SCHEDA FILM

Il giardino di cemento

Anno: 1992 Durata: 105 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM, PANORAMICA

Tratto da:romanzo omonimo di Ian McEwan (ed. Einaudi)

Produzione:NEUE CONSTANTIN FILM PRODUCTIONS

Distribuzione:MUSIC BOX FILM (1994) - PANARECORD

TRAMA

In una strana casa, isolata dal mondo reale, quattro bambini orfani vanno oltre i tabù delle relazioni familiari e creano un loro mondo - e una loro moralità ... A 15 anni Jack è un ragazzo selvaggio. A parte l'interesse per la sorella maggiore Julie, è assorbito dalla sua sessualità ed ha poco interesse per suo fratello minore Tom (7) e per sua sorella Sue (11). Quando la madre muore i ragazzi la seppelliscono in un baule pieno di cemento in cantina. La vita continua ma, mentre Julie assume il ruolo materno, Jack pensa solo a se stesso. Anche Tom si rifugia nel suo mondo fantastico vestendosi in modo femminile ed interpretando ruoli con il suo amico William. Sue, l'osservatrice, si ritira in cantina per scrivere il suo diario, seduta accanto alla mamma defunta. La casa si addormenta ... L'arrivo del ragazzo di Julie, Derek, minaccia di riportarli alla realtà. Tuttavia è questa intrusione che sprona Jack a maturare conquistando finalmente l'ammirazione e l'amore di Julie.

CRITICA

"Tutto funziona in questo film che turba, spiazza, inquieta. Funziona la scelta dei quattro giovani interpreti: la nipote Charlotte Gainsbourg, figlia del cantante Serge Gainsbourg e di Jane Birkin, nella parte di Julie, mascolino miscuglio di innocenza ferita e sensualità latente; Andrew Robertson per lo zazzeruto Jack di femminea bellezza, vulnerabile e inquieto; Alice Coulthard per l'undicenne Sue e Ned Birkin, uno dei tre figli del regista, per il piccolo Tom. Funzionano la fotografia di Stephen Blackman e soprattutto la colonna sonora per il sapiente impasto di musica evocativa o coinvolgente e di rumori dilatati, Funziona il sagace equilibrio tra crudeltà e tenerezza, lucidità di sguardo e abbandoni lirici - la scrittura registica che rende con efficacia antropologica questo microcosmo adolescenziale alla deriva. Almeno due le scene memorabili: per ferocia quella parallela in cui, mentre il padre muore in giardino, Jack si masturba davanti allo specchio; per pathos quella in cui il piccolo Tom corre ad abbracciare la madre morta sul letto." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 23 febbraio 1994) "Curiosamente, il gelo di McEwan era più plausibile dei coinvolgimenti, sia pure solo estetici, tentati da Birkin, ma anche con questi limiti, soprattutto di gusto, quegli inferni familiari finiscono per meritare attenzione: con la forza delle immagini (una fotografia ora solare ora più preferibilmente bluastra), con musiche e un sonoro che sembrano quasi soltanto espressioni dell'inconscio e, soprattutto, con una interpretazione tenuta tutta all'insegna della più accentuata ambiguità: la sorella incestuosa è Charlotte Gainsbourg, nipote del regista (è la figlia di Jane Birkin), incline all'androginia, il fratello che seduce è un esordiente invece molto femmineo, Andrew Robertson, li compensa e li compendia il fratellino più piccolo, Ned Birkin, figlio del regista, intento, con un compagno di scuola, a giocare a (papà e mamma) con parrucca bionda e gonnellino. Molto fastidio, certo, ma il linguaggio, in parte tende ad attenuarlo." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 21 febbraio, 1994) "Nel trasferire sulla pellicola l'ispido thrilling 'Il giardino di cemento' di Ian McEwan (il libro è pubblicato dall'editore Einaudi) il regista Andrew Birkin (giustamente premiato lo scorso anno alla Berlinale) è riuscito nell'impresa molto meglio dell'esperto John Schlesinger, che abbiamo visto a malpartito con 'The Innocent' dello stesso autore. Attraverso le eccezionali personificazioni di Andrew Robertson e Charlotte Gainsburg, figlia di Jane Birkin (ma va ricordata l'eccellente attrice che fa la madre, Sinead Cusack) siamo invitati a rivisitare negli usi e costumi l'universo dei giovani più giovani con la sensibilità che ha un antropologo per le culture dei primitivi." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 17 febbraio 1994)

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