Il Mahabharata1990

SCHEDA FILM

Il Mahabharata

Anno: 1990 Durata: 320 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, STORICO

Regia:Peter Brook

Specifiche tecniche:PANORAMICA A COLORI

Tratto da:ispirato al poema indù, lungo 15 volte la Bibbia e che abbraccia 9 secoli di storia, del poeta indiano Viasa.

Produzione:MICHEL PROPPER PER CHANNEL 4 TELEVISION CO. (LONDRA), THE BROOKLYN ACADEMY OF MUSIC INC. (N.Y.), MAHABHARATA LTD., LES PRODUCTIONS DU 3EME ETAGE1989 (PARIGI)

Distribuzione:MIKADO FILM - SAN PAOLO AUDIOVISIVI, GENERAL VIDEO, CECCHI GORI HOME VIDEO

ATTORI

Bruce Myers nel ruolo di Ganesha/Krishna
Vittorio Mezzogiorno nel ruolo di Arjuna
Andrzej Seweryn nel ruolo di Yudhishthira
Jeffrey Kissoon nel ruolo di Karna
Mallika Sarabhai nel ruolo di Draupadi
Georges Corraface nel ruolo di Duryodhana
Helene Patarot nel ruolo di Gandhari
Mamadou Dioumé nel ruolo di Bhima
Miriam Goldschmidt nel ruolo di Kunti
Robert Langdon Lloyd nel ruolo di Vyasa
Ryszard Cieslak nel ruolo di Dhritharashtra
Sotigui Kouyaté nel ruolo di Bhishma
Tapa Sudana nel ruolo di Pandu/Shiva/Salya
Tuncel Kurtiz nel ruolo di Shakuni
Urs Bihler nel ruolo di Dushassana
Yoshi Oida nel ruolo di Drona
 

SOGGETTO

Viasa
 

MONTAGGIO

Gaster, Nicolas
 

SCENOGRAFIA

Obolensky, Chloe
 

COSTUMISTA

Obolensky, Chloe

TRAMA

Le vicende e i personaggi sono moltissimi ma alla base c'è la convinzione che culture, religioni e civiltà diverse abbiano radici comuni. Anche se le risposte sono diverse, le domande sul senso dell'esistenza, sulla contrapposizione tra bene e male, sul destino, sono domande universali per l'essere umano. Vi si narra delle sfide e lotte furiose fra due schiatte di principi (cinque per parte), poi divenuti sovrani di grandi regni. I primi (i Pandava), figli di un re cieco e di una regina (Gundhari), che già da promessa sposa si era bendata per sempre gli occhi onde amare ancora di più il consorte infelice; gli altri (i Kaurava), figli di un'altra donna (Kunti). Nel primo gruppo primeggiano Arijuna, Khrisna l'illuminato e Dhritharashtra; nel secondo Kama il bastardo, che tutti chiamano "il figlio del carrettiere". La vicenda è raccontata da un narratore vegliardo ad un adolescente, affinchè questi apprenda dai miti a riconoscere e rispettare le proprie radici, e ciò mentre uno scriba ne verga su di un librone i vari momenti. Gli anni e i decenni passano tra lotte per il Potere, esilî durissimi (Arijuna e i suoi fratelli, perdenti in una tesa partita a dadi, giocata con gli avversari e poi banditi in lande selvagge), nonchè la vendetta di costoro, fino allo scontro finale. Sarà un feroce massacro, nel corso del quale Kama e Arijuna si sfidano con le bighe e poi, impantanatosi il carro del bastardo, Arijuna, sempre esitante, cede alla imposizione di Khrisna di scoccare sull'avversario la freccia mortale. A racconto ultimato, il vegliardo consegna l'enorme libro al suo ascoltatore, affascinato dai miti, dai moniti profetici e dalle imprese di re e di eroi ed ora consapevole della potenza, della forza, ma anche della saggezza con cui il passato ereditato dalla propria gente si è arricchito attraverso secoli e secoli di avventura umana.

CRITICA

"La tenuta stilistica della regia di Peter Brook è sempre di alto decoro formale, talvolta di grande suggestione dinamica e figurativa: riesce a conciliare la raffinatezza con la semplicità. La recitazione di un'affiatata compagnia di attori è in un inglese che possiede nello stesso tempo una limpidezza da Berlitz School e una densità drammatica da tragedia scespiriana, e ha una fisicità sapiente che passa in platea. E' quasi un obbligo patriottico citare Vittorio Mezzogiorno nella parte del buono e appassionato Arjuna, in giusto equilibrio tra straniamento epico e partecipazione emotiva." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 17 Luglio 1990) "Il film, pur mescolando dei e uomini, non comincia proprio dalla creazione ma, per bocca di un narratore che a un giovanissimo indiano dice di voler raccontare le sue origini, prende le mosse da un re cieco cui va sposa una donna che, per rispettare la sua infermità, si benda gli occhi per sempre. (...) Isolando ogni figura quasi nel vuoto - scenografie ridotte al minimo, colori poco accesi affogati in una dominante scura che sembra simboleggiare il buio delle origini - e pur dando amplissimo spazio ai personaggi, non di rado puntigliosamente in primo piano, si è sempre mosso in mezzo a loro con un ritmo cui la lentezza meditata del sacro non toglie mai dinamismo. Affidando oltre a tutto questi personaggi ad interpreti di ogni nazionalità e colore che, pronunciando con una fitta varietà di accenti l'inglese quasi scespiriano del testo, raddoppiano l'effetto di estraniamento del loro auto-narrarsi, collocandosi intenzionalmente fuori dal tempo e dalla storia, quasi assimilati alla gente di oggi. La pagina più suggestiva, la battaglia finale, l'hanno ispirata di certo le guerre corrusche di Kurosawa in 'Kagemusha', ma riflette anche il realismo duro del 'Macbeth' di Welles. La letteratura che, tramite il teatro, diventa grande cinema." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 12 Luglio 1990) "Peter Brook non è soltanto uno straordinario regista di teatro, ma anche un altrettanto prestigioso regista di cinema, come dimostra 'Il signore delle Mosche', bellissimo film di fantascienza distribuito in Italia negli Anni '70. Non è neppure la prima volta che Peter Brook porta sullo schermo una sua messa in scena teatrale. Lo aveva già fatto con 'Marat-Sade', dimostrando di saper separare nettamente il linguaggio del teatro da quello del cinema. Con 'Mahabhàrata' Peter Brook conferma questa sua qualità in un film suggestivo, favoloso, dove il mito si intreccia con atmosfere barbariche e corrusche fino a fondersi in un unico e magico amalgama la cui universalità è sottolineata da un cast dove figurano attori di tutte le razze, fra i quali si distingue anche il nostro Vittorio Mezzogiorno, nel ruolo di Arjuna, l'invincibile arciere." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 8 Agosto 1990)

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