SCHEDA FILM

JEAN DE FLORETTE

Anno: 1986 Durata: 120 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:SCOPE

Tratto da:TRATTO DAL ROMANZO "L'ACQUA DELLE COLLINE" DI MARCEL PAGNOL

Produzione:RENN PRODUCTIONS, FILMS A 2, D.D. PRODUCTIONS, PARIGI - RAIDUE, ROMA

Distribuzione:ISTITUTO LUCE - I.N.C. (1988)

TRAMA

Nella Provenza, anni '20, in un paese di collina, vivono Papet e suo nipote Ugolin, il quale ha una grande aspirazione: coltivare i garofani. Per realizzare il progetto Ugolin ha bisogno di acqua. Vicino alla proprietà dello zio Papet c'è un terreno con una sorgente: Papet decide di recarsi dal proprietario per fargli un'offerta, ma riceve solo insulti. Gli animi si riscaldano, i due arrivano alle mani e alla fine Papet uccide il proprietario del terreno: la morte dell'uomo verrà attribuita ad una caduta accidentale dall'albero. Il terreno in questione viene ereditato da un'uomo che vive in città: Jean De Florette, il quale si stabilisce nel podere con la moglie Aimee e la piccola figlia Manon di otto anni. Papet vuole ottenere a tutti i costi il terreno e ottura la sorgente, costringendo Jean a cercare l'acqua in altre parti. Jean ha in mente grandi progetti: un allevamento di conigli e diverse coltivazioni seguendo tecniche agricole moderne. Ma ha bisogno d'acqua poichè il raccolto va in malora, i conigli sono decimati per la sete. Nel tentativo disperato di salvare un pozzo con la dinamite Jean ha un incidente mortale. Papet, che aveva prestato una somma di denaro a Jean, ponendo un'ipoteca sulla proprietà, può acquistare il terreno. Successivamente la piccola Manon è testimone del raggiro di cui è stato vittima il padre, poichè vede Papet e Ugolin liberare la sorgente che avevano ostruito, da cui sgorga abbondante quell'acqua che è costata la vita a Jean.

CRITICA

"Il film, pur mantenendo una sua autonomia, si sospende su queste note di dimensione tragica, lasciando contemplare nella seconda parte ambientata una decina d'anni dopo, la rivalsa della giovane Manon contro coloro che furono causa della distruzione della sua famiglia. (E proprio quest'ultima parte costituì la trama di un film, appunto 'Manon delle sorgenti' che lo stesso Pagnol realizzò nel 1952, e sulla cui base qualche tempo dopo sviluppò le premesse traducendo il tutto nel testo letterario)." (Leonardo Autera, 'Il Corriere della Sera', 7 maggio 1988) "C'è lo spettacolo ma manca la realtà contadina nel film diretto da Claude Berri, dal procedere fluviale sostenuto dalla cura un po' enfatica dei dettagli (non di sola acqua si parla ma anche di vino, di conigli, di asini e muli, con l'importanza loro assegnata nei racconti rurali), mentre il gruppo degli interpreti è dominato dalle caratterizzazioni di Yves Montand (Papet) e di Daniel Auteuil, l'equivoco nipote Ugolin che soppesa la terra del vicino con la libidine usata al fiume quando va a spiare il bagno delle donne, mentre il gobbo Jean è impersonato da un Depardieu più sorvegliato del solito 'Jean de Florette' si rivolge al pubblico tranquillo appassionato alle trame lineari e al finale solenne suggerito anche dalle note verdiane della 'Forza del destino'." (Alfio Cantelli, 'Il Giornale', 8 maggio 1988) "Romanzo campagnolo, saldamente radicato nella realtà paesaggistica e psicologica del Mezzogiorno francese, 'L'eau des collines' fu adattato per lo schermo, nel 1951, dal suo stesso autore, Marcel Pagnol il quale ne privilegiò, però, solo la seconda parte ('Manon des sources'), ritenendo la prima ('Jean de Florette') intraducibile per il cinema e, comunque, troppo lontana dai toni di commedia da sempre cari alla sua vena di regista. A trentacinque anni di distanza è toccato, quindi, a Claude Berri (in collaborazione con Gérard Brach) rimettere le mani in quella storia provenzale di crudeltà contadina e di utopia agreste, di grettezza interessata e di entusiasmi ecologici, che, scontrandosi, si traducono in tragedia. Compagno di strada dei maggiori registi della Nouvelle Vague e ricordato soprattutto per un'opera prima molto delicata ('Il vecchio e il bambino') Claude Berri ha tratto dal romanzo di Pagnol un lungo film (circa quattro ore) in due puntate narrativamente autonome. Il tema di 'Jean de Florette' (verrà poi 'Manon delle sorgenti') è semplice e lineare." ('Il Secolo XIX ' , 11 novembre 1988)

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