La dolce vita1960

SCHEDA FILM

La dolce vita

Anno: 1960 Durata: 180 Origine: FRANCIA Colore: B/N

Genere:DRAMMATICO

Regia:Federico Fellini

Specifiche tecniche:TOTALSCOPE

Tratto da:-

Produzione:GIUSEPPE AMATO E ANGELO RIZZOLI PER RIAMA FILM (ROMA) - GRAY FILM - PATHE' CINEMA (PARIGI)

Distribuzione:CINERIZ (1960/1980) - DOMOVIDEO, NUOVA ERI, MONDADORI VIDEO, MULTIGRAM, L'UNITA' VIDEO - DVD: CINEMA FOREVER

ATTORI

Marcello Mastroianni nel ruolo di Marcello Rubini
Anita Ekberg nel ruolo di Sylvie
Anouk Aimée nel ruolo di Maddalena
Yvonne Furneaux nel ruolo di Emma
Alain Cuny nel ruolo di Steiner
Annibale Ninchi nel ruolo di Padre di Marcello
Walter Santesso nel ruolo di Paparazzo
Valeria Ciangottini nel ruolo di Paola
Polidor nel ruolo di Il Clown
Mino Doro nel ruolo di Amante di Nadia
Riccardo Garrone nel ruolo di Riccardo
Harriet Medin nel ruolo di Edna, segretaria di Sylvie
Alain Dijon nel ruolo di Frankie Stout
Giulio Girola nel ruolo di Dr. Lucenti
Nico Otzak nel ruolo di Ragazza a Via Veneto
Audrey McDonald nel ruolo di Jane
Renée Longarini nel ruolo di Signora Steiner
Giulio Paradisi nel ruolo di Tiziano, fotografo
Enzo Cerusico nel ruolo di Fotografo
Enzo Doria nel ruolo di Fotografo
Carlo Di Maggio nel ruolo di Totò Scalise, produttore
Adriana Moneta nel ruolo di Prostituta
Sondra Dee nel ruolo di Ballerina di Spoleto
Enrico Glori nel ruolo di Ammiratore di Nadia
Gloria Jones nel ruolo di Gloria
Lilly Granado nel ruolo di Lucy
Gloria Henry nel ruolo di Donna in Via Veneto
Lex Barker nel ruolo di Robert
Jacques Sernas nel ruolo di Il divo
Nadia Gray nel ruolo di Nadia
Massimo Busetti nel ruolo di Pettegolo in Via Veneto
Carlo Musto nel ruolo di Travestito
Laura Betti nel ruolo di Laura
Evelyn Stewart nel ruolo di Debuttante dell'anno Ida Galli
Magali Noël nel ruolo di Fanny
Cesarino Miceli Picardi nel ruolo di Signore al dancing
Donatella Esparmer nel ruolo di Signora
Maria Pia Serafini nel ruolo di Signora
Oscar Ghiglia nel ruolo di Sfruttatore
Gino Marturano nel ruolo di Sfruttatore
Thomas Torres nel ruolo di Giannelli, giornalista in ospedale
Carlo Mariotti nel ruolo di Infermiere
Leonardo Botta nel ruolo di Medico
Francesco Luzi nel ruolo di Radiocronista
Francesco Consalvo nel ruolo di Assistente sociale
Guglielmo Leoncini nel ruolo di Segretario di Scalise
Alessandro von Norman nel ruolo di Interprete conf. stampa Sandy von Norman
Tiziano Cortini nel ruolo di Operatore del cinegiornale
Donatella Della Nora nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Henry Thody nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Maité Morand nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Donato Castellaneta nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
John Francis Lane nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Concetta Ragusa nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
