TRAMA

CRITICA

"Onesto lavoro di Bud Lee, che ostenta urta inusuale accuratezza letteraria relativamente al suo paratesto, si avvale oltretutto di impianti scenici, recitazione, modelli retorici lontani dal genere ed esiste proprio per la sua antifrastica inclassificabilità. Hyapatia Lee ricopre il ruolo dell'oste e simbolicamente si autodefinisce cronisti della compagnia, che dovrà con fedeltà registrare le parole del singolo pellegrino, per quanto 'grossamente parlasse o in maniera sboccata' ed accompagnare i palmers verso Canterbury. Mentre in Pasolini lo stranianiento (il viaggio) era annunciato dal singing dell'indulgenziere, ('Fenesta ca lucive'), in Lee invece da un invito assolutamente più sbrigativo e scolastico. La morale verrà quindi fuori da sola, senza intermediazioni di sorta, intesa come franca disponibilità ad ogni forma di discorso. Il lento travelling iniziale sui tavoli della locanda e quello dell'epilogo sotto il tavolo e poi sotto il saio del monaco, confermano la volontà di simmetria e di ricerca da parte del regista di un'atmosfera scurrile instaurata (e bloccata) a tavola, lì dove anche in Chaucer si sciolgono i vincoli del censo e la parola circola irrispettosa degli status e/o dei protocolli d'uso." ('Segnocinema')