Il figlio2002

SCHEDA FILM

Il figlio

Anno: 2002 Durata: 103 Origine: BELGIO Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Jean-Pierre Dardenne|Luc Dardenne

Specifiche tecniche:AATON A-MINIMA, 16 MM, SUPER 16 GONFIATO A 35 MM (1:1.66)

Tratto da:-

Produzione:JEAN-PIERRE DARDENNE, LUC DARDENNE E DENIS FREYD PER LES FILMS DU FLEUVE, ARCHIPEL 35, RTBF

Distribuzione:LUCKY RED - DVD: LUCKY RED (2009)

ATTORI

Olivier Gourmet nel ruolo di Olivier
Morgan Marinne nel ruolo di Francis
Isabella Soupart nel ruolo di Magali
Nassim Hassaini nel ruolo di Omar
Remy Renaud nel ruolo di Philippo
Anne Gérard nel ruolo di Madre di Dany
Fabian Marnette nel ruolo di Rino
Félicien Pitsaer nel ruolo di Steve
Jimmy Deloof nel ruolo di Dany
Kevin Leroy nel ruolo di Raoul
 
 

SCENOGRAFIA

Gabriel, Igor
 

COSTUMISTA

Parelle, Monic

TRAMA

Chi è quel ragazzo di nome Francis? Se Olivier si rifiuta di prenderlo nella sua officina, perché ha cominciato a seguirlo nei corridoi del centro di formazione, per le strade, nel suo palazzo? Perché è così interessato a lui? Perché sembra così dispiaciuto per lui? Per tenere a bada la disperazione Olivier da anni trasmette a ragazzi che potrebbero essere suoi figli la sua abilità nella falegnameria. Perché la paternità è anche questa sapienza trasmessa e se a Olivier manca un figlio a Francis manca un padre.

CRITICA

"I Dardenne usano una scala ottica inconsueta: stanno con le immagini addosso ai personaggi come se dovessero rubare loro l'anima per stamparla sullo schermo e permettono così allo spettatore di cogliere il movimento dei corpi, l'essenzialità dei gesti. Olivier Gourmet, attore da sempre complice dei fratelli registi, fa il resto. (...) 'Le fils' è anche un giallo, è un intreccio a chiave che appaga lo spettatore; ma soprattutto è un frammento di un cinema che non assomiglia a nessun altro" (Andrea Martini, 'Il Giorno', 24 maggio 2002) "La bellezza de 'Il figlio' sta nel non ostentare mai le intenzioni del protagonista. (...) Con una regia che interpreta ma nello stesso tempo resta pudica (macchina da presa a mano ma meno radicale che in 'Rosetta'), i Dardenne mettono dunque in scena un racconto morale dove si confrontano, a livello minimale, argomenti di spessore assoluto". (Mauro Gervasini, 'Film Tv', 8 ottobre 2002) "'Le fils' è molto bello anche per l'attenzione speciale portata alla materialità del lavoro di falegnameria, ai legni e ai rumori, agli attrezzi. L'ansioso ritratto del protagonista e della sua impoverita esistenza è perfetto; il film civilissimo è sostenuto dalla suspence che muove la vicenda, dalle immagini nitide e profonde, dal sentimento di una solitudine invincibile." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 maggio 2002) "Macchina a mano sempre in movimento, primi e primissimi piani molto spesso di spalle, nemmeno una nota in tutto il film ma una vera partitura di musica concreta per martello, sega e trapano, i rumori che scandiscono la giornata di un carpentiere, 'Le fils' cinge d'assedio Olivier fino a farci quasi ascoltare i suoi pensieri. E quella che potrebbe sembrare una regia casuale, da reportage, nasconde una consapevolezza totale. Abbiamo confrontato gli appunti presi in sala con quelli dei Dardenne: liberi di non crederci, ma sono quasi le stesse parole. La nuca, gli occhiali, quel metro che misura la distanza fra Olivier e Francis, i corpi sempre in pericolo in cima alle scale, fra le assi pesanti e scivolose. E sotto a tutto questo la colpa, il rimorso, la paura, la vendetta, il perdono. Non si può chiedere di più." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 maggio 2002) "I fratelli belgi non sono tipi da spettacolarizzare i sentimenti. Il dramma è messo in scena senza il minimo accenno di retorica, attraverso i corpi, gli oggetti, i gesti quotidiani. La macchina da presa sta addosso all'ottimo interprete, Olivier Gourmet, inquadrandolo in primo piano e in dettaglio: una sorta di semi-soggettiva ininterrotta che fa coincidere lo sguardo dello spettatore, a un tempo, con lo sguardo del protagonista e con quello del regista." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 24 maggio 2002) "Il genere di 'Le fils' è quello molto francese di 'Cani perduti senza collare' di Jean Delannoy (1955), dei 'Quattrocento colpi', di François Truffaut (1959), e di 'Due contro la città', di José Giovanni (1973). Rispetto all'inflazionato cinema americano della 'second chance', 'Le fils' non propende all'ottimismo. Ma i Dardenne vogliono sperare e riescono a essere credibili, perché sono modesti e seri. E hanno in Gourmet un perfetto protagonista, che quasi da solo traghetta lo spettatore - che non altro vede nel film - dalla disperazione alla catarsi." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 24 maggio 2002) "Il nuovo film dei due fratelli belgi, 'Le fils', vale il precedente e forse è addirittura migliore. (....) Questa forte parabola sull'odio e sul perdono messi in alternativa, avvince in una rappresentazione impeccabile come un egregio lavoro di falegnameria." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 24 maggio 2002) "Palma d'oro al miglior attore (Gourmet) a Cannes, è un'implacabile inchiesta comportamentale sul bisogno di vendetta, a partire dalla questione: che cosa fai se ti trovi ad accudire l'assassino di tuo figlio?". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 4 ottobre 2002)

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