François Dieudonné nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Mario Mallamo nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Nadia Balabine nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Umberto Felici nel ruolo di Giornalista alla conf. stampa
Fabrizio Capucci nel ruolo di Fotografo alla conf. stampa
Adriano Celentano nel ruolo di Cantante Rock
Giò Staiano nel ruolo di Pierone
Gondrano Trucchi nel ruolo di Cameriere Caracalla's
Giò Stajano nel ruolo di Pierone
Archie Savage nel ruolo di Ballerino
Paolo Labia nel ruolo di Cameriere a casa di Maddalena
Giacomo Gabrielli nel ruolo di Padre di Maddalena
Gianfranco Mingozzi nel ruolo di Pretino in casa Steiner
Alfredo Rizzo nel ruolo di Regista Tv
Alex Messoyedoff nel ruolo di Prete del miracolo
Rina Franchetti nel ruolo di Madre dei miracolati
Aurelio Nardi nel ruolo di Zio dei miracolati
Marianna Leibl nel ruolo di Signora Emma
Nello Meniconi nel ruolo di Litigante a Via Veneto
Vittorio Manfrino nel ruolo di Direttore tabarin
Vadim Wolkowsky nel ruolo di Principe Mascalchi
Giulio Questi nel ruolo di don Giulio Mascalchi
Eugenio Ruspoli di Poggio Suasa nel ruolo di don Eugenio Mascalchi
Leonida Repaci nel ruolo di Invitato in casa Steiner
Anna Salvatore nel ruolo di Invitata in casa Steiner
Doris Pignatelli nel ruolo di Signora con il mantello bianco
Franco Rossellini nel ruolo di Il bel cavallerizzo
Maria Marigliano nel ruolo di Massimilla
Cristina Paolozzi nel ruolo di Ragazza che ride
Elisabetta Cini nel ruolo di Duchessa dormiente
Carlo Kechler nel ruolo di Signore con orologio
Brunoro Serego Alighieri nel ruolo di Ragazzo col visone
Giuliana Lojodice nel ruolo di Cameriera in casa Steiner
Tito Buozzo nel ruolo di Tito, bruto muscoloso
Daniela Calvino nel ruolo di Daniela
Renato Mambor nel ruolo di Giovanotto alto
Lucia Vasilicò nel ruolo di Ragazzina che si confessa
Giulio Citti nel ruolo di Uomo al Night
Angela Giavalisco nel ruolo di Donna all'aeroporto
Romolo Giordani nel ruolo di Uomo al castello
Maurizio Guelfi nel ruolo di Giornalista
April Hennessy nel ruolo di Donna in Via Veneto
Gloria Hendy nel ruolo di Donna in Via Veneto
Nina Hohenlohe nel ruolo di Donna al Castello
Francesco Lori nel ruolo di Uomo nella sequenza del miracolo
Mara Mazzanti nel ruolo di Donna all'aeroporto
Desmond O'Grady nel ruolo di Ospite di Steiner
Ada Passeri nel ruolo di Donna nella sequenza del miracolo
Oliviero Prunas nel ruolo di Figlio del principe
Gianni Querrel nel ruolo di Uomo al night
Anna Maria Salerno nel ruolo di Amica della prostituta
Noel Sheldon nel ruolo di Uomo in Via Veneto
Teresa Tsao nel ruolo di Donna al night
Maria Teresa Vianello nel ruolo di Donna all'aeroporto
Angela Wilson nel ruolo di Donna in Via Veneto
Aldo Vasco
Andrea De Pino
Antoinette Weynen
Armando Annuale
Christine Graefeck
Else Knorr
Gianni Baghino
Gino Talamo
Giuseppe Addobbati
Ida Bracci Dorati
Ignazio Balsamo
Isabella Sodani
Italo Zingarelli
Liana Orfei
Libero Grandi
Loretta Pepi
Lucia Modigliani
Marta Melocco
Oretta Fiume
Paola Petrini
Umberto Orsini
Winie Vagliani
Yamy Kamadeva
 

