Il padre dei miei figli2009

SCHEDA FILM

Il padre dei miei figli

Anno: 2009 Durata: 110 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Mia Hansen-Løve

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.85)

Tratto da:-

Produzione:LES FILMS PELLÉAS, 27 FILMS PRODUCTION, ARTE FRANCE CINÉMA

Distribuzione:TEODORA FILM (2010) - DVD: CG HOME VIDEO - COLLECTOR'S EDITION (2010)

ATTORI

Chiara Caselli nel ruolo di Sylvia
Louis-Do de Lencquesaing nel ruolo di Grégoire
Alice de Lencquesaing nel ruolo di Clémence
Alice Gautier nel ruolo di Valentine
Manelle Driss nel ruolo di Billie
Eric Elmosnino nel ruolo di Serge
Sandrine Dumas nel ruolo di Valérie
Dominique Frot nel ruolo di Bérénice
Djamshed Usmonov nel ruolo di Kova Asimov
Igor Hansen-Løve nel ruolo di Arthur Malkavian
Magne Håvard Brekke nel ruolo di Stig Janson
Eric Plouvier nel ruolo di Avvocato
Mickaë Abiteboul nel ruolo di Banchiere
André Marcon nel ruolo di Amministratore
Philippe Paimblanc nel ruolo di Direttore aggiunto di laboratorio
Elsa Pharaon
Olivia Ross
Patrick Mimoun
Valerie Lang
 
 

SCENEGGIATORE

Hansen-Løve, Mia
 

MONTAGGIO

Monnier, Marion
 

SCENOGRAFIA

Menut, Mathieu
 

COSTUMISTA

Bethsabée Dreyfus

TRAMA

Il regista Grégoire Canvel può dirsi un uomo di successo: ha una bella moglie, tre splendidi figli e un lavoro che gli dà enormi soddisfazioni. Iperattivo e inarrestabile quando è alla Moon Films, la sua casa di produzione, Grégoire si ferma solo nei fine settimana, dedicati esclusivamente alla sua famiglia. Poi, un giorno, l'uomo ha un brusco risveglio. La sua casa di produzione è in perdita per troppi debiti e progetti azzardati. Inizia così per lui una lenta discesa verso la disperazione a causa dell'insuccesso e della stanchezza.

CRITICA

"'Le Père de mes enfants', continua la ricerca dichiarata nel primo, un cinema di scrittura che si appunta sulla vita dei personaggi, con spunti cinefili (la malattia del critico), qui ancora più dichiarati visto che il cinema è il centro del film, nella figura di un produttore indipendente ammirato per il coraggio e la caparbia (Louis Do de Lencquesaing) che lo sostengono in un'impresa divenuta sempre più difficile: fare i film che si amano. Gregoire Canvel, questo il suo nome, ha una moglie splendida - Chiara Caselli, molto intensa in un ruolo per lei inusuale di madre - e tre figli adorati. Lavoro frenetico, fine settimana in campagna, la società di produzione che tutti ammirano. Finché la realtà, che è meno lineare di questa superificie, esplode, i debiti lo soffocano, Gregoire decide di sparire dal mondo ..." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 20 maggio 2009) "Solo a Parigi. Una giovane regista al secondo film rievoca (senza mai nominarlo) la figura elegante, malinconica e sempre sorprendente di colui che avrebbe dovuto produrre il suo debutto, morto suicida nel 2005. Nel film si chiama Grégoire, nella realtà si chiamava Humbert Balsan e nel cinema non solo francese era un mito. (...) Mia Hansen-Løve, pure lei ex attrice e critica, non pretende di dare risposte ma rievoca il personaggio e la sua energia, in ufficio come a casa, in viaggio con la famiglia (struggente parentesi a Ravenna) così come sul set dei suoi film, con tanta esattezza e insieme pudore da fare del 'Padre dei miei figli' uno dei film più intensi e spiazzanti della stagione. Anche perché Grégoire si spara a metà film e tutto il resto è dedicato al tentativo di sua moglie (Chiara Caselli, sempre bravissima, altra attrice che stiamo perdendo) e delle figlie di capire, reagire, sopravvivere. Muovendosi su più fronti naturalmente, perché c'è un'azienda da salvare, un'eredità anche artistica di cui farsi carico, una seconda famiglia (i suoi collaboratori) con cui fare i conti. E anche qualche vero e proprio segreto, insieme doloroso e prezioso. Il tutto condotto controtempo, giocando il distacco e l'allusione contro il pathos e le scene madri, fino a spremere più emozione e inteligenza di tanti mélo. Un gran bel film, che visto da qui suscita anche nostalgia per abitudini, valori, intensità, che nel nostro post-paese sembrano un sogno." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 giugno 2010) "Il cinema ci ha regalato diversi ritratti di produttori cinematografici, spesso raffigurati come dei personaggi eccessivi e sprezzanti dell'arte, anche quando eclettici e illuminati. Basti pensare, tra i tanti, al produttore americano di 'Lo stato delle cose' di Wim Wenders, oppure a quello godardiano di 'Il disprezzo'. Il ritratto che ci regala questa giovane regista, al suo secondo film, è invece diverso, perché compassionevole, dolce e intimo. Il film è dedicato alla figura del produttore francese Humbert Balsan (e alla sua casa di produzione Ognon Pictures), che qualche anno fa si tolse la vita nel mezzo di una crisi finanziaria, acuita dalle richieste impossibili del regista ungherese Bela Tarr che stava girando un film per la Ognon. Balsan è stato una figura importante per il cinema europeo, avendo sostenuto e prodotto registi del calibro di Youssef Chahine. Mia Hansen-Løve lo incontrò poco prima della sua morte e questo è il suo omaggio, sentito e affascinante." (Dario Zonta, 'L'Unità', 11 giugno 2010)

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