La sconosciuta2006

SCHEDA FILM

La sconosciuta

Anno: 2006 Durata: 118 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Giuseppe Tornatore

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:MEDUSA, MANIGOLDA FILMS, SKY

Distribuzione:MEDUSA

ATTORI

Ksenia Rappoport nel ruolo di Irena
Michele Placido nel ruolo di Muffa
Claudia Gerini nel ruolo di Valeria
Piera Degli Esposti nel ruolo di Gina
Alessandro Haber nel ruolo di Portiere
Clara Dossena nel ruolo di Tea
Ángela Molina nel ruolo di Lucrezia
Margherita Buy nel ruolo di Avvocato
Pierfrancesco Favino nel ruolo di Donato
Elisa Morucci nel ruolo di Cameriera al bar
Gabriella Barbuti nel ruolo di Infermiera
Gisella Marengo nel ruolo di Agente di P.S.
Giulia Di Quilio nel ruolo di Segretaria Adacher
Nicola Di Pinto nel ruolo di Pubblico Ministero
Paolo Elmo nel ruolo di Nello
Pino Calabrese nel ruolo di GIP
Simona Nobili nel ruolo di Dirigente di Polizia
 
 

SCENEGGIATORE

Tornatore, Giuseppe
 
 

MONTAGGIO

Quaglia, Massimo
 

SCENOGRAFIA

Zera, Tonino
 

COSTUMISTA

Ercole, Nicoletta

TRAMA

Una metropoli italiana, oggi, Irena è una donna arrivata da qualche anno dall'Ucraina. Alle sue spalle ha un viaggio lungo e terribile e poi, in Italia, l'incontro con uomini senza scrupoli che si sono approfittati di lei, della sua ingenuità, della sua giovinezza. Malgrado sia passato tanto tempo, Irena non riesce ancora a dimenticare le tante umiliazioni e violenze subite. Ha un solo ricordo dolce, quello di un amore intenso che però ha perduto. Benché non sia più giovanissima, Irena è ancora una donna affascinante e, nonostante si nasconda dietro un'apparenza dimessa, nei suoi occhi brilla il fuoco della ribellione. Dopo lunghe e ragionate manovre, un giorno convince il portinaio del palazzo in cui vive ad aiutarla e a farla assumere come donna delle pulizie per il casermone di fronte. Irena si impegna senza risparmiarsi e lustra ogni angolo delle scale e dell'androne. Ma in realtà il suo obiettivo è un altro. Tiene d'occhio una famiglia di orafi che abita lì, gli Adacher. Donato e sua moglie Valeria si stanno separando e la loro unica figlia, Tea, sembra soffrirne particolarmente. Irena diventa amica di Gina, la loro anziana domestica e, pian piano, riesce ad entrare in quella casa. Gli Adacher la assumono come donna delle pulizie e Irena inizia a farsi strada nel cuore della piccola Tea. Un giorno, però, all'improvviso, ecco comparire un'ombra del passato di Irena, il suo antico aguzzino "Muffa", che porta con sé una scia di nuovi orrori e violenze.