MUSICHE

Rota, Nino
 

MONTAGGIO

Catozzo, Leo

TRAMA

Marcello è un giornalista che scrive per un rotocalco articoli mondani, in cui figurano persone efatti noti nell'ambiente di Via Veneto. L'attività professionale lo ha portato ad adottare un sistema di vita molto simile a quello dei suoi personaggi. Così egli passa con indifferenza da una relazione all'altra: mentre convive con Emma non rinunzia ad altre avventure. Ha una temporanea relazione con Maddalena, giovane ricchissima, annoiata della vita, sempre in cerca di sensazioni. L'arrivo di Sylvie, celebre attrice americana, gli fornisce occasione di nuove esperienze sentimentali. Per dovere professionale Marcello si occupa di una falsa apparizione della Madonna, inventata da due bambini dietro istigazione dei genitori. Partecipa ad una festa organizzata da alcuni membri della nobiltà che gli dà modo di accertare il basso livello morale di quell'ambiente. Marcello è amico di Steiner, un intellettuale che riunisce nel suo salotto artisti e letterati. La felice vita familiare dell'amico lo impressiona favorevolmente visto che accarezza l'idea di sposare Emma per iniziare con lei un'esistenza più regolare e tranquilla. Ma qualche tempo dopo Marcello apprende che Steiner, in una crisi di sconforto, si è ucciso, dopo aver soppresso i suoi due bambini. Per superare l'orrore destato in lui dal tragico fatto, Marcello, si getta, senza alcun ritegno, nel turbine della vita mondana. Dopo un'orgia, che ha lasciato in tutti tedio e disgusto, Marcello incontra per caso sulla spiaggia una giovinetta dallo sguardo limpido e innocente, e cerca invano di capire quanto ella gli dice; un canale li divide e non afferra le sue parole, perciò segue i suoi squallidi amici.

