo di | François |
Marion Bouvarel | nel ruolo di | Marion |
Inès Fehner | nel ruolo di | Inès |
Lola Dueñas | nel ruolo di | Lola |
Philippe Cataix | nel ruolo di | Chignol |
Christelle Lehallier | nel ruolo di | Mireille |
Thierry de Chaunac | nel ruolo di | de Chaunac |
Nathalie Hauwelle | nel ruolo di | Krista |
Jérôme Bouvet | nel ruolo di | Pierrot |
Simon Poulain | nel ruolo di | Il giovane |
Ibrahima Bah | nel ruolo di | Joss |
Daphné Dumons | nel ruolo di | La cavalletta |
Florian Labriet | nel ruolo di | Régis |
Patrick d'Assumçao | nel ruolo di | Amante di Marion |
Eva Ordonez-Benedetto | nel ruolo di | Gisèle |
Melanie Leray | nel ruolo di | Marie |
Anthony Bajon | nel ruolo di | Giovane della carovana |
Adèle Dauriac | ||
Altarik Labriet | ||
Capucine Labriet | ||
Cerise Ballay | ||
Léonie de Chaunac | ||
Lucien Ballay | ||
Margot Ballay | ||
Naïm Chigot |
La vivace compagnia del Davai? Theìa?tre gira di città in città, con appresso il loro tendone, mettendo in scena Cechov. Tutti loro portano sogno e disordine: sono orchi, giganti, e hanno mangiato teatro e chilometri. Una turbolenta tribù di artisti in cui lavoro, legami familiari, amore e amicizia si mescolano con veemenza, scavalcando i confini tra la finzione del palcoscenico e la vita reale. Tuttavia, l'arrivo improvviso di un bambino e il ritorno di una ex amante farà riaprire ferite che essi credevano oramai dimenticate. Ma la festa avrà inizio...
"Concepito come una torrenziale full immersion in questo mondo parallelo, 'Les ogres' ('Gli orchi') ci porta nel cuore di una delle ultime utopie possibili. Il teatro, quel tipo di teatro, visto come un modo per vivere senza integrarsi nella società e insieme per non rinnegarla del tutto, lavorando sui suoi punti nevralgici con gli strumenti dello spettacolo. Nessuna utopia però è senza rischi, e per rifiutare le regole borghesi questi girovaghi eternamente su di giri che discutono sempre ogni cosa tutti insieme appassionatamente, affrontano problemi personali giganteschi. Anche se naturalmente nulla può essere davvero personale, tutto finisce in piazza, anzi in scena. (...) Tutto genera discussioni interminabili, a volte violente ma sempre imprevedibili e alla lunga anche molto emozionanti. Perché dietro tutto quel chiasso, in scena e dietro le quinte, quelle sparate, quelle dichiarazioni di principio, palpita ostinata e irragionevole quella cosa informe e un po' sporca che da sempre cerchiamo di rinchiudere dentro pagine, palcoscenici e schermi, come le vacche che un giorno invadono l'accampamento. Insomma, la vita." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 gennaio 2017) "L'antica faccenda di vita e arte che si confondono è al centro dei legami tra i membri della compagnia teatrale itinerante, al tempo stesso famiglia nomade, impegnata nel replicare una rielaborazione cechoviana un po' zingara e un po' circense mentre divampano passioni e delusioni, recriminazioni e vendette. (...) realtà e scena vivono in simbiosi. Curioso, ma imperdonabile alla regista Léa Fehner il troppo istinto di conservazione al montaggio. La cura delle forbici avrebbe fatto benissimo al film." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 26 gennaio 2017) "Malinconico e riottoso, bohémien e scanzonato, il film - troppo lungo - mette in scena gli immaginifici orchi del titolo, senza dimenticare il primo ingrediente della finzione: la vita. Stranamente poco fighetta nonostante la formazione a La Fémis, la Fehner prende dalla propria biografia e, anche gli attori, dalla propria famiglia, e con qualche originalità segue la strada già percorsa da illustri cineasti, su tutti il nostro Fellini." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 26 gennaio 2017) "Con la cinepresa immersa nel caos insolente, allegro, disturbante e insieme rivelatore della compagnia di teatro viaggiante Fehner (...) fa il diario di una messinscena (...) e di una tournée come diagnosi a cuore aperto di una cultura zingara (...). A rischio, a volte, di esibire l'anarchia dell'artista come valore fondante, con ritmo e sane scelte di montaggio riesce invece a scuotere lo sguardo composto e perbene della norma, non solo al cinema. Notevoli i faccia a faccia d'amore. Il cast si gioca la vita, con scarsa protezione della finzione. Una sorta di 'All That Jazz' circense, dove però la 'scena' della famiglia è sia l'incubo che la cura." ('Nazione-Carlino-Giorno', 26 gennaio 2017)
Incasso in euro