CRITICA

"Giuseppe Tornatore riprende la parola. Dopo sei anni di silenzio perché il suo film precedente, 'Malèna', risale al 2000. Un silenzio che gli ha giovato, non perché avesse bisogno di meditare sul cinema, un campo di cui sa tutto, ma perché gli ha permesso di studiare certi suoi indirizzi, individuare bene le sue mete e, soprattutto, decidere, intellettualmente e sentimentalmente, dove sarebbe riuscito ad esprimersi meglio. E ha optato per il noir. Con risvolti nel thriller, senza dimenticare i problemi affettivi (anzi accentuandoli), ma rappresentandoli con un linguaggio carico d'ansie, volutamente oscuro, claustrofico. (...) Pur accettando al momento di chiudere, una brevissima pagina consolatoria. Tornatore, con mano maestra, ha portato avanti la sua storia infittendola, da un punto di vista narrativo, di una serie di pagine spesso così sospese da sfiorare il mistero, tra le pieghe, appunto di un noir. Mentre, dal punto di vista della rappresentazione visiva, ha dato via libera a una violenza che, anche nei rari momenti di quiete, pervade le immagini affidandole quasi di continuo al buio. Con dei ritmi che esplodono ad ogni svolta, con lacerazioni e addirittura scatti cui la musica, come sempre coinvolgente di Ennio Morricone, aggiunge tensioni, emozioni, sospetti e perfino paure. Avvicinandosi a timbri che rasentano l'incubo; e anche l'allucinazione. Splendidamente espresse dalla recitazione di tutti, ma, in primo luogo, dell'attrice russa di teatro Xenia Rappoport che, della protagonista, ci dà un ritratto scavato fin nel profondo ma spesso abilmente all'insegna dell'ambiguità. L'aguzzino è un Michele Placido rapato a zero che sa proporsi come un genio del male. Attorno altri grandi del nostro cinema, splendidamente diretti." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 19 ottobre 2006) "Tornatore ama da sempre le iperboli visive e narrative, ma nella 'Sconosciuta' fa un passo in più. C'è da raccontare un paese, il nostro, in cui tutto si compra e si vende. C'è un presente ormai così atroce e sfuggente che può avere solo la forma di un mystery. (...) Con una matassa così intricata da dipanare, le strade sono due: o si sceglie il rigore, alla Hitchcock, e si sottomette ogni scena, ogni effetto, ogni personaggio anche minore (compaiono Alessandro Haber, Margherita Buy, Angela Molina) al disegno della trama, e questa è la via diciamo anglosassone. Oppure, via italiana dunque barocca, si procede per accumulo, lasciandosi sedurre dalle mille pieghe del "plot". Finendo per concentrare le inevitabili spiegazioni in un lungo epilogo. E disperdere il capitale emotivo della storia in una serie di scene al limite del sadismo (quelle della bambina su tutte). Perché Tornatore imbroglia le piste ad arte ma poi non rinuncia a un urlo, non tace un dettaglio, non ci risparmia un effetto o una nota della partitura ossessiva di Morricone. Insomma, una volta risolto il puzzle non ci lascia immaginare nulla. Questo è il suo cinema, si dirà, prendere o lasciare. Ma con una storia simile, e un'attrice di questo livello, ci si sorprende a sperare che un giorno, chissà, Tornatore scopra le allusioni, le penombre, il non detto." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 19 ottobre 2006) "Sfondo nero. Poi, la luce: le schiave in slip e reggiseno si espongono all'occhio dei mercanti. Dietro le maschere che celano i volti si contorcono aspri destini, risuonano storie angosciose: è insieme il primo e l'ultimo contatto che Giuseppe Tornatore stabilisce tra il suo film e l'ipotesi di una denuncia sociologica. Perché 'La sconosciuta', innescato da un moto d'umanistica pietà per le violenze e le umiliazioni che toccano a tante ragazze emigrate in Italia dai paesi dell'Est postcomunista, si concentra e si sviluppa appieno sul registro di un giallo dell'anima, un noir al femminile, una prolungata e tormentosa partita a scacchi con il passato che alza la posta dei facili pamphlet contro i recessi della cronaca più oscuri e ripugnanti. A sei anni da 'Malena', il regista più dotato e generoso della sua generazione sceglie le tonalità struggenti di un incubo che si materializza progressivamente negli occhi, nei gesti, nelle