CRITICA

"Il film - uno dei film più terribili, più alti, e a modo suo più tragici che ci sia accaduto di vedere su uno schermo - è la sagra di tutte le falsità, le mistificazioni, le corruzioni della nostra epoca, e il ritratto funebre di una società in apparenza ancora giovane e sana che, come nei dipinti medioevali, balla con la Morte e non la vede, è la "commedia umana" di una crisi che, come nei disegni di Goya o nei racconti di Kafka, sta mutando gli uomini in "mostri" senza che gli uomini facciano in tempo ad accorgersene." (Gian Luigi Rondi, "Il Tempo", 5 febbraio 1960). " Come cinegiornale, il film è splendido: divertente e tragico, mosso e svariante. E' nella sua estrema libertà di composizione, ricchissimo: senza principio né fine, così stratificato, è lungo tre ore e potrebbe durarne due o sei. Immagine del caos, sembra caotico ed è calcolatissimo; e il suo linguaggio è tenero e aggressivo, smagliante e profondo. Infallibile, viene la tentazione di dire: quasi che il dinamico e pittoresco barocchismo di Fellini avesse raggiunto-non sembri una contraddizione-un classico rigore." (Morando Morandini, "La Notte", 6 febbraio 1960). "C'è una certa monotonia, sia pure assai colorita, di tipi, di scorci, di accenti. Se codesta monotonia fosse stata soltanto apparente, e allora calibrata in un suo ritmo rigoroso, dalla sordina sempre più ossessiva, tutto ciò avrebbe potuto avere un'altra sua non meno straordinaria efficacia. Così, invece, i tipi si stingono talvolta l'uno sull'altro, o si ricalcano. Dovrebbe giustificarli un loro minimo comun denominatore; ma questo è così esplicito che, lungo il cammino, per forza di cose si attenua, e si fa risaputo." (Mario Gromo, "La Stampa", 6 febbraio 1960). "Pur tenendosi costantemente a un alto livello espressivo, Fellini pare cambiar maniera secondo gli argomenti degli episodi, in una gamma di rappresentazione che va dalla caricatura espressionista fino al più asciutto neorealismo. In generale si nota un'inclinazione alla deformazione caricaturale dovunque il giudizio morale si fa più crudele e più sprezzante, non senza una punta, del resto, di compiacimento e di complicità, come nella scena assai estrosa dell'orgia finale o in quella della festa dei nobili, ammirevole quest'ultima per sagacia descrittiva e ritmo narrativo." (Alberto Moravia, L'Espresso", 14 febbraio 1960). "E sbigottiamo anche noi. Due volte. La prima perché non è possibile affacciarsi senza un brivido su questa babilonia disperata che Fellini ha dipinto senza abbandonarsi a sciocchi anatemi, senza volerle infliggere altra punizione che quella di vedersi allo specchio in tutti i più minuti particolari. La seconda perché siamo di fronte a un cinema altissimo per originalità di linguaggio, aggressività di stacchi e cadenze, incisiva compiutezza di immagini; un cinema che, superando i confini riconosciuti, ci mostra risultati la cui vastità era nota finora solo alla grande letteratura e alla grande musica (a proposito: magnifico per incalzante funzionalità il commento musicale di Nino Rota). (Guglielmo Biraghi, "Il Messaggero", febbraio 1960). "Il film è troppo importante perchè se ne possa parlare come di solito si fa di un film. Benchè non grande come Chaplin, Eisenstein o Mizoguchi, Fellini è senza dubbio un 'autore', non 'regista'. Perciò il film è unicamente suo: non vi esistono né attori né tecnici: niente è casuale (...)." (Pier Paolo Pasolini, 'Filmcritica', 94, febbraio 1960) "Visto a distanza, col senno del poi, 'La dolce vita' fa figura di spartiacque nel panorama del cinema italiano del dopoguerra. In un certo senso, anzi ne segna la fine, e l'inizio di una nuova epoca. La sua importanza e il suo significato possono essere riassunti in questi punti: 1) rappresentò, nella carriera del suo autore, l'approdo alla maturità espressiva; 2) contribuì a quel rinnovamento dei modi narrativi che fu il fenomeno più vistoso nel cinema degli anni sessanta; 3) ripropose, come già avevano fatto Rossellini prima e Antonioni poi, quel problema del neorealismo e del suo superamento che in quegli anni costituì la cattiva coscienza - e, in qualche caso, il tormento - della critica cinematografica italiana; 4) segnò una svolta fondamentale nella storia della libertà d'espressione in campo cinematografico." (Morando Morandini, in "Storia del cinema" a cura di Adelio Ferrero, Marsilio, 1970). "C'è dunque una differenza profonda tra 'La dolce vita' e le altre opere di Fellini, ma è una differenza di quantità, non di qualità. Vi appaiono personaggi di tragedia, vi si agitano passioni dalle proporzioni inconsuete che Fellini non ci aveva mai raccontato, ma a cosa porta tutto questo accumularsi di materiali nuovi? Sembra che saggiando fino in fondo - su misure mai prima raggiunte - la inconsistenza (la 'vanità') della realtà cosiddetta vera (l'idolo dei realisti, a cui tutto andrebbe sacrificato), Fellini voglia, una volta per tutte, sgombrare il campo dagli equivoci e darci la risposta che più gli sta a cuore, offrirci in forma definitiva, lacerante e incontrovertibile, la sua dichiarazione di fede. La realtà è questo vuoto, questo nulla, questa materialità vacua. Quindi la scintilla del sentimento, la vitalità dello spirito, il vero esistere non può che scoccare nel momento della sconfitta della realtà stessa. La vita dell'anima si accende come un palpito nel momento in cui si rimpiange - attraverso la documentazione agghiacciante della inconsistenza del reale - un bene perduto (Zampanò); ma si accerta ancor più angosciosamente quando si è giunti attraverso l'esperienza 'radicale' della materialità, al fondo dell'abiezione. Allora la vera realtà - il trascendente (finale di La dolce vita) - appare come una folgorazione; irraggiungibile e incomunicabile, ma appare." (Carlo Lizzani, "Il cinema italiano 1895-1979", Editori Riuniti, 1980).

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