Il partigiano Johnny2000

SCHEDA FILM

Il partigiano Johnny

Anno: 2000 Durata: 135 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM (1:1,85)

Tratto da:romanzo omonimo di Beppe Fenoglio

Produzione:DOMENICO PROCACCI PER FANDANGO, TELE+

Distribuzione:FANDANGO

TRAMA

Dopo l'8 settembre Johnny, uno studente di letteratura inglese tornato ad Alba, deve nascondersi in una villetta nelle vicinanze, in quanto disertore. Certo di dover combattere contro il nazifascismo deve ancora scegliere, però, i suoi compagni di lotta. Troppo anglofilo per seguire nelle bande comuniste i suoi due professori, Chiodi e Cocito, si avvia solitario nelle Langhe dove si unisce alla prima banda che incontra che è, comunque, guidata da un comunista. I partigiani sono male armati e Johnny scopre presto che la loro vita non è quell'avventura poetica che aveva immaginato. Dopo che, attaccato dai tedeschi, il suo gruppo si sbanda, va a cercare le formazioni azzurre, composte da ex-militari dell'esercito regio. Johnny non riesce ad entrare in sintonia neanche con loro, troppo presi da strategie formali. Dopo aver perso Alba, in seguito ad un infelice tentativo di occupazione, da lui non condiviso, Johnny, dopo giorni di fuga insieme a Ettore e Pierre, riesce a salvarsi rifugiandosi nella cascina di Rina, una contadina amica dei partigiani mentre Pierre viene ferito. Quando Ettore è fatto prigioniero insieme a Rina, Johnny tenta invano di scambiarlo con un soldato fascista catturato, poi passa l'inverno da solo. In questa condizione estrema trova finalmente la sua ragione di essere partigiano e il senso di tanta violenza. Alla fine dell'inverno è uno dei pochi partigiani sopravvissuti, solo che al momento di reinserirsi nella vita civile, si sente lontano anche da Pierre che è guarito. Ma quando Pierre organizza un attacco a una formazione fascista è il primo a farsi avanti, ma si tratta di un'imboscata e deve assistere impotente alla morte di due suoi compagni poi, sordo all'invito a ritirarsi. si alza per sparare. Si ode un colpo di fucile. Due mesi dopo la guerra è finita.

CRITICA

Dalle note di regia: Il partigiano Johnny, di questi tempi, è una sfida e un desiderio. La sfida dell'inattualità, il desiderio dell'autenticità. "'Il partigiano Johnny' di Guido Chiesa porta sullo schermo il celebre e bellissimo romanzo di Beppe Fenoglio, ma per evitare faziosità e strumentalizzazioni, per non cadere nella retorica resistenziale, smussa, sfuma, interiorizza ogni conflitto finendo per risultare un po' esangue (...). A forza di riserbo e malgrado i 135 minuti di durata, tutto, anche gli affetti che legano Johnny ai suoi compagni resta distante, più enunciato che mostrato". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 settembre 2000) "Chiesa, con il suo sceneggiatore Antonio Leotti, ha seguito molto fedelmente questo schema, soprattutto convincendo con dei modi di rappresentazione in felice equilibrio fra cronaca e memoria. Affidandosi a immagini buie come quegli anni e dando concretissimo rilievo, sia nelle pagine corali, sia in quelle più private, al personaggio del protagonista; seguito da vicino tanto nei suoi vari impeti generosi quanto nei suoi momenti di sconforto di fronte a realtà che non sempre corrispondevano ai suoi ideali di libertà e di dedizione. Lo ricrea, con secchezza ma anche con tensioni giuste, un attore, Stefano Dionisi, spesso ineguale, qui, invece, saldo, sensibile e sicuro". (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo, 5 settembre 2000) "(...) Guido Chiesa sviluppa il film senza punte emotive e con poche emozioni (...) L'unica impressione forte (e non originale) che lascia il film, perennemente bagnato in una luce livida dalla fotografia di Gherardo Grossi e inondato dalla prepotente musica di Alexander Balanescu, è la grande confusione e impreparazione in cui si muovono le formazioni azzurre o rosse, badogliane o comuniste. Decisamente la guerra partigiana non è un'avventura poetica". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 5 settembre 2000) "Per misurare la coerenza antiretorica di Chiesa basterebbe paragonare il suo film con 'La tregua', l'adattamento del romanzo di Primo Levi diretto tre anni fa da Francesco Rosi. I modelli del regista torinese sono altri: il cinema neorealista, e in particolare l'ultimo episodio di 'Paisà', da un lato, dall'altro 'La sottile linea rossa' di Terrence Malick. L'unica cosa che stona, in tutto ciò, è a carico della colonna sonora, con la musica invadente di Alexander Balanescu e la voce over-screen che narra o commenta in inglese. Invece le scene di guerra risultano assolutamente convincenti, proprio per l'essenza di eticità e l'inesorabile ripetitività con cui sono rappresentate. L'ambientazione 'on location' sui luoghi dell'azione è ineccepibile. Ottima l'interpretazione di Stefano Dionisi, adeguato e ben diretto tutto il cast". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 18 novembre 2000) "Tra gli attori tutti ben scelti e ben diretti, il protagonista Stefano Dionisi ha una aderenza fisica al personaggio fuori del comune e convincente". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 17 novembre 2000)

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