Le vite degli altri2006

SCHEDA FILM

Le vite degli altri

Anno: 2006 Durata: 137 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Florian Henckel von Donnersmarck

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:WIEDEMANN & BERG FILMPRODUKTION, BAYERISCHER RUNDFUNK (BR), CREADO FILM, ARTE

Distribuzione:01 DISTRIBUTION, DVD: 01 DISTRIBUTION HOME VIDEO

ATTORI

Martina Gedeck nel ruolo di Christa-Maria Sieland
Ulrich Mühe nel ruolo di Gerd Wiesler
Sebastian Koch nel ruolo di Georg Dreyman
Ulrich Tukur nel ruolo di Anton Grubitz
Thomas Thieme nel ruolo di Ministro Bruno Hempf
Charly Hübner nel ruolo di Udo
Hans-Uwe Bauer nel ruolo di Paul Hauser
Herbert Knaup nel ruolo di Gregor Hessenstein
Ludwig Blochberger nel ruolo di Benedikt Lehmann
Marie Gruber nel ruolo di Signorina Meineke
Matthias Brenner nel ruolo di Karl Wallner
Thomas Arnold nel ruolo di Nowack
Volkmar Kleinert nel ruolo di Albert Jerska
Werner Daehn nel ruolo di Ufficiale della Stasi
 

MONTAGGIO

Rommel, Patricia
 

SCENOGRAFIA

Buhr, Silke
 

COSTUMISTA

Binder, Gabriele

TRAMA

Nei primi anni Ottanta, il drammaturgo di successo Georg Dreyman e la sua compagna di sempre, la famosa attrice Christa-Maria Sieland, si trasferiscono a Berlino Est. I due sono considerati dalla DDR tra i più importanti intellettuali del regime comunista e sono tenuti in grande considerazione, malgrado in cuor loro Georg e Christa-Maria non siano sempre allineati con la linea del partito. Un giorno il ministro della cultura assiste ad uno spettacolo dell'attrice e se ne innamora. Chiede allora a Gerd Wiesler, uno dei più valorosi agenti della Stasi, di avvicinare la coppia, conoscerla meglio, ed osservare ogni loro spostamento e interesse. Inaspettatamente, sarà la vita di Gerd ad essere cambiata dal rapporto con lo scrittore.

