Il nostro matrimonio ? in crisi2002

SCHEDA FILM

Il nostro matrimonio è in crisi

Anno: 2002 Durata: 100 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:AURELIO DE LAURENTIIS PER FILMAURO

Distribuzione:FILMAURO

TRAMA

TRAMA BREVE "Il nostro matrimonio è in crisi"; è questo ciò che si sente dire Antonio da Alice il giorno stesso del loro matrimonio, non appena entrati nella loro nuova casa dopo la cerimonia nuziale e il ricevimento, lei con ancora l'abito bianco indosso ed i divani e il letto ancora avvolti nel cellophane. Dopo questa frase Alice decide di andare via, a cercare il suo "Io" sotto le cure del maestro Makerbek, lasciando Antonio solo con il suo smarrimento. TRAMA LUNGA Dopo un lungo fidanzamento, Antonio e Alice si sposano. La sera, a casa, lei ancora in abito bianco gli comunica che quella notte dormiranno separati, e aggiunge: "Il nostro matrimonio è in crisi". La mattina dopo fa le valigie e va via. Antonio, incapace di spiegarsi la situazione, si sfoga ora con i genitori ora con gli amici più fidati. Accertato che Alice se ne è andata perché bisognosa di cercare il proprio 'io', Antonio, dopo insistenze e indagini, scopre che la moglie si è rifugiata presso il Centro Autostima Stellare, una sorta di grande tenuta in piena campagna. Disposto a tutto, entra a sua volta nel Centro (dove si pagano rette altissime) e viene a contatto con Makerbek, il capo spirituale della comunità, una specie di santone che dispensa saggezza con frasi fatte e gestualità meccanica. Antonio deve passate tutte le fasi della vita del villaggio, e cercare di entrare in rapporto con gli altri frequentatori. Tra le tante attività giornaliere, c'è quella di andare a cavallo, ed è in quella occasione che Alice lo vede e capisce che la sta seguendo. Dapprima reagisce ribellandosi, poi vorrebbe fare pace, lo cerca ma lo trova intento all'attività del massaggio con una ragazza. Allora urla che vuole divorziare. Antonio organizza il rapimento della ragazza con l'aiuto dell'amico Pippo. La portano fuori, ma hanno sbagliato donna, e Antonio torna indietro. Quando il periodo di permanenza si conclude e Makerbek ha tenuto il discorso finale, due 'clienti' si alzano e lo portano via: sono finanzieri e hanno verificato irregolarità contabili. Tutti allora escono dalla comunità, comunque più leggeri e sollevati. A casa, Alice e Antonio rifanno il letto della camera. Lui si ferma preoccupato, lei chiede spiegazioni, lui dice: "Ho perso l'io, e non lo trovo più". Poi ride e guarda verso la m.d.p.

CRITICA

"Albanese si muove con la solita verve e simpatia, gli altri attori se la cavano bene, i dialoghi sono divertenti, le trovate comiche hanno il merito di non strafare. Molto meno soddisfacente l'uso della macchina da presa: o meglio, il non uso, dato che Albanese si limita a inquadrare quasi esclusivamente primi piani suoi e degli altri come si fa alla tv. Perché i nostri comici, se vogliono fare il cinema, non si mettono d'impegno a studiare il linguaggio del cinema? Anche i primissimi film di Allen erano a bassa definizione d'immagine; ma poi Woody ha imparato la lezione, eccome se 'ha imparata". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 23 febbraio 2002) "(...) Il problema, come già per Totò, non è la debolezza della cornice satirica, bensì la sua inadeguatezza ai doni di Albanese. Che è un comico-orchestra, un corpo in rivolta, un folle abitato da cento voci e personalità, un Proteo capace di condensare trattati di sociologia (o di patologia) in un'occhiata, una camminata, una smorfia. Qui invece perfino due penne estrose come Serra e Cerami devono ricorrere ai dialetti per strappare una risata. Brutto segno davvero. Sarà mica la crisi della sinistra?". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 febbraio 2002) "Antonio Albanese in certo modo si banalizza e s'involgarisce convertendosi alla satira di costume, prendendo in giro sia i matrimoni decisi e vissuti con futilità, sia gli stupidi tic dei ricercatori contemporanei di benessere spirituale, identità, pace, eccetera. (...) Albanese segue la sua sposa, ma la comunità gli risulta tanto insopportabile da indurlo a progettare il rapimento della moglie". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 22 febbraio 2002)

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