La sposa turca2003

SCHEDA FILM

La sposa turca

Anno: 2003 Durata: 123 Origine: GERMANIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM, (1:1.85) CINEMASCOPE

Tratto da:-

Produzione:RALPH SCHWINGEL, STEFAN SCHUBERT, FATIH AKI, MEHMET KURTULUS, ANDREAS THIEL PER WUSTE FILMPRODUKTION, NDR/ARTE CORAZON INTERNATIONAL

Distribuzione:BIM (2004)

TRAMA

Sibel, una ragazza di origini turche scampata a un tentativo di suicidio, per sfuggire alle severe abitudini musulmane della famiglia decide di chiedere aiuto a Cahit, anche lui turco, per farsi sposare. Anche Cahit ha provato a togliersi la vita e, dopo l'iniziale riluttanza, accetta di prendere Sibel in moglie, forse per realizzare nella sua vita qualcosa di utile. Nonostante il matrimonio fanno vite separate e spesso Sibel porta a casa altri uomini. A poco a poco il ragazzo si innamora della sua coinquilina e prova gelosia per gli uomini che lei frequenta. Anche Sibel inizia a provare dei sentimenti ma se ne rende conto troppo tardi. Cahit uccide uno dei suoi amanti e viene arrestato. Lei va a Istanbul e quando lui viene rilasciato la va a cercare perché spera ancora che potranno avere un avvenire insieme.

CRITICA

"Un film duro, anche aspro. Uno scontro continuo di caratteri, frutto di personaggi lividi, quasi tagliati nel legno, con psicologie sempre pronte al contrasto, all'aggressività, alla rivolta. Prima, finché l'azione è in Germania, il testo e la regia di Fatih Akin mettono con salda evidenza l'accento sulle differenze, anzi, le divergenze fra i due diversi ambienti e le due diverse mentalità, pur senza mai optare apertamente in favore dei tedeschi o dei turchi. Poi, quando sia Cahit sia Sibel si spostano in Turchia, dando soprattutto rilievo all'evoluzione dei loro sentimenti reciproci e delle loro fisionomie sempre più forti e segnate. In cornici che la fotografia spesso molto buia di Reiner Klausmann, reduce da molti film con Werner Herzog, veste di immagini volutamente indirizzate a rievocare il più celebrato cinema turco realista. Con interpreti tutti in linea con questo stesso realismo. Duri e risentiti." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 15 ottobre 2004) "'La sposa turca' aveva un valore aggiunto: un soggetto pericolosamente attuale come lo scontro di culture, la gestione della diversità, il permanere degli integralismi religiosi. Però ridurre il valore del film alle sue, più o meno implicite, tematiche sarebbe far torto a Fatih Akin, trentunenne turco nato e cresciuto ad Amburgo. Il regista ha saputo imprimere alla storia una tensione in crescendo: rappresentare una Istanbul affascinante e paurosa; tradurre i conflitti culturali in una tragedia a forte valenza simbolica. Ma, soprattutto, ha scelto due interpreti perfetti per la coppia di agnelli sacrificali: un'esordiente d'inattaccabile purezza davanti alle brutture del mondo e un attore che pare minato da un oscuro male interiore, come un'icona punk." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 15 ottobre 2004) "Turchia in Europa, sì o no? Se la Cee è lacerata, figli e nipoti dei 'Gastarbeiter' turchi non se la passano meglio, tra fedeltà alle radici e spinta verso un'impossibile integrazione. Questo almeno emerge dal bel film di Fatih Akin (oro a Berlino), capofila dell'esiguo ma pugnace cinema turco-tedesco, una ballata tragica e piena d'energia su due disperati uniti da un matrimonio d'interesse. (...) Se quarant'anni fa la rabbia serpeggiava fra i figli del benessere, oggi incendia i margini delle società opulente. Dove si incrociano ribelli senza causa come lo spiritato Cahit e la sfrenata Sibel (occhio alla Kekilli, ex-pornoattrice con l'argento vivo addosso). Ingordi, autodistruttivi, e capaci di annegare un dolore autentico in una deriva malinconica come gli irresistibili siparietti musicali sulle rive del Bosforo. Trascinante in Germania, più sfilacciato nel lungo epilogo turco, un assaggio di ciò che potrebbero dare le minoranze al senescente cinema europeo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 ottobre 2004) "Che melodramma sia. 'La sposa turca', vincitore dell'Orso d'oro a Berlino, è la cronaca di un infelice matrimonio combinato in una clinica psichiatrica di Amburgo tra un'aspirante suicida e un derelitto alcolizzato, furibondo, drogato. (...) Il 31enne regista turco-tedesco Fatih Akin, con accesi colori fassbinderiani, evita la retorica del lieto fine, ha una capacità rara di coinvolgerti nel racconto e di dare a questa passionaccia una sua evidenza concreta e socioculturale, come in 'Tutti gli altri lo chiamano Alì'. Andando al di là dei facili folklorismi del filone dei matrimoni etnici, greci o pakistani che siano, il film è ruvido e indigesto, una ballata post brechtiana di umiliati e offesi ma provvista di dolore autentico. E' un rabbioso, straripante, furibondo kolossal delle passioni ossessive e delle pulsioni sadomasochiste, commentato, mediato da un coro di musici ironicamente immobili sul Bosforo. Sono fantastici gli attori Birol Unel e Sibel Kekilli che offrono alla storia neo realista turca, e al suo pathos d'autore, un'immedesimazione totale che sfiora il male di vivere coniugato in un presente storico difficilissimo per tutti." (Maurizio Porr

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