Il rifugio2009

SCHEDA FILM

Il rifugio

Anno: 2009 Durata: 90 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:COMMEDIA, DRAMMATICO

Regia:François Ozon

Specifiche tecniche:35 MM (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:CHRIS BOLZLI, CLAUDIE OSSARD, VIERI RAZZINI E CESARE PETRILLO PER EUROWIDE FILM PRODUCTION, TEODORA FILM, FOZ, IN ASSOCIAZIONE CON COFICUP - BACKUP FILMS, FRANCE 2 CINÉMA

Distribuzione:TEODORA FILM (2010)

ATTORI

Isabelle Carré nel ruolo di Mousse
Louis-Ronan Choisy nel ruolo di Paul
Pierre Louis-Calixte nel ruolo di Serge
Melvil Poupaud nel ruolo di Louis
Claire Vernet nel ruolo di La madre
Jean-Pierre Andréani nel ruolo di Il padre
Jérôme Kircher nel ruolo di Il medico
Nicolas Moreau nel ruolo di Il seduttore
Marie Rivière nel ruolo di La donna sulla spiaggia
Emile Berling nel ruolo di Lo spacciatore
Maurice Antoni nel ruolo di Il prete
 
 

MONTAGGIO

Breton, Muriel
 

SCENOGRAFIA

Wyszkop, Katia
 

COSTUMISTA

Chavanne, Pascaline

TRAMA

Mousse vive con il suo compagno Louis in un piccolo appartamento a Parigi. Nonostante siano molto innamorati, i due conducono un'esistenza sregolata segnata dall'abuso di alcool e droghe. Una mattina, mentre Mousse è ancora incosciente, Louis muore a causa di un'overdose. Al suo risveglio, lei si trova sola e, quando qualche tempo dopo capisce di essere incinta, decide di tenere il bambino, ultimo legame con l'amore della sua vita. Mousse però ha bisogno di cambiare vita e per questo si trasferisce in una casa in riva al mare dove potrà rimanere sola con il nascituro. Il suo isolamento viene rotto dall'arrivo di Paul, il fratello di Louis. Sarà lui a farle capire che non è ancora pronta a diventare mamma e di avere bisogno di qualcuno al suo fianco.

CRITICA

"I fan di François Ozon saranno contenti: dopo la parentesi surreale e un po' enigmatica di 'Ricky', il regista francese torna ai temi e ai toni più consolidati del suo cinema con una storia di elaborazione del lutto realistica, ma dall'esito imprevisto. (...) Pur con qualche vuoto di continuità, 'Il rifugio' è un film dall'intimismo sincero e dall'evoluzione psicologica credibile. Il tema dell'assenza, centrale in Ozon ('Sotto la sabbia'), trova qui un'evoluzione naturale; mentre si afferma, una volta di più, la forza della volontà femminile in un personaggio non simpatico a priori (Isabelle Carré, all'epoca delle riprese realmente incinta) ma che, poco a poco, si conquista la nostra solidarietà." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 28 agosto 2010) "I dialoghi tra i due costruiscono poco a poco una sorta di elegia della morte e della vita, della paternità e in qualche modo lui finisce col rappresentare una figura di padre scomparso. A questo punto viene da chiedersi: può bastare l'idea della maternità come risposta a ciascuna delle domande e dei dubbi sul nostro essere al mondo? La risposta francamente è no. E che tutto qui è poco credibile, a cominciare proprio dalla condizione umana della ragazza, a tratti fragile, a tratti ricattatoria e dal suo rapporto con la gravidanza, quasi un fantasma delle sue ossessioni, di lui, del suo dolore e del desiderio bruciante di farlo rivivere. (...) Manca in questo gioco di specchi una verità, tutto suona poco credibile, a cominciare dalla messinscena di un corpo - la protagonista era realmente incinta sul set - che nelle sue mutazioni, 'reali' e narrative poteva conquistare un spazio di maggiore inventiva e libertà, vista poi la delicatezza con cui Ozon si confronta col suo stato 'reale'. Alla fisicità il regista sembra però preferire una specie di aura, che circonda la donna per tutto il film, di ispirazione vagamente cattolica, quasi una Madonna che si trasforma a poco a poco nel rifugio stesso su cui proiettare i propri desideri (forse anche di redenzione). Che dire? Forse Ozon, che dimostra anche nei suoi film meno riusciti un controllo magistrale della visualità, dovrebbe prendersi un tempo più dilatato per i suoi film che si inanellano velocemente uno dopo l'altro. Anche perché la tecnica non sempre (quasi mai) riesce a supportare un'emozione." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 27 agosto 2010) "Dal bambino con le ali a quello, invisibile ma vero, nascosto nel ventre della mamma. Dalla maternità come metafora alla gravidanza come presenza. E come svolta: basterà portare un figlio in grembo per essere madri? O averlo generato per essere padri? Passando dal surreale 'Ricky' al didascalico 'Il rifugio', Ozon perde in leggerezza ma non in esattezza. (...) Il film cattura per la sensibilità, lo humour, la sottile pietà con cui illumina i protagonisti attraverso le figure di contorno: l'invasata sulla spiaggia (la Marie Rivière del 'Raggio verde'!), l'amante di un giorno, che adora le donne incinte 'ma solo di qualcun altro', eccetera. Ma il gioco è un po' troppo scoperto per conquistare fino in fondo." (Fabio Ferzetti, 'Messaggero', 27 agosto 2010) "Di nuovo l'elaborazione di un lutto, sempre una donna al centro. (...) All'insegna dei silenzi. E della delicatezza. Con molta quiete nella rappresentazione di quel curioso rapporto che, quasi insensibilmente, genera dei sentimenti profondi che potranno essere di aiuto ad entrambi. Ozon, che si è scritto anche il testo, il gioco della maternità analizza i personaggi da vicino, soprattutto quello della donna cui lascia compiere, nel lutto, anche gesti in sé contraddittori, non ultimo un rapporto del tutto estemporaneo con un estraneo e un altro, una notte, con lo stesso Paul, all'inizio impreparato e a disagio, poi convinto. Senza mai però una nota alta, quasi privilegiando il non detto e operando sempre, nella struttura del racconto, una meditata opera di sintesi, perché vi emerga e abbia peso solo l'essenziale. In una cornice, tra mare e campagna, cui Ozon, grazie a una preziosa fotografia in digitale, riesce a dare toni quasi di idillio, pur rispettandone il realismo (e il lutto)." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 27 agosto 2010) "L'edonismo straccione delle tv commerciali (e non) ha spazzato le rivendicazioni sociali via dagli schermi, come dalle piazze. E così i personaggi di Ozon hanno ogni tipo di esigenza, tranne quella alimentare. Si muovono nel benessere non guadagnato e non meritato; così cercano la morte e in certo senso è bene che la trovino. Resta - per dover parlare del 'Rifugio' - la professionalità degli attori, bravi anche quando non sanno scegliere le sceneggiature." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 27 agosto 2010)

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