azioni della protagonista e del coro di esseri ambigui e sinistri evocati da una trance sul filo del rasoio di Hitchcock e di Polanski. (...) La sinuosa onnipotenza di regia, insomma, non specula - come nei thriller seriali - sul pathos della povera perseguitata, bensì lo spende sul piano della lotta disperata per un potere alternativo a quello degli orridi fantasmi che le sono ormai alle spalle. Una sceneggiatura sin troppo ricca di incastri e ramificazioni via via più crude, dure, «sporche» in cui, peraltro, il talento visionario dell'autore si conferma a tutto campo: basti accennare alla «mostruosa» presenza dell'aguzzino Muffa, che Michele Placido incarna meritando gli stessi applausi che avrebbe meritato un Jack Nicholson. Tornatore sente le storie nella sua stessa carne e neanche nel caso di questo film aggressivo e palpitante s'impone le autocensure dei cineasti da batteria: è lo stesso respiro delle immagini che fa la differenza, l'atroce 'è' atroce, il sangue 'è' sangue, l'amore 'è' amore, il pianto 'è' pianto. Persino il finalissimo, che sembra cedere a una superflua esigenza consolatoria, a guardar bene risponde all'inesorabile alternarsi di verità reali e apparenti e di apparenze smentite da sempre nuove verità." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 ottobre 2006) "'La sconosciuta', non è bello, ma almeno non è brutto quanto 'La leggenda del pianista sull'oceano' e 'Malèna'. (...) Tornatore approda dunque dalle parti di Giordana ('Quando sei nato, non puoi più nasconderti', altro film da festival). E, come nel film di Giordana, la prima mezz'ora scorre, descrivendo la tela di ragno che la donna stesse attorno alla famiglia (Claudia Gerini e Pierfrancesco Favino) che alleva la sua bambina. Affiorano in questa fase ricordi del 'Servo' di Joseph Losey e della 'Cerimonia' di Chabrol. Ciò non sarebbe necessariamente un male, se non si affollassero i flashback di un solatio e violento sud italiano, degno del tornatoriano 'Camorrista'. Essi però servono a giustificare i crimini della donna nel plumbeo e ovattato nord. Per cominciare, la brava donna butta dalle scale una vecchia serva (Piera Degli Esposti), che le aveva fatto solo cortesie; poi s'infiltra nella casa degli orafi, con intenti anche di seduzione, cui Tornatore accenna mostrando un fugace nudo della Gerini, molto apprezzato dall'insinuante colf... Più si rivela il percorso del personaggio principale, meno esso è interessante. E il film sfocia in un buonismo contrastante con le premesse, come se l'intervento di polizia e magistratura (il braccio pubblico) potessero rimediare ai danni fatti dai privati. Peggio, Tornatore rappresenta ogni dieci minuti l'iper-crudeltà schematicamente, come se bontà e cattiveria dipendessero dai 'rapporti di produzione', come si diceva una volta, o dal reddito, come si dice ora. È la realtà la vera 'Sconosciuta', del film." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 19 ottobre 2006) "Giuseppe Tornatore, nel suo nuovo film 'La sconosciuta', crea il personaggio della nuova cinevittima esemplare, riunendo in un solo essere femminile tutti i disagi e le brutture che possono accanirsi oggi contro le donne sfortunate. (...) La vera scoperta del film è la protagonista, Ksenia Rappaport, attrice russa di teatro, cinema e fiction, a noi sconosciuta: assomiglia a Julia Roberts, è persino più alta, ed è stata scelta fra una quarantina di attrici europee, perché è brava ed emana una luce speciale, un incanto misterioso". (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 19 ottobre 2006) "Tornatore raccontando la storia di una vendetta di donna senza scalfire il sociale, si allinea a un pauroso incubo contemporaneo che invade il quotidiano: lo fa col suo stile di cinema allo stato dinamico puro, con la bella prepotente colonna sonora hitchcockiana di Ennio Morricone e con un ricco cast ben allineato sul noir e l'inconscio. In cui eccelle Xenia Rappaport, grande attrice russa della scuola teatrale di Dodin, ma c'è anche un perfido e glabro Placido e una indimenticabile Degli Esposti." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 11 maggio 2007)

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