CRITICA

"Oggi della Stasi, la polizia segreta che aveva la sua sede proprio in quella via, ci parla, per fortuna ormai apertamente, un regista tedesco esordiente uscito da una nobilissima famiglia, Florian Henckel von Donnersmarck, che tra le pieghe di un dramma avvincente e carico di suspence è riuscito a descrivere in modo magistrale i climi opprimenti fra delazioni, persecuzioni, suicidi che pesavano sulla DDR, ossia sulla repubblica Democratica tedesca. (...) Un testo esemplare. Con tutti i suoi elementi in ordine, caratteri, situazioni, processi psicologici, incidenti, sorprese. Mentre la regia riesce a evocarvi attorno le atmosfere terribili di quei luoghi e di quei giorni, all'insegna sempre di una paura che dilaga ovunque tappando la bocca a tutti e disseminando angosce e sospetti. Con accenti, però, mai troppo marcati, anzi in cifre in cui il non detto, specie al momento di tirare certe somme, prevale senza mai uno strappo. Affidato a immagini che sembrano quasi fotografare dal vero quei colori verdastri, grigi, opachi, soffocanti, tipici in quegli anni della vita di Berlino Est. Vi concorrono degli interpreti che, specie per quel che riguarda il protagonista, Ulrich Mühe, ne sembrano, almeno fin quasi alla fine, il riflesso più autentico e spettrale. Di fronte a lui Martina Gedeck compone, con lacerata intensità, il ritratto contraddittorio dell'amante dello scrittore. Dà volto a quest'ultimo Sebastian Koch, già visto di recente in 'Black Book' di Paul Verhoeven: asciutto, sincero, sofferto." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 4 aprile 2007) "'Le vite degli altri' è un film sottilmente psicologico, dove la dialettica di simmetrie-opposizioni tra i due caratteri maschili funziona da motore principale degli eventi. Con orientamento sicuro, la sceneggiatura dello stesso Von Donnersmarck evita le possibili implicazioni patologiche del rapporto, prendendo una direzione umanistica e narrandoci, quasi a mezza voce, una presa di coscienza esemplare." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 6 aprile 2007) "Una spy story ambientata a Berlino Est pre-caduta del muro che fa leva sull'ambiguità di tutti i personaggi per uscire dal film di genere ed entrare in quello della riflessione esistenziale. Il tema della sorveglianza della 'vita degli altri' in funzione di una 'causa superiore' è quanto mai attuale." (Paola Casella, 'Europa', 6 aprile 2007) "Alla fine il film si ferma mentre la storia (e a maggior ragione la Storia con S maiuscola) continua, anzi mentre lascia dietro di sé le tracce di tanti possibili cadaveri, se non letterali almeno metaforici. Ma nel ricordo dello spettatore quelle 'metafore' acquistano la consistenza delle visioni più reali e concrete, quelle che solo il grande cinema riesce a regalarci: il quadro di una umanità costretta a far i conti con la più preziosa delle proprie qualità, la dignità. Von Donnersmarck ci dice che ci sono tanti modi per cercarla e per trovarla, che qualche volta possono passare anche attraverso i più impervi percorsi, lungo le strade più grigie (tra i meriti non secondari del film - che gli hanno fatto vincere meritatamente 3 European Film Awards e l'Oscar come miglior titolo straniero - ci sono anche un'ambientazione e una scenografia praticamente perfette) attraverso i più squallidi dei lavori. Basta non dimenticare mai che la propria vita, e quelle degli altri, dipendono solo da lei. Dalla dignità." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 6 aprile 2007) "'Le vite degli altri' è costruito come un thriller e tiene col fiato sospeso per 138 minuti, gli attori sono tutti perfetti e la ricostruzione della Germania dell'Est è al tempo stesso agghiacciante e struggente. Un Oscar meritatissimo." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 6 aprile 2007) "Implacabile come un thriller, ma rigoroso e penetrante sul piano psicologico e fattuale, Le vite degli altri non è solo uno straordinario film storico che getta una luce cruda sulla vita quotidiana in quel paese così assurdo e diverso da tutti che oggi sembra una finzione letteraria. E' anche una parabola spietata e insieme ottimista sul Potere, in ogni epoca e luogo, nutrita di dettagli di prima mano che accentuando la credibilità dell'insieme potenziano anche la sua carica simbolica. Non a caso il regista nelle interviste cita lo scandalo Telecom. E negli Usa già si pensa a un remake." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 6 aprile 2007) "Molto ben fatto, pieno d'umanità, recitato magnificamente, il film non si perde nell'aneddoto ma trasforma il suo soggetto in un'analisi pietosa, in un avvertimento generale." (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 12 aprile 2007) "Siamo a Berlino, nel 1984. L'ordine di avviare l'inchiesta parte dal ministro della Cultura, invaghitosi della donna e il fine è tutt'altro che politico. Il poliziotto, un capitano, esperto e spietato investigatore - magistralmente interpretato da Ulrich Mühe - all'inizio è rigoroso nel suo incarico, ma il contatto con le vite dei due intellettuali insinuerà in lui emozioni mai provate. Emozioni destinate ad aprire una crepa nelle granitiche certezze dell'ideologia e a cambiare la sua vita, portandolo a compiere una scelta difficile, rischiosa, ma alla fine inevitabile. "Stai ancora dalla parte giusta?", gli chiede il superiore che inizia a sospettare della sua condotta. "Sì", è l'asciutta risposta. Ma la parte giusta è già cambiata. Ed è nei delicati ingranaggi di questo lento processo di cambiamento che lo spettatore è accompagnato da una regia accorta, da una sceneggiatura senza pause nel ritmo narrativo e da una recitazione intensa, mai sopra le righe. Grande successo in Germania, nonostante pochi credessero in questo lavoro, Le vite degli altri è un film molto bello, giocato sulla ricerca dei sentimenti e delle emozioni reali della gente oltre la maschera imposta dal regime totalitario. Ed è una pellicola che può essere guardata da punti di vista diversi, a seconda del personaggio che si prende come riferimento. Perché ogni "vita" racconta una storia diversa." (Gaetano Vallini, "L'Osservatore Romano", 14 aprile 2007) "Lasciatemi dire e se sbaglio lapidatemi: c'è più cinema in una sola inquadratura di Nuovomondo che in quasi due ore e mezzo di Le vite degli altri. (...) Tutto si risolve nei dialoghi, affidati a interpreti tanto professionali quanto privi di fascino, e per il resto lo sfondo è di una raggelante genericità. Manca (e non è un difetto da poco) ogni sensibilità visiva. Per di più la vicenda è mal raccontata, le motivazioni sono improbabili e nell'insieme Le vite degli altri conferma che il bello e il politicamente corretto sono cose distinte." (Tullio Kezich, 'Magazine' 19 aprile 